Il Club
Ripescata una delle tante curiosità bedoniesi cadute nel dimenticatoio
Se questa è una nuova puntata nel passato di Bedonia, la narratrice è invece sempre la stessa: Maria Pina, ogni volta affascinata dei tempi andati e da quella “Pieve che non c’è più”. La storia che mi racconta dev’essersi smarrita tra le pieghe del tempo, o forse è stata intenzionalmente tralasciata per non rievocare quel "periodo" o quelle persone che allora erano considerate le più autorevoli, e quindi maggiormente in vista, del paese. Di questi se ne ricordano alcuni: Silva, Raggi, Lagasi, Serpagli, Pizzi, Agazzi, Dallara, Felloni, Lusardi, Sozzi, Carpani, oltre a qualche “agiato” proveniente dalle frazioni.
Oltrepassato il grande portone in legno, c’era una porta sulla destra, adornata da pesanti tendoni in velluto rosso, che conduceva ad un ampio salone, il cui arredamento consisteva in un bancone da bar e tavolini ricoperti da un tappeto verde.
L’ingresso era riservato ai soli soci uomini - "E te parèiva", rimarca Maria Pina - mentre l’orario di apertura andava da metà pomeriggio a notte fonda. Era un ritrovo per discutere di affari, politica, ma soprattutto per giocare a carte: ramino, sette e mezzo, canasta e poker erano i giochi più in voga, non erano invece “adatto” giocare a briscola, tresette o a morra, considerati troppo popolari. Al di là del gioco prescelto, erano diverse le mogli che si lamentavano quando i mariti tornavano a casa con il portafogli “alleggerito”.
Questo sodalizio è rievocato per le belle feste da ballo che organizzavano, specialmente a carnevale dove gli uomini si vestivano con il costume “Domino” (vedi foto allegata), oppure per il veglione di fine anno, ma non solo: c’erano anche delle gare di ballo, fiore all’occhiello del “Club”. In occasione di balli, erano invitate tutte le ragazze, anche se non appartenenti al “gotha” bedoniese, la qual cosa era considerata un onore e soprattutto un riconoscimento alle bellezze locali. Le mamme delle ragazze erano felicissime di questa loro occasione mondana, tanto da far confezionare abiti da sera “sfavillanti”, in modo da valorizzare al meglio la bellezza e le grazie delle figlie.
Quasi subito dopo la guerra il “Club” fu chiuso, anche se questo genere di balli “esclusivi” proseguì per alcuni anni presso gli alberghi Pansamora, Biolzi e San Marco.
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Finalmente una conferma a quello che ricordavo solo vagamente. In casa si parlava delle "favolose" feste da ballo del Club "inta banca". E mi pare d'aver sentito raccontare che prima che nella Banca, il (o un) Club fosse nella casa di Via Trieste (a cà du Tony) in cui viveva la famiglia Serpagli di mia nonna materna, un ramo (Franseschen?) diverso di quello dei "Ninon" da cui traggo il cognone. Quella vicino ai Pizzi, di fronte all'ex macelleria Valla, e sul cui portone - mi pare - ci sia ancora un'aquila a due teste.
Trattandosi della Banca (allora Banca popolare cooperativa bedoniese?), suppongo che il locale fosse stato messo a disposizione dal maggior azionista della banca: u Pecchion (Lezoli). Sottolineo che la mia era una casa "aperta": clienti (pochi) del negozio (prima ferramenta e poi casalinghi), colleghe maestre di mia sorella, clienti di mia nonna sarta (tra cui tanti preti e seminaristi che mettevano la "prima" veste il giorno dell'Immacolata) e ovviamente firossi di sera (tutti al femminile).
Ma la festa da ballo più favolosa tenutasi più di mezzo secolo fa a Bedonia, fu una nella Villa Capitelli. Si favoleggiava delle luminarie che erano state messe nel vialone in salita verso la villa e delle vesti delle ragazze da marito che vi avevano partecipato. Senza essere accompagnate dalla mamme! Perché la buona società di Bedonia é sempre stata molto "liberal" (e probabilmente "gaudente") in queste cose.
Peppino Serpagli - Milano
L'argomento è già stato trattato ampiamente con il contributo, ormai costante, di Maria Pina Cattaneo e le note aggiuntive di Peppino Serpagli che è sempre informatissimo sulla Bedonia che fu.
Posso aggiungere che la notorietà di questo Club esclusivo era assai diffusa anche nella Parma "bene" di quei tempi. Infatti erano frequenti le visite di parmigiani che amavano intrallazzarsi in questo piccolo casinò fatto in casa per gente.... che disponeva di buone risorse finanziarie.
Oltretutto, a quei tempi, non c'era la fondovalle e quindi, per venire nel nostro paesello, occorreva percorrere il passo della Cisa per puoi scendere verso Berceto e proseguire. Con le auto di quei tempi e con le strade non asfaltate, occorrevano almeno due ore e trenta minuti.
Ma dopo la chiusura i "nostri eroi" non disarmarono. C'era nell'alta Versilia un Club analogo che li ospitava regolarmente. E, come se non bastasse, il Casinò di San Remo e quello di Venezia, erano lì ad ad aspettare i nostri polli per spennarli a dovere. Ci fu gente che dilapidò fortune ingenti e che si indebitò con le banche. Vere dipendenze patologiche, difficili da curare, ed intere famiglie distrutte.
Leggendo un articolo sul principale settimanale politico italiano mi sono tornate alla mente alcune considerazioni che mi furono fatte, parecchio tempo fa, da un personaggio che conosceva molto bene le vicende della valle: Mi disse che dalle parti dove vi era il Club cera anche la sede della Loggia Massonica di Bedonia e che sarebbe stato molto interessante correlare storicamente la storia delle vicende politiche ed economiche della valle a quella delle due Logge principali della zona , perlomeno dalla prima guerra mondiale ad oggi. Cè qualcuno che, senza violare la comprensibile riservatezza di informazioni, e più che altro per evitare inutili chiacchiere, ne sa qualcosa? Potrebbe essere interessante.
A scanso di equivoci: non son massone e certamente non lo era il mio interlocutore.
Saluti a tutti
Peppo