Le valli del biologico

Storie virtuose di agricoltura biologica e nuove prospettive per la Valtaro/Valceno
In questi giorni c’è stato un altro “cambio di passo”: il “Simposio-Bio”. Un’occasione per conoscere più a fondo, e direttamente dalla voce degli stessi attori, lo stato dello sviluppo e le aspettative delle aziende agricole del territorio vocate al biologico, oltre ai problemi con i quali le stesse si devono quotidianamente confrontare, tra questi i danni alle coltivazioni provocati dal progressivo incremento delle popolazioni locali di fauna selvatica.

L’iniziativa è stata proposta da Andrea Serpagli, sostenuta dal Consorzio Lovetaro&ceno, in collaborazione con l’Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (ICEA). Il Simposio è stato moderato dal giornalista Marco Epifani e sono intervenute diverse realtà locali: Mario Marini dell’Agriturismo “Il cielo di Strela”; Francesco Querzola produttore biologico; Emanuela Grazian coltivatrice di lavanda per oli essenziali; Federico Rolleri di Localab; Lisa Baldi di “MercaTiAmo”; Guido Sardella della Riserva WWF dei Ghirardi; Micaela Sini Scarpato Presidente del distretto di Economia Solidale del territorio parmense; Marco Pirovano della “Fattoria Monte Pelpi” e Iris Wittwer, rappresentante dei “Piccoli Produttori Alta Valtaro” e del “Consorzio Valtaro carne biologica”.

Fra i vari strumenti proposti durante il simposio per la promozione biologica e del turismo responsabile, di uno sviluppo più sostenibile e di un’economia “più verde”, c’è stato pure il “Bio-Distretto”. Quest’ultimo è un modello di sviluppo territoriale attraverso il quale cittadini, operatori vari (in primis quelli agricoli e turistici) e pubbliche amministrazioni stringono un patto per un uso e gestione sostenibile delle risorse (naturali ed imprenditoriali) locali, tutela della salute degli operatori agricoli e dei consumatori, conservazione e sfruttamento responsabile delle risorse ambientali (inclusi i suoli), rispetto della biodiversità.

Per meglio capire quali e quante opportunità può portare con sé un Bio-Distretto, basterebbe guardare al di là del Passo Cento Croci, nella vicina Varese Ligure, dove questa scelta fu stata portata a compimento, con le note conseguenze, da quella “mente illuminata” del Sindaco Maurizio Caranza.

Certamente uno strumento essenziale anche per le piccole imprese agricole, altrimenti impossibilitate a sopravvivere basandosi solo sulle proprie forze, per favorire rapporti più equi ed equilibrati fra gli attori che animano le varie filiere agricole ed alimentari, anche attraverso rapporti più diretti tra produttori e consumatori. Non solo. Il Distretto Biologico può, infatti, diventare anche un modello vincente per “marchiare” mediaticamente un intero territorio: aria sana, acque di qualità, biodiversità, qualità della vita e del lavoro. Un cammino importantissimo, in cui la politica e le Amministrazioni locali giocano un ruolo fondamentale per garantirne il suo successo nel lungo termine.

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VIDEO: il servizio di Videotaro


FOTO: Simposio e Mercatino-Bio



4 Commenti
  1. Federico Rolleri

    Un'ottima iniziativa, durante un fine settimana che di fatto ha messo in mostra le intere alte valli.
    Le proposte emerse durante il Simposio Bio, i cui partecipanti erano contemporaneamente in esposizione a Tutti giù per Terre, il mercato a Bedonia, segnano un sentiero da percorrere coinvolgendo tutti gli attori territoriali, verso lo studio e lo sviluppo di un'entità unitaria e di una nuova identità per le alte valli.

    Certamente le Amministrazioni comunali hanno un ruolo fondamentale, ma la novità di ciò che sta succedendo nelle alte valli è un sommovimento dal basso, una sorta di pungolatura alla classe dirigente per farle capire che l'esigenza e la volontà di cambiamento culturale è presente nei valligiani, siano essi titolari di imprese o "semplici" cittadini.

    Le produzioni biologiche e naturali, così come la tutela delle risorse ambientali o la valorizzazione del nostro paesaggio culturale o la riscoperta di tradizioni e saperi antichi, sono tutti aspetti strettamente legati all'emergenza di una nuova proposta per il territorio e per gli abitanti, cosicché essi possano proporsi e promuoversi come un'ottima comunità ospitale, sia in chiave turistica che come luogo per abitare.

    La scoperta di queste nuove proposte è la più bella novità che ci si potesse aspettare dal periodo di crisi economica che stiamo vivendo.
    Evviva!

  2. Girovago

    Mi chiedevo giusto dove fosse finito Federico Rolleri..ho letto il tuo commento e a meta' mi e'venuto un leggero mal di testa..ma cosa vuoi dire col tuo post ? , sintesi grazie

  3. Noa

    Tutto può cambiare è vero !? Confidiamo che non occorrano secoli !!

  4. Daniele Uboldi

    Credo che valga la pena di valutare in profondità cosa significhi Biodistretto.
    Vado per punti, per essere sintetico. Biodistretto significa, tra l'altro:

    1) localizzare un territorio
    2) coinvolgere tutta la popolazione nel progetto, a partire dalle Istituzioni locali.
    3) impegno a produrre e consumare locale.
    4) Qualità partecipata e basata sulla fiducia tra chi produce e chi acquista
    5) Miglioramento continuo
    6) valori condivisi come la sussidiarietà, solidarietà, scambio di merci e prestazioni (anche in sostituzione del denaro)
    7) marchio territoriale
    8) promozione del marchio e dei prodotti, a livello sovralocale.
    9) riuso, riciclo, corretto utilizzo delle risorse, minimo impatto ambientale, fonti energetiche rinnovabili.
    10) valorizzazione della biodiversità

    E' evidente che il progetto funziona se la comunità tutta sente "suo" il distretto. Il senso di appartenenza e la condivisione di obiettivi sono la premessa perchè il Biodistretto parta bene ed abbia successo.


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