L'Amelia dell'osteria di Illica

Un ricordo di Amelia Pambianchi cuoca della famosa osteria di Illica e una divagazione sulla sua cucina tipica
Ci sono osterie che hanno visto scorrere il tempo in modo significativo, le stesse che hanno visto onorare una gastronomia autentica e tipica, quasi sempre conquistata senza la frenesia del protagonismo, ma solo attraverso la qualità dei cibi, abitualmente preparati secondo stagione. L’osteria di Illica era senza dubbio una di queste nostre preziose perle gastronomiche, e la testimone di questa realtà, che resta ancora oggi tra quelle più rievocate dell’Alta Valceno bedoniese, è stata la signora Amelia Pambianchi, donna di cucina per oltre trent’anni.

Ho saputo dalla figlia Irma che qualche settimana fa ci ha lasciati, all’età di 85 anni. Mi fa quindi piacere richiamare alla memoria ciò che porto con me di quel luogo, in primis appunto la signora Amelia. Ricordo una delle ultime cene all’osteria, venticinque anni fa, proprio prima che chiudesse.
Assieme ai miei amici c’era anche l’istrionico Sergio Ferrari: “Grande conoscitore ed esperto di cose belle e buone" -così recita il suo epitaffio sul marmo bianco- il quale, come consuetudine, puntualizzava le sue richieste in occasione dell’ordine telefonico: “Mi raccomando, Amelia… che siano spinaroli con le tagliatelle e non tagliatelle con gli spinaroli”. Quella sera scattammo anche un rullino di fotografie, che allego insieme ad un'altra cena.

Amelia Pambianchi, come si può intuire dal cognome, era originaria di Scopolo, ed anche la sua famiglia gestiva localmente un’osteria con alloggio, oltre al negozio di commestibili lì accanto, ma a renderla celebre fu soprattutto l’arte della norcineria, tant’è che ancora oggi, mezzo secolo dopo, i “Salumi di Panbianco” restano un caposaldo, una sorta di unità di misura e di confronto per tutta la valle.

È probabile che questa abilità di “far su” i salumi possa anche derivare da quel “Panbianco” che si trasferì a Cremona con tutta la famiglia per andare a lavorare alla Negroni, la famosa azienda operante nel settore della lavorazione delle carni e dei salumi. Si fermò solo per il tempo necessario ad imparare il mestiere, anche perché da Scopolo giungevano segnali che l’osteria e il lavoro andavano bene, e così stabilirono di rientrare al paese natale. Il figlio più piccolo Giuseppe rimase in famiglia, mentre gli altri due figli, tuttavia, decisero di non fermarsi e tentare la fortuna altrove, proprio come avevano fatto altri loro compaesani anni addietro, ovvero quella di intraprendere una nuova avventura oltreoceano. Il primo ad imbarcarsi per l’America fu Giovanni “John”, dopodiché, ottenuto il via libera, lo seguì anche la sorella Amelia. Non molto tempo dopo, a New York, incontrò “Giannino” Rolleri, anche lui bedoniese, se pur originario della frazione di Illica, in pratica l'uomo che poi sposò. Dopo quindici anni, nel 1975, complice il richiamo della propria terra, decidono di rimpatriare, con al seguito la primogenita Irma.

Fu così che nel 1976 decisero di aprire un’osteria a Illica. In quel fabbricato tipicamente rurale, prima che l’attività venisse trasferita (metà anni ’90) in un’altra casa ristrutturata, si respirava l’aria delle antiche osterie: soffitti bassi e finestre piccole, al centro della stanzetta la stufa a legna a “due buchi”, qualche tavolo qua e là con sotto le sedie impagliate e, su un lato, la credenza per riparare dalla polvere piatti, zuppiere e bicchieri. Come era d’uso in quegli anni, si lavorava secondo stagione.

In primavera regnavano gli spinaroli, e allora era veramente una gara a chi prenotava prima. Indimenticabili le sue “tagliatelle gialle”, prima tirate con la sfoglia e poi tagliate a coltello, condite nella zuppiera con gli spinaroli, preparati rigorosamente in bianco; successivamente arrivava il vassoio della frittata, anche in questo caso incomparabile perché morbida ma allo stesso tempo cotta. Con la bella stagione c’era più lavoro, in Valceno arrivavano i villeggianti e una puntata ad Illica non poteva mancare: ad attenderli, oltre alla cucina tradizionale, c’erano le torte di patate e di erbe.

