Preti sposati

Tacere e mettere la testa sotto la sabbia non aiuta. Ne parliamo con il borgotarese Damaso Feci
Preti sposati? E' un dibattito di molta attualità e vorrei portare il mio mattoncino attingendo, in parte almeno, alla mia personalissima esperienza senza per altro pretendere di farne un caso esemplare. Abborderò il soggetto in modo sereno e pacato, non volendo dare lezioni a nessuno o indicare una via di uscita. Il mio unico scopo? Facilitare una riflessione seria tra i pochi interessati che mi vorranno leggere.

Non mi sono mai vantato di aver lasciato la talare, ma non me ne sono mai pentito. Se qualcuno pensasse, leggendomi, che sto preparando un mio ritorno, è sulla strada sbagliata. Anche solo per limiti di età. Non vi stupirò ricordandovi che i primi preti sui quali è sceso lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste, e che furono inviati da Gesù nel mondo a convertire le genti, erano sposati. E si sarebbero meravigliati se avessero saputo che quindici secoli dopo la Chiesa di Roma, proprio quella fondata da Pietro,  avrebbe imposto ai preti il celibato. La loro cultura ebraica glielo impediva. Il primo Papa, Pietro,  era sposato e tutti i Papi dopo di lui erano sposati con tanto di prole da mantenere.

Ma ritorniamo ai nostri giorni. Trovo avvilente il modo in cui la nostra stampa italiana tratta il tema “preti sposati” come fosse una soap opera. Per vendere bene il pezzo ecco che appare la donna fatale che fa innamorare l’inesperto, e spesso bell’ uomo di chiesa, che avendo incontrato l’amore in età un po’ avanzata, si mette a cinguettare Strangers in the night con una struggente cantilena che neanche Frank Sinatra. Sono i casi più frequenti. Forse si tratta di persone che di vocazione non ne hanno mai avuta.
Tanti anni fa le nostre buone mamme  sognavano di avere un figlio prete e di fare un giorno la madre del prete in una canonica. Era uno stato sociale di prestigio. Dài oggi e dài domani, il piccolo si lasciava convincere. Oppure lo mettevano a studiare in seminario o dai salesiani perché lì si studiava meglio. E il ragazzino si innamorava dei suoi maestri e poi cominciava a sognare di diventare come loro da grande.

Una legge ecclesiastica, non un dogma, adottata dopo secoli di discussioni e censure, e si noti, solo dalla Chiesa latina di Roma, decretò che il prete che si sposa non può più esercitare il sacerdozio. Siamo al Concilio di Trento del 1563. Si sa che non si è arrivati a Trento di punto in bianco, ma è in quel Concilio che la dottrina del celibato è stata definitivamente adottata e i seminari sono stati istituiti. Devo sottolineare una cosa importante. Il giorno dell’ordinazione la Chiesa canta al nuovo eletto: “Tu sei sacerdote in eterno”. Il sacerdozio è un sacramento e, come il battesimo, ti si attacca alla pelle e non lo perdi più. La Chiesa può toglierti la possibilità di esercitarlo, ma il prete resta prete.
La Chiesa aveva tutto il diritto di imporre questa norma ai suoi chierici. Il Papa è come un impresario che dirige una grande fabbrica: deve poter scegliere tra gli operai quelli che gli sembrano più atti ai fini dell’obiettivo che si è imposto. Soprattutto in un’epoca in cui gli operai erano in sovrannumero. Del resto buona parte dei preti fa il suo dovere e rispetta la regola.

Spiace solo notare che lo stesso rigore non sia stato messo in atto negli ultimi tempi per i preti pedofili di cui non abbiamo ancora finito di contare la folta falange e gli effetti devastanti. Scopriamo che i vescovi li spostavano da una parrocchia all’altra, a volte da una diocesi all’altra, senza prendere la sola misura giusta: privarli dell’esercizio sacerdotale tout court. A volte mi viene da pensare che la stessa sorte avrebbe potuto essere riservata senza se e senza ma a quei preti che avendo messo incinta una donna ne hanno avuto un figlio. E poi si sono girati dall’altra parte continuando a insegnare la morale cristiana e ad impartire i sacramenti. Don Abbondio, che era prete e certe cose le sapeva,  diceva: “Il coraggio uno se non ce l’ha, mica se lo può dare”.

