Dino di Michelucci
Un personaggio bedoniese tanto divertente quanto surreale e dalla vita spericolata
Era nato a Bedonia nel 1922, veniva dalla strada e non aveva paura di nulla e nessuno. Era il classico personaggio "borderline": stravagante, estroso e al contempo furbo, dotato di quell'acume che lo faceva apparire come un vero anfitrione. Fu anche partigiano: Cobra era il suo nome di battaglia; e con questo appellativo, negli anni ’60, aprì anche un night club a Genova.
Succede ancora oggi, quando si parla o si racconta un aneddoto, che il nome di "Michelucci", nel bene o nel male, ci finisca sempre in mezzo. Ed è proprio questo il problema, quello che mi si presenta ora, ovvero raccontare di fatti, situazioni e vicende, tanto comiche quanto tragiche, leggendarie e bizzarre, alcune anche inenarrabili, che hanno contrassegnato la sua "vita spericolata", proprio come canta Vasco Rossi.
Negli anni ’50 si trasferì a Genova, lasciando a Bedonia la bella moglie Emma Piombo e la piccola Maria Grazia, ma lui era fatto così, da quando era nato: spirito libero e indipendente. Era un tipo sconsiderato e al contempo, gigionesco. Gli piaceva anche scommettere sulle sue abilità di guidare una macchina, un camion o una moto, tanto da proporre agli amici prove sempre più al limite del fattibile, come ad esempio: "Scommettiamo che arrivo a Chiavari in 50 minuti?".
Ogni tanto tornava alla Pieve, ed era l'occasione per raccontare quello che faceva, o meglio gli accadeva, sempre accerchiato dagli amici: tra questi, Carpano (Carpani), Marco (Chiappari), Mauro (Biolzi), oltre a ricorrere all’indispensabile "assoluzione" dell'amico Don Renato Costa. A tutti riportava con dovizia gli aneddoti più rimarchevoli che lo avevano visto protagonista –e allora giù risate, tanto da far vibrare anche i muri del bar Mellini.
Sprizzava simpatia e generosità d'animo. Aveva una sua "morale" ed un codice di vita singolare. Il suo altruismo lo portava a difendere chiunque ne avesse bisogno.
Facendo anche l'autotrasportatore stazionava abitualmente nei pressi del porto di Genova dove era considerato e temuto da tutti. È proprio a partire da questo luogo affascinante, da sempre embrione della città e dei Genovesi, che mi faccio raccontare da Remo Ponzini un paio delle sue tante vicissitudini:
“Siamo negli anni Sessanta. Il signor Ugo Bassi, detto Ughetto (padre di Giovanna e Franca), mi chiese se l'accompagnavo a Genova da Dino. La moglie Emma l'aveva incaricato di farsi dare una certa somma per pagare le tasse. Quando arrivammo al porto fu sufficiente fare il suo nome per sapere dove trovarlo. Entrammo in un bar e lui era lì, appoggiato al bancone, sigaretta in bocca, a sorbire un caffè. Subito dopo entrò nel locale un tipo losco che si "permise" di fare un apprezzamento alla barista. Lui si voltò, lo afferrò con un braccio per il bavero della giacca, lo alzò da terra e lo buttò fuori dal locale. Il malcapitato si rialzò guardandolo con un odio così feroce, che mi fece temere il peggio. Mi disse poi che era un mafioso ed un usuraio, ma che lui non aveva alcuna paura di possibili ritorsioni. Aveva un "fisico bestiale" ed una forza fisica fuori dalla norma. Naturalmente la missione fallì, e tornammo a Bedonia senza il becco d'un quattrino".
In quel porto, a quei tempi governato dai "camalli", una sorta di potente sindacato locale, si trafficava di un po' di tutto e per poter lavorare, si era "costretti" a non avanzare pretese e ad accettare tutto... senza discutere. Una volta gli fu ordinato di portare un carico di sigarette di contrabbando a Roma. Caricò e partì. Nei pressi di Livorno, forse per una soffiata, fu fermato dalla Guardia di Finanza. Fece il finto tonto, dicendo che non sapeva nulla di cosa potevano contenere quegli scatoloni. Imbastì pure una sceneggiata supplicando ed implorando di non rovinarlo perchè aveva una famiglia con cinque figli piccoli da mantenere. Probabilmente gli fecero una multa megagalattica, ma che tanto non pagò mai…
Un’altra volta arrivò a Bedonia con un camion nuovo, il bellissimo OM Orione, parcheggiò entusiasticamente davanti al bar Mellini e invitò tutti, uomini, donne e ragazzi, a salire sul cassone per un andirivieni attorno al paese: frenate, sgommate, accelerate… fino a che non lo fermarono i Carabinieri: "Alt… patente e libretto". Anche in questo caso, sentendo la loro conclusione: "Qui, con questo carico, dobbiamo sequestrarLe il mezzo", cercò ovviamente di commiserarsi, attuando le solite scusanti; ma quando capì che il "piagnisteo" non dava i frutti sperati, mise la testa sotto alla ruota del camion e disse al suo amico Majo, autista in seconda: "Mario, metti in moto e facciamola finita, una volta per tutte”… E anche in questa occasione la scampò con la solita multa a “vuoto”.