In autunno, prendevano il sopravvento i funghi porcini e l’altra varietà di spinaroli, quelli detti “dell’inverno”, e venivano cucinati alla bisogna; poi la cacciagione con lepre, fagiani e cinghiale, sempre accompagnata da una polenta appena capovolta sulla lüvèra… A volte si arrivava che Amelia era ancora china sulla stufa, con la cannella in mano che roteava dentro al paiolo di rame.
L’arrivo dei mesi freddi, per quella famiglia di buoni norcini, portava ovviamente l’uccisione del maiale e la messa in pratica dei suoi riti e consuetudini, per poi degustarlo al meglio in tutte le sue forme: sanguinacci, salame fritto, salsicce, ciccioli, frittata di salame, testa in cassetta e cotechini, il tutto associato a purè di patate, polenta, verze e fagiolane. Infine c'erano le parti migliori, quelle da riporre in cantina a stagionare, seguendo l’andamento delle muffe e al contempo preservandoli dal troppo caldo o troppo freddo.

Nel 1993, Amelia rimase vedova, ma non per questo rinunciò alla conduzione dell’osteria e alla vita che si era costruita. Ed è proprio la figlia Irma a confermarlo: “Sia io che mio fratello Benny, abitando lontano, desideravamo che la mamma si avvicinasse a noi, ma lei ha scelto di rimanere a Illica, lavorando ancora un po’ con l’osteria, provvedendo ai suoi animali -cani, gatti, galline e qualche capretta- e soprattutto per continuare a curare l’orto, il suo vero orgoglio… quando qualche passante si fermava per farle i complimenti andava al settimo cielo. Così, ogni volta che tentavamo di convincerla, ci ripeteva sempre la stessa frase: ‘Vöju murì in cà mia’. Così ha voluto e così è stato. Una caparbia montanara, questa era mia mamma”.
LINK: chi era Sergio Ferrari

FOTO: alcune cene all'osteria di Illica



3 Commenti
  1. Dolores

    Eccomi gigi... Non potevo mancare all'occasione del saluto alla 'mia' Meglia, senza A perchè nel nostro dialetto A funge anche da articolo la...
    Ho visto le foto anche di te: ohime cumme t'eri zu'venu!!!!!
    Nell'ultima foto il sorriso di Meglia: era così!
    Un sorriso accennato ed ironico... sempre pronto ad elargire con la battuta pronta. Si stava bene in sua compagnia! Ricordava tanto la mamma Gina e il papà Drea (Andrea), la sua origine scopolese che con affetto hai spiegato talmente bene da non lasciarmi troppo da aggiungere.... e non è facile succeda... lo sai.

    Meglia era partita x l'America (anche qui... A MERICA) e ogni partenza dal nostro paese era un dolore per chi partiva e per chi restava.
    Ma poi erano tornati con Romano ed Irma ad Illica ed ogni tanto venivano a Scopolo a far visita ai genitori, Giuseppe e Clara... tutti gestori di trattoria. Da entrambi si respirava 'aria di casa'... si mangiava genuino... si beveva Nustran' e non mancavano i 4 salti.

    Anche se la Meglia non la vedevo spesso... sapevo che era caparbiamente ancorata ad Illica, vicina a Scopolo e mi bastava... La triste notizia mi ha rattristata molto, ma voglio pensare che ora si è riunita ai 'so'... al suo Giannino... a Romano... a Gianni e magari tra una partita a briscola... 4 salti... lei continua a girare tra i tavoli con un piatto di salumi e fiasco di nostrani... col suo indimenticabile sorriso generoso e caro.

  2. Graziella Chiappa

    Cara Amelia... ti ricorderò sempre con tanto affetto. Da piccola mi venivi sempre a trovare a Scopolo e con la mia mamma Lelia eravate come sorelle... siete cresciute insieme e avete passato la vostra giovinezza sempre unite nella casa dei nonni Pambianchi... Io ti chiamavo "zia Meglia" anche, se eri mia cugina... ci siamo viste quest'estate sempre allegra e sorridente... non pensavo che te ne saresti andata cosi' presto... sarai sempre nel mio cuore... insieme alla zia Lina di Illica, fatevi compagnia "in cielo"... e magari una bella torta di patate come sapevate fare solo voi.
    Ciao... Graziella

  3. Maurizio

    E' un piacere rivedere in fotografia il grande Sergio Ferrari, l'intenditore e cultore di fucili, orologi, macchine fotografiche, macchine sportive e si tutto quanto era considerato un oggetto ricercato e di elite. Condoglianze anche alla famiglia della signora Amelia

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