I  casi di preti che lasciano il sacerdozio per innamoramento sono tanti. La maggioranza? Forse. C’è però tutta una tipologia di preti che si sono consacrati alla vita sacerdotale in modo serio e hanno esercitato la loro funzione senza sconti, ma poi poco a poco hanno capito che non era la loro strada e hanno chiesto la dovuta dispensa. Non c’è, nell’armadio, nessuna dama bianca. Questi ex-sacerdoti non si sono più riconosciuti nell’insegnamento teologico, morale e sociale della Chiesa e, ad un bivio del loro cammino si sono posti una domanda: posso continuare a predicare quello in cui non credo più io stesso? Perché quello che fa la differenza tra il prete e un monaco è che il prete deve predicare, la parola fa parte essenziale del suo mestiere come la preghiera per il  monaco. “Andate e predicate” .

Cominciavano a crescere anche in me molti dubbi su quello che predicavo. La teologia della famiglia così come è stata presentata dall’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI nel 1968, fu per me, che stavo terminando gli studi di teologia all’Università di Milano, il big bang che accelerò la mia riflessione e crisi spirituale. Un mio collega prete, con una battuta un po’ semplicistica, lo ammetto, disse: "Per un celibe trattare dell’amore tra due sposi e dei metodi anticoncezionali è come per un astemio andare ad un concorso enologico".
Che un uomo abbandonato da sua moglie (o viceversa) e obbligato al divorzio sia anche privato della Comunione, è per me un’insopportabile ingiustizia alla quale la carità cristiana dovrebbe opporsi. Alcune tesi della dottrina Mariana non trovano riscontri nei vangeli e per questa ragione essa diventa purtroppo un ostacolo nella ricerca dell’Unità con le altre famiglie di fede cristiana. La divisione tra le Chiese è un scandalo che dura da troppo tempo e trovo incomprensibile che la pastorale per lo più lo ignori.  

Penso che la Chiesa dovrebbe dirigere il greggio camminando davanti e non dietro. Che dovrebbe aiutare i credenti a distinguere il grano dall’orzo. Trovo molto opportuno dal punto di vista pastorale che Papa Francesco abbia aperto un’inchiesta sui miracoli di Madjugorje. Ci sono credenze che sono nate in pieno Medioevo e che dovrebbero essere affrontate con uguale risolutezza, pena qualche mal di pancia. Si è diffusa nella cristianità in quell’epoca una tendenza al miracolismo e al sensazionalismo (ricordate il capolavoro “Il nome della rosa”?) che perdura ai nostri giorni mettendo a repentaglio i fondamentali. Il sangue di San Gennaro che si scioglie tre volte l’anno a date ben precise, la casa della Sacra Famiglia arrivata a Loreto nel XIII secolo per vie misteriose, il lino esposto a Torino come Sacra Sindone che gli scienziati fanno risalire all’alto Medioevo quando per la prima volta se ne fa menzione nella storiografia cristiana… I miracoli di Gesù erano tutti destinati a curare gli infermi e saziare la gente. Non avevano nulla da spartire con l’incantesimo.   
Per motivi di riservatezza tralascio altre credenze/insegnamenti sui quali io la certezza non l’avevo più.

Non pretendo in alcun modo di possedere la verità assoluta sulle cose che scrivo. Non mi ritrovo la vocazione del rivoluzionario. Proprio per questo un giorno, dopo tanti indugi, ho pensato che fosse più coerente da parte mia levare gli ormeggi, e lasciare il pulpito ad altri che hanno solo certezze. Era l’anno 1975 ed ero missionario in Congo. E l’ho fatto con molto riserbo. Che mi accompagna tuttora. Non è stato facile levare gli ormeggi. Tanti sacerdoti l’hanno fatto come me, e per gli stessi motivi. L’emorragia continua senza sosta. E dovrebbe preoccupare ogni cristiano. Tacere e mettere la testa sotto la sabbia non aiuta. Nelle chiese non se ne parla.