Il mio ricordo invece è quello di un uomo ormai brizzolato e con la Marlboro in bocca: "Respiro ansimante e con un filo di voce". Non usava l’accendino, ma il mozzicone per accenderne un'altra.
Quella miriade di sigarette che respirava, con una bramosia indescrivibile, produsse i suoi effetti causandogli un’asma asfissiante... tanto da chiamare, sempre più spesso, uno dei suoi amici per farsi fare l’iniezione quotidiana di cortisone, ovviamente fatta tra un tiro e una sbuffata di fumo.
Erano i primi anni ’80, quando abitava al primo piano del palazzo della "Banca Popolare", una sistemazione che gli trovarono i suoi amici bedoniesi per il suo rientro definitivo a Bedonia, dopo i trascorsi genovesi. Da quel piccolo alloggio, con un balcone per lui quantomai necessario, si affacciava sul bar Mellini, avendo la possibilità di dialogare con le persone sottostanti senza scendere in strada. Risalire sarebbe stato un problema, perché non aveva più il fiato per affrontare le due lunghe rampe di scale. A volte però scendeva da solo; ma allora, per risalire, abbisognava di due persone. Ho ancora ben chiara la scena: "Ragazzi, portatemi su...”: e così veniva sollevato insieme alla sedia e condotto al piano.
Ricordo anche quando da quel balconcino allungava la mano per invitarmi a salire: "Balanettu, vee sü...". La richiesta era sempre la stessa: "Vai da Lino e la Duina a prendermi due sigarette". Così diceva nel mettermi in mano 100 Lire, per poi guardarmi correre giù dal tabacchino. Dino infatti, negli ultimi anni, non comprava più il pacchetto intero, ma le sigarette singole: una maniera per cercare di fumare meno e salvaguardare più a lungo i polmoni e la pensione...
Per scrivere questo racconto, ho ascoltato diversi Bedoniesi che lo hanno intensamente frequentato nel suo periodo d’oro (ci lasciò nel 1983), e devo dire che ognuno di loro (tra cui Remo Ponzini, Gianfranco Gennari e mio zio Bruno Cavalli), mentre mi riportava allegramente le sue peripezie, rideva ancora con gusto, come se il tempo non fosse passato. Anch’io, a dir la verità, non mi sono mai divertito tanto come ad ascoltarli e poi a scrivere queste parole.
Ora devo ringraziare di cuore la figlia Maria Grazia che mi ha fornito alcune foto dell'album di famiglia, con la speranza che mi voglia perdonare se, seguendo a modo mio le orme del padre, ho un po' ecceduto in questa mia pittoresca ricostruzione. Ma questo era Dino Ponzini, per tutti “Michelucci”: un vero personaggio! Un uomo veramente amato da tutti, pur avendo trascorso una vita “alla giornata” per tutti i suoi sessantuno anni, senza porsi tanti perché o percome: una vita spericolata insomma, di cui andarne sempre fiero: "Una vita esagerata, come quella di Steve McQueen, una di quelle che non dormi mai, come quelle dei film, piena di guai, come le stars"…
Hanno collaborato a questo post:
Sii, me lo aveva presentato Angelo Curà, lo ricordo benissimo... Michelucci
La descrizione fatta dal nostro Esvasante, con un mio modesto apporto, è perfettamente collimante con questo personaggio unico, esilarante ed estremamente spassoso. L'enfasi con cui raccontava delle sue vicissitudini lo faceva apparire come il classico guaglione ridanciano, un po' spaccone ed un pò sconsiderato ma nell'insieme una delle persone più divertenti che abbia conosciuto.
All'inizio degli anni settanta, quando abitavo in piazza Battisti, al primo piano dell'appartamento della Cassa di Risparmio, all'ora della cena si presentò in casa mia con una ragazza calabrese di rara bellezza. Naturalmente senza pre avvertirmi ma mia moglie rimediò una cenetta con i fiocchi. Lui per tutta la serata tenne banco senza permettere a chicchessia di confabulare. Una chiacchierata a senso unico dove Lui era l'unico protagonista. Il vero "pigmalione" che accentrava tutto su di sè.
Negli anni 90 quando lavoravo in Chiavari ebbi il piacere di incontrare sua figlia Maria Grazia che abitava a Lavagna con il marito, il figlio e mamma Emma. La rividi diverse volte ma non mi parlava mai di suo padre. Certamente gli era affezionata ma penso anche che si fosse sentita un pochino trascurata da questo padre egocentrico. Approfitto di questo breve scritto per porgergli i miei più cari saluti.
