La cantatrice calva

In scena la nuova avventura teatrale della Compagnia della Pieve
Questa volta hanno deciso di portare in scena un classico teatrale: “La cantatrice calva”, opera del 1950 di Eugène Ionesco. Una scelta non facile, perciò una prova concreta della bravura della “Compagnia delle Pieve”. Il teatro non ti concede errori e quando capita non c’è rimedio, tutto deve filare liscio, dall’inizio alla fine. Se poi nessuno abbandona la sedia c’è anche la conferma. Nella serata bedoniese è accaduto tutto questo: "Veramenti bravi".

I sei attori, guidati sotto la maestria di Mauro Mozzani, hanno così recitato tutto d’un fiato la storia di due coniugi, gli Smith e i Martin, di una cameriera e un pompiere.      
I coniugi Smith siedono in un salotto “very british”: il signor Smith è immerso dentro a un quotidiano, mentre la moglie si lascia andare a un monologo di frase fatte, anche loro tipicamente inglesi. Poi suona la porta e Mary, la cameriera, fa entrare i coniugi Martin. I due entrano in scena come se non si conoscessero, scambiandosi una serie di battute paradossali, convincendosi di essere marito e moglie solo dopo una serie di circostanze e coincidenze comuni. Dopodiché entra un pompiere (donna) alla ricerca di un possibile incendio da spegnere, sconvolgendo quel “salotto” con una discussione a dir poco stravagante.

Un modo bizzarro per mettere in luce il vero volto delle persone, l’immagine di coloro che sono incapaci di comunicare e che non riescono a dare un senso alla propria esistenza. L’ultima scena è stata invece trasportata ai giorni nostri, al tempo degli smartphone e dei social network, dove l’incomunicabilità la fa sempre da padrona.

FOTO: la commedia



3 Commenti
  1. Cristina

    Grazie Gigi del tuo bellissimo articolo e le foto, che dire? Sembriamo dalle tue foto una Compagnia seria di quelle che girano i teatri veri. Hai colto in pieno lo spirito divertito e credo divertente con cui ci siamo messi "in piazza" con un testo non facile, volutamente assurdo, a tratti surreale ma mai banale. Speriamo di riuscire di portarlo anche a Borgotaro..per vedere di nascosto l' effetto che fa!

  2. Remo Ponzini

    Mi è piaciuto molto il commento di Cristina degna rappresentante degli attori che hanno calcato il palcoscenico. Siamo soliti chiamarli " dilettanti " ma questo termine, nello specifico, significa unicamente che non percepiscono alcun compenso. Li distingue però una passione immensa che li porta ad amare questa forma di spettacolo che è considerato, dai più, come l'espressione più sublime dell'arte.

    Un allestimento assai complesso ed impegnativo che ha trovato, nella persona di Mauro Mozzani, il regista più appropriato. Una autentica fortuna averlo da noi perchè in questi anni si è prodigato, con molta dedizione, a diverse opere culturali che hanno arricchito il nostro paesello. Girava il mondo intero con il " Cirque de Soleil" lavorando sei mesi consecutivi (festività comprese) e nei due mesi di sosta era il punto di riferimento del noto Teatro Comunale di Piacenza . Una vita dedicata alla cultura con la collaborazione di sua moglie Maria autrice del film "Viola " che tutti ricordiamo.

    I commenti di tutte le persone che hanno assistito alla recita sono stati entusiastici. E' il pubblico che decreta il successo e l'ovazione finale è stata il suggello migliore che si potesse sperare.
    Infatti si respirava una atmosfera particolare che rendeva tutti partecipi. Persino il nostro Esvasante ne è rimasto coinvolto ed ha scattato delle foto meravigliose che abbiamo molto apprezzato.

  3. Piero Rizzi Bianchi

    Questa è stata per me l'occasione di assistere, finalmente, a una messa in scena della “Compagnia della Pieve”: non ho quindi necessità della documentazione offerta, assai a proposito, da Gigi, per affermare che lo spettacolo è stato riuscitissimo e ben calibrato, sia sotto il profilo scenografico/narrativo che per quello interpretativo.
    La presenza di un caro amico come Alberto Chiappari, e il contesto tutto bedoniese, mi predisponevano ovviamente a una partecipazione attenta e comprensiva: ma sono bastate le prime scene per capire che la qualità era superiore persino alle più benevole aspettative.
    Ho sempre amato il teatro, che considero una forma di comunicazione tanto antica quanto capace di re-suscitare una piena umanità, che oggi è invece messa in sordina dalle mille follie e dai troppi automatismi della nostra disgraziata epoca. Neanche a farlo apposta, proprio questa “disumanizzazione” era l'argomento della stessa “pièce” teatrale: dove però, il merito -anzitutto del regista, ma decisamente anche degli attori- è stato quello di saper trasfondere quelle tematiche, trattate da Ionescu con una voluta gravità, in un'atmosfera di assoluta e delirante leggerezza: al punto che al sottoscritto, ma penso anche ad altri spettatori, è successo più volte di iniziare a ridere di gusto al solo osservare le espressioni o i gesti dei vari personaggi.
    Tutti quanti gli attori hanno sostenuto con bravura la loro parte di “straniamento”, dando corpo appunto ad un ambiente umano perennemente alterato e sopra le righe, il cui “motore immobile” era rappresentato da Mr. Smith, con la sua inquietudine rattenuta e perbenista così ben espressa da Alberto.
    C'è insomma, per questa volta, da essere orgogliosi di Bedonia. E va da sé che uno spettacolo così debba avere almeno qualche replica: per parte mia, cercherò di proporlo a Milano, ad un teatro, piccolo ma qualitativamente “engagé”, situato nei pressi di casa mia.

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