Non siamo più nel ‘500. I seminari sono chiusi. I preti sono diventati merce rara e la tendenza, statistiche alla mano, non si invertirà. Contate le canoniche vuote di Val Taro e Val Ceno. Cinquant’anni fa ogni campanile, un prete. Come escamotage stiamo spogliando dei loro sacerdoti le chiese extra-europee, soprattutto africane e asiatiche, perpetuando in qualche modo quella brutta esperienza che fu la colonizzazione. Abbiamo il dovere di preparare il futuro della Chiesa, alla quale continuo risolutamente ad appartenere, senza ingiustificate paure. Il tempo comincia a mancarci sotto ai piedi. Forse un prete sposato non è poi il prete di serie B che si vuol far credere. Gli apostoli, i primi preti sposati, erano tutti di serie B? E Pietro il primo Papa, era di serie B?


13 Commenti
  1. NDM

    Lettura molto interessante, che porta a riflettere anche sull'altra faccia della medaglia. Grazie mille per averlo condiviso.

    Dio s'è fatto uomo e l'uomo -cambiando le regole nei secoli a suo piacimento - s'è fatto Dio.

  2. Pietro Borella

    Ricordo una delle prime sue messe in seminario a Bedonia

  3. Trilussa

    La chiesa cattolica si ostina a infilare la testa sotto la sabbia nonostante l’emorragia di sacerdoti sia inarrestabile, sia in Italia che nel mondo dal Concilio Vaticano II, ma ciò che è peggio è l’ostinazione a mantenere una legge canonica che non ha nessun fondamento, sia nel Vangelo che nella tradizione umana.

  4. Cabelor

    Caro Damaso, come al solito una disamina precisa e soprattutto onesta. In effetti non fu Cristo a istituire il celibato, ma la Chiesa. Per quale motivo? Si dice che se il prete avesse famiglia non potrebbe seguire la sua famiglia pastorale. Io penso invece che avendo egli stesso famiglia potrebbe elargire amore con cognizione di causa e comprendere meglio le problematiche delle sue pecorelle. Il matrimonio dei sacerdoti risolverebbe il problema pedofilia? Non lo posso affermare con certezza ma senza dubbio spazzerebbe via un bel po' di alibi. Se poi vogliamo prendere in prestito il famoso detto che dietro un grande uomo c'e' sempre una grande donna, lascio a voi le conclusioni.

    P.S.
    Argomento troppo importante che non si può affrontare in poche righe.

  5. Sonia Berni

    I sacerdoti che non restano devoti alla loro ordinazione e che la abbandonano non sono pochi come si pensa. Il numero ci appare ridotto per questioni culturali, lo “spretato” per i cattolici è sempre visto come un cattivo esempio (un tradimento a Dio) possibilmente da accantonare e non parlarne. Ma nei duemila anni di cristianesimo ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno. Non saranno considerati un buon esempio eppure per la società civile restano persone coraggiose della loro scelta, nonostante siano considerate persone che tengono il piede in due staffe. E’ inevitabile pensarlo.

  6. Remo Ponzini

    Ho letto con molto interesse l'articolo di Don Damaso Feci perchè, anche se uscii dal seminario dopo 6/7 anni di permanenza, mi feci una idea chiara della vita ecclesiale. I miei genitori volevano un prete in famiglia e, nel periodo prescolastico (avevo cinque anni), mi mandarono a servire le messe e dovetti imparare a memoria le risposte in latino che imponeva la liturgia vigente. Mi infilarono poi nel seminario di Bedonia dove prosegui gli studi superiori.

    Furono gli anni più brutti della mia vita. A tutt'oggi non voglio nemmeno menzionarli per non rivivere quel periodo nefasto. Oltretutto capitai con un insegnate delle materie classiche (italiano, latino,greco) che era pazzo e/o psicopatico. Faccio anche il suo nome assumendomi tutte le responsabilità : Don Nino Maestri . Costui si divertiva a torturarci sghignazzando. Vi confesso con la massima franchezza che quando morì di tumore in età giovanissima (sui 33/35 anni) gioii.
    Non volevo sconfinare in questi dettagli ma ormai l'ho scritto e non lo cancello.

    Sono senz'altro favorevole alla possibilità di concedere ai preti di contrarre il matrimonio. Ai miei tempi seminariali le donne ci venivano descritte come l'emblema e la rappresentazione del peccato (erano gli anni cinquanta). Ora i tempi sono cambiati ma a loro non è ancora concesso di diventare sacerdoti. Comunque, da ex-credente qual sono, non mi interessa. Mi dispiace per le donne che vengono ancora considerate esseri inferiori.