A bordo di una Fiat Abarth 750 1958-60.
Io lho conosciuto che era già un po avanti negli anni, lo ricordo bello ma soprattutto affascinante e affabulatore. Mio padre aveva unadorazione per suo cugino Dino, erano cresciuti insieme.
Quando d'estate venivo dai nonni a Bedonia e mi vedeva col suo indimenticabile vocione mi gridava da lontano un saluto: "Sandro". Era stato partigiano con mio papà ed i miei zii Carlo e Giovannino.
Dino di Michelucci? Perché suo padre appunto chiamato Michelucci era un personaggio stimato e di riguardo perché era lo chef onnipotente della cucina del Circolo Bedoniese, ambiente "status simbol" della borghesia della Pieve. Socio più autorevole era l'onorevole Giuseppe Micheli ministro della Marina Mercantile, fondatore della rivista e del movimento cattolico "La Giovane Montagna, fratello del notaio di Bedonia: Marco, ma, per quanto riguarda la nostra storia di Michelucci un FORMIDABILE MANGIATORE E BUON GUSTAIO, ma di questo parleremo un'altra volta.
Il caro Dino, quanti ricordi! Un ricordo che spesso è nei miei pensieri, è quando era all'ospedale con mio papà, Nillo di "Pudi' e Mauro, nella stessa camerata era come ci fosse "I diavoli e l'acqua santa", non posso raccontare di più, in fondo era una persona speciale. Era Bedonia ♥️
Oh dimenticavo nella stessa camera c'era pure Vichìn, altro personaggio storico!
Pur essendo venuto per molti anni a Bedonia, non conosco questi veri personaggi. Ciò non toglie che mi piacciono molto queste storie di apparteneza al proprio paese. Scritte molto bene
Personaggio molto spassoso. Suo papà era cuoco e mi diceva mia mamma che le aveva insegnato a fare la trippa, il cacio bavarese e altri piatti bedoniesi.
Grazie Gigi. Grazie a tutti gli amici che lo ricordano. Non è stato tanto presente come papà ma mi ha voluto un gran bene come io ho voluto a lui e l'ho seguito sino alla fine dei suoi giorni. Grazie di cuore
Dino and Emma, campioni di tango a Bedonia
Alle spalle di Dino si alzano un paio di corna canzonatorie e nemmeno tanto anonime, la fronte riporta il suo nome: Carpano Carpani.
Complimenti per l'animato racconto.
Ho rivisto tanti visi cari e familiari.
Grazie Gigi, Michelucci come me lo ricordo. Da bambina mi faceva paura, pero mi ricordo di Emma Piombo, la piu bella donna di Bedonia, molto affascinante.....
Grazie mi hai riportato a Bedonia nella mia fanciullezza!!!
Mi ricordo che a Chiavari, in piazza Cavour, a mezzanotte girava intorno all'aiuola con la macchina su due ruote... Uno spettacolo gratuito!
Grazie Gigi, mi ha fatto molto piacere leggere aneddoti su mio nonno che non conoscevo e riconoscere nelle tue parole quanto mi raccontavano di lui fin da piccolo. E grazie a tutti coloro che conservano un suo ricordo nel cuore!
Gran personaggio Dino di Michelucci, di cui si favoleggiava per i suoi exploit a Genova. Lo ricordo solo negli ultimi tempi quando scendeva dalla Banca e veniva a chiaccherare (specie con Arturo Curà) vicino alla balaustra di ferro davanti al bar Mellini.
Molto belle le foto in cui ho rivisto anche tanti bedoniesi di quell'epoca. La foto in costume da bagno (o mutande) con Marco Chiappari mi pare sia stata scattata alla famosa Ciusa, perché in lontananza si vede un campanile, forse quello di Isola di Compiano.
C'era un altro Michelucci, detto Giorgi, forse suo zio, che mi pare lavorasse come meccanico per i Carpani.
Peppino Serpagli
Io ne ho un ricordo sfumato dalla differenza di età, avendolo conosciuto come racconta gigi, mentre chiacchierava con Arturo e Stefano Monteverdi (il Barone) nei primi anni 80, però poi negli anni in tanti ci hanno raccontato decine di aneddoti (e cosa non comune, quadravano uno con l'altro, andando a confermare che erano veri... alcuni forse verosimili va) con Dino protagonista assoluto. Ricordo però di averlo visto risalire le scale dell'appartamento sopra la banca popolare seduto sulla seggiola mentre alcuni amici lo portavano su ansimanti, poi gli stessi amici (in particolare il Barone) mi raccontarono che mentre lo portavano su, lui ovviamente fumava, e sorridendo li prendeva in giro dicendo "...fatica???...io niente..." e giù l'ennesima nuvola di fumo di sigaretta.
A proposito, davvero belle le foto.
Stesso charm di un bello e bravo attore che ritrovo oggi in Stefano Accorsi