    La vocazione sacerdotale ? Per me era inesistente. Ma non era facile uscire dal seminario. Si conosceva solo quel mondo dove si viveva come reclusi e si aveva paura ad affrontare una vita "diversa". Infatti tanti miei compagni di classe diventarono preti ... senza volerlo. L'argomento "pedofilia" è già stato ampiamente ....argomentato da Don Damaso E' tutt'ora uno scandalo terrificante. Però, parlando del seminario di Bedonia, devo dire che ai miei tempi era un problema inesistente. Chiudo con una nota positiva.

  7. Anna

    Grazie per avermi fatto vedere la questione sotto un altro punto di vista... confesso che ero rimasta ancorata a quello che ci insegnavano al catechismo... e non era certo che gli apostoli e il primo Papa Pietro fossero sposati!!! Lo apprendo solo ora. Cio'che fa Dio é perfetto... peccato che l'Uomo pensi sempre di essere meglio del suo Creatore!

  8. EMPIRIA

    A me di certo scandalizzano di più i preti che se ne fregano delle condizioni di salute dei propri concittadini e non alzano un dito contro chi ne è la causa diretta o chi ne è la copertura politica...non certo per tutelare il lavoro...ma perché amici loro (COMcittadini). Ce ne sono forse esempi vicini, un "altro" modo per i preti...per maltrattare i bambini.

  9. El Loco

    La crisi delle vocazione nasce dalla crisi dei valori (quelli logici e sensati che il cristianesimo ha nel suo DNA) che ha portato al calo delle nascite ed alla messa in discussione (spesso ridicolizzazione) del Cristianesimo, di tutte le religioni e di chi crede. Ed ora spiego il perché di quello che ho appena affermato. (ma vi prego di non fermare la lettura appena leggete qualcosa che non vi piace. Arrivate infondo, altrimenti dimostrate di essere anche voi vittime di pregiudizi.)

    Ho apprezzato molto il pensiero di Damaso anche se su alcune cose la penso diversamente.
    A mio parere la crisi delle vocazioni è dovuta soprattutto alla “religione atea” che é stata insegnata (e continua ad essere insegnata) nelle scuole occidentali (ma anche nei cinema, sui giornali, sui social ecc) negli ultimi 50 anni, e non parlo delle discipline scientifiche ma di quelle letterarie. Questa "religione" ha ridicolizzato gli insegnamenti della Chiesa e di Gesù, ma soprattutto i valori. Che sono i valori positivi universali. (Se andiamo a ben guardare i valori della Rivoluzione francese sono quelli di Cristo).

    La crisi dei valori ha portato tante conseguenze, prima tra tutte il calo delle nascite ed è questo secondo me una altro elemento importante (uno tra diversi altri) che ha portato alla crisi di vocazioni.
    Se un tempo le famiglie volevano che i figli diventassero preti, ora i figli sono così pochi che le famiglie che hanno un figlio (e sono sempre meno) con la vocazione lo spingo a desistere (lo stesso fanno anche la scuola e gli amici che gli fanno notare quanto sia stupida questa “sua cosa”). Le famiglie oggi desiderano che i figli facciano altro, qualcosa che dia prestigio alla famiglia e come appena dimostrato fare il prete nella società d’oggi non dà prestigio.... è quasi una forma di martirio. Esempio di persone scoraggiate a credere ne abbiamo milioni ogni giorno nella sola Italia. ...Ed io so anche di diversi ragazzi che pensavano di avere la vocazione che sono stati fatti desistere dalla famiglia e dalla società.

    Continuare a demolire l'immagine della Chiesa ad esempio continuando a parlare solo dei preti pedofili (che sono un infinitesima parte del totale dei preti, in Germania sono stati segnalati 3700 abusi in 70 anni, quando i pedofili fanno milioni di vittime ogni anno), contribuisce a far scoraggiare le vocazioni.

    Le messe in risalto delle cose negative della Chiesa (che sono infinitesimali rispetto al bene che fa) sono così tante che se fossi paranoico potrei pensare ad una macchinazione globale della “religione atea dominante” che deve demolire le altre (specie la cristiana, forse perchè la più bella e competitiva?).

    Anche continuare a mettere in discussione quello che dice la Chiesa e il Papa da parte dei cattolici (di tutti i gradi) va in questa direzione.

    Per ciò che riguarda i preti sposati sono d’accordo che qualcosa vada fatto, ma per fare il prete nel modo giusto, ci vuole una marea di tempo e toglierlo alle famiglie creerebbe sicuramente problemi alle stesse famiglie (ed avere preti poco presenti o con famiglie devastate non sarebbe un bell’esempio).

    Fare il prete bene non è un "lavoro" (come lo definisco gli atei) a tempo pieno ma un impegno h24 non compatibile con la famiglia.

    Per questo penso che più che avere dei preti sposati, sarei per avere dei diaconi che possono fare una parte di quello che fanno i preti (almeno fino a quando non torneranno ad esserci preti sufficienti).

    Gli stesi preti che si sposano potrebbero diventare diaconi con famiglia e parrocchia, facendo quello che possono con un prete che li aiuti, sostenga e faccia la parte che non possono fare loro. Ovviamente nessuna carriera ecclesiastica per i diaconi (chi ha il potere deve servire e non servirsene).

    In pochi lo sanno ma un esperimento lo stanno facendo proprio in questi giorni a ROMA (ed è significativa la diocesi in cui si sta facendo questo esperimento), con una parrocchia affidata ad un diacono con famiglia supportato da un sacerdote.

    Perché già ora i diaconi potrebbero fare buona parte di quello che fanno i preti, ma la chiesa, o meglio le diocesi non sono ancora pronte, o meglio ci stanno ragionando.
    Vedremo come andrà.

    P.S. Damaso mi piacerebbe sapere cosa ne pensi!

  10. Damaso Feci

    Rispondo a El Loco

    Lo scopo del mio articolo era quello di promuovere un dibattito e quindi ben volentieri rispondo alle tue osservazioni.
    I nostri punti di partenza sono diversi anche se entrambi discutibili. Tu pensi che in un prossimo futuro “torneranno ad esserci preti sufficienti”. E’ difficile stabilire cosa significa “sufficienti”. Quello che pare certo, statistiche alla mano, è che tra preti che muoiono o abbandonano e preti annualmente ordinati, la bilancia pesa inesorabilmente verso il segno negativo. Ed è la ragione del mio campanello d’allarme. Perché tale lo considero.

    Quanto a dire che un prete sposato non sarebbe in misura di assicurare un servizio adeguato a causa degli impegni famigliari (quello che io ho chiamato preti di serie b) vorrei dare una risposta articolata perché qui sollevi il punto essenziale:
    anzitutto, a parte i primi preti della cristianità, tutti regolarmente sposati, ci sono al giorno d’oggi preti sposati o pastori in altre confessioni cristiane che onorano i loro impegni con altrettanta solerzia che i preti celibi. E a volte anche meglio per quel senso di paternità e empatia che ti viene dall’avere a carico una famiglia.
    secondo: il prete sposato proprio perché tale sarà più propenso a concedere ai laici il posto che meritano nell’amministrazione delle parrocchie. I nostri preti hanno una “marea di lavoro” come dici tu perché organizzano tantissime cose che non sono necessariamente da prete. Penso ad attività “laiche” come cene sociali, tombole, concerti, campi estivi, concorsi sportivi, insegnamento nelle scuole, asili nido ecc

    Ma c’è di più. Spero di non scandalizzare nessuno dicendo che alcuni sacramenti possono essere somministrati da laici (ben preparati). Il battesimo può essere celebrato da laici, così come il matrimonio che, come si sa è un sacramento nel quale i contrattanti sono i due sposi , e il prete è solo testimone. I funerali portano via molto tempo ai nostri sacerdoti: ma un funerale può essere celebrato, e anche in modo molto dignitoso, senza necessariamente celebrare una messa. Che, essa sì, rende indispensabile il prete. Nelle grandi città è il funerale senza messa è ormai diventato una necessità. Naturalmente serve un periodo di adattamento.

    Ho assistito in molte parrocchie francesi a veglie in onore dei defunti: esse sono celebrate da laici che parlano della vita del defunto, della famiglia che ha fondato, del bene che ha fatto e ne traggono insegnamenti. A volte raccontano alcune sue barzellette. Molti canti sacri accompagnano la cerimonia che è viva e piacevole. Anche un parente del defunto può dire due parole se vuole. Da noi va di moda recitare il rosario alla presenza di un prete. Trovo la cerimonia un tantino fredda e standardizzata. Paese che vai usanza che trovi.
    Tutto questo per dire una cosa: con i preti sposati molte cose dovranno cambiare nelle parrocchie ma non necessariamente in peggio.

  11. Ernesto

    Una bellissima riflessione che copio ed incollo sul mio blog dove tratto anche il tema dei presbiteri sposati essendo uno di questi. Segnalo il link alla pagina FB "Vocatio" che raccoglie persone sensibili al tema.
    Concordo con quanto scrive Damaso Feci. Penso che vi siano due strade da percorrere, una possibile subito, l'altra conseguente alla prima.
    Escludendo il fatto di non curarsi dell'opinione dei Pastori e, conseguentemente, di continuare ad esercitare il ministero anche da sposati (un bel servizio su "Nove" ha lumeggiato anche questo) la prima strada è cercare un dialogo con essi affinchè colgano e recepiscono il messaggio che i preti che lasciano il ministero per sposarsi non sono una vergogna o un problema per la comunità diocesana, ma possono essere una risorsa. E' la tesi che sosteniamo da anni quando riusciamo ad avere un colloquio con qualche Pastore sensibile e che, forse, sta facendosi un poco strada. Ritengo importante il dialogo con i responsabili della pastorale ecclesiale deputati a questo settore. Un dialogo in cui emergano istanze, si valutino esperienze, si propongano soluzioni. Successivamente si andrà approfondendo, sviluppandolo, il concetto teologico, spirituale e dogmatico del ministero presbiterale approfondendo le fonti della Chiesa delle origini senza trascurare la "Traditio".

  12. Rosy

    Non vedo l'ora che la chiesa rimanga senza vocazioni sacerdotali. ..cosi , non fanno più soffrire i sacerdoti che desiderano tanto...una donna accanto e di avere dei bambini !

    La vita bisogna viverla...con serenità. .e in coppia!

    Sono una credente praticante da piccola ... e adesso mi rendo conto dalla sofferenza dei preti (scommetto che tutti desiderano di avere una propria moglie accanto e i propri bambini ) !

    Peccato ... che per colpa di chi dovrebbe lasciare che i preti si sposino ..trovano la scusa ..che c'è scritto non so dove ..."che non si devono sposare"...

    Spero che Dio ..gli illumini ..specialmente a questo Papa Francesco ...di lasciare i sacerdoti che si sposino !

    Secondo me...è una cosa seria e buona per la salute di un prete per essere un prete. ..sereno...nella vita di tutti giorni !

    Spero di non rimanere solo le parole. ..e che qualcuno resposabile... faccia qualcosa !!!

  13. Roly

    Carissimo,
    dici tante cose che mi piacciono e a altre che non mi piacciono. Ho lasciato pure io. Ho una moglie fantastica ma vorrei non aver lasciato il ministero. L'innamorammento m'ha reso piuttosto miope e il mio orgoglio mi ha tenuto alla larga da chi poteva aiutarmi. È poi quella mia tendenza ad attribuire agli altri i miei errori. Ho buttato la tonaca e me ne DISPIACE. La maggior parte dei preti celibi, penso e credo, si son fatti celibi perché innamorati follemente di Gesù. Ora viviamo in famiglia. Che possiamo farlo al meglio, con il suo aiuto. Salutoni e tanti auguroni.

Commenta

Somma e invia : 7 + 8 =
Accetto Non accetto


Resta aggiornato

Post simili

La scuola di una volta

Un racconto per conoscere da vicino la realtà scolastica del nostro passato, ben diversa da oggi

Oggi ti presento ai miei

Un ricordo in "bianco e nero" per rivivere il matrimonio di Luciana e Romolo. La cerimonia si svolse a Tornolo e il pranzo a Pansamora di Bedonia. Era l'estate del 1964

Scopolo in Alta Val Ceno

Un piccolo borgo, tutto scoprire, posto su un crinale dalla vista spettacolare

Greta e Vanessa

Rientrate in Italia dopo il rapimento in Siria

Le Cresime di una volta

Usi, costumi e curiosità legate a questa celebrazione religiosa e raccontate da Maria Pina

La notte di Natale

Un brano di Arturo Curà, accompagnato dalla Corale Lirica Valtaro