A tartufi con Sergio, Furia e Balù

Nei boschi autunnali della Val Taro per un'esperienza emozionale e sensoriale
L'appuntamento è per le nove di domenica mattina. Sono convinto che Sergio mi abbia benevolmente concesso questo orario, diciamo "comodo". Finito il gorgoglio della caffettiera, partiamo.
Prima la radura e poi bosco ci accoglie in tutta la sua bellezza autunnale: l'erba è bagnata dalla rugiada, le foglie si differenziano tra il giallo e il rosso e il cielo compare a fatica, fin quando la bianca foschia notturna svanisce. Dal portellone del fuoristrada balzano fuori Furia e Balù, i suoi fedeli ed affezionati Lagotti, i quali, scodinzolanti, temporeggiano in attesa della direzione da prendere. Furia ha sette anni ed è la mamma di Balù.

Anche Sergio è pronto: con due dita si liscia i baffi, accende l'immancabile Toscano* e riempie le tasche di biscottini o meglio, le "ricompense" per i due veri cercatori. Scelto il sentiero, quello che costeggia il rio, entriamo nel bosco e ad accoglierci un'abbondante "nevicata" di foglie, una sorta di benvenuto per quel luogo fiabesco che è la "Terra dei Tartufi", anzi del "Nero Uncinato". La varietà che cresce in questa stagione in Valtaro.

Comprendo subito che conosce il bosco come le sue tasche, così mi accodo a quelle gambe sicure e ai due nasi esperti che girovagano tra noccioli, carpini e cerri. Non passano cinque minuti che Furia e Balù sono già lì a raspare tra le foglie, il loro padrone fa poi il resto: "Guarda che bello, cominciamo bene". Così la mano si infila in tasca per estrarre il primo premio della giornata. I due cagnolini, felici e scodinzolanti, incassano l'agognata ricompensa, dopodiché ripartono, tra alberi e fossi, per guadagnarsi quella successiva. È bellissimo vedere i due "riccioloni" correre in avanti, fermarsi, annusare e poi tornare indietro, a volte con il "bottino" in bocca, ma senza perdere mai di vista il loro padrone: "Per loro trovare il tartufo è un gioco gratificante quanto lo è per me".

Sergio, dopo aver cavato il tartufo, ricopre la buca con cura, il motivo è doppio: evitare che altri cercatori possano individuare il luogo e garantire così ai funghi di riformarsi nella stagione successiva. Questo fungo ipogeo, infatti, si lega alle radici delle piante tartufigene stabilendo con esse un rapporto simbiotico e durevole nel tempo, un po' come accade tra il padrone e il suo cane.

Le ore passano e a mano a mano le tasche del gilet cambiano funzione: diminuiscono le crocchette e aumentano le profumate pepite. A mezzogiorno, dopo aver tolto la terra in eccesso, ne conta una ventina, in pratica mezzo chilo, tra cui un paio di pezzi di "Nero liscio".
L'esperienza maturata sul campo è fondamentale, ma è un risultato che va oltre al valore economico in sé. Senza fare i conti in tasca a Sergio, ci vuole poco a capire cosa lo spinge a trascorrere così tanto tempo nei boschi: la vera passione di vivere la natura e soprattutto il legame indissolubile che ha instaurato con i suoi cani, tanto da ricordare una sorta di squadra affiatata: "Ho quattro figli, ma due sono questi qui", me lo dice accarezzando Furia e Balù con le mani ancora sporche di terra.

* Il sigaro, durante la presenza nel bosco, era spento; è rimasto acceso solo per esigenza scenografica.

FOTO: durante la ricerca del tartufo



3 Commenti
  1. Eleonora Rizzardi

    Meraviglioso questo racconto, ho nostalgia dei vostri luoghi, degli amici e .... di due taglierini al tartufo!

  2. Cris

    Gigi che bel racconto, i "riccioloni" sono i miei protagonisti preferiti!
    Non vedo l'ora di passare le giornate nei vostri boschi e che diventino un pochino anche miei...

  3. Remo Ponzini

    Un racconto genuino e bucolico che dona amorevolezza nella sua straordinaria esposizione. Il nostro Esvasante sa indubbiamente cogliere ogni aspetto ed ogni fervore di ciò che accade nella nostra meravigliosa vallata agreste.

    Ci ha dipinto questo evento infiorandolo di dettagli assai curiosi ed interessanti per tutti coloro che, come il sottoscritto, erano ignari delle ricerca di questo voluttuoso tubero che sapevamo solo gustare a tavola.
     
    Un cenno al signor Sergio ed ai suoi due eccelsi collaboratori di una razza molto particolare che mi era ignota. Un aspetto che mi ha colpito è il rapporto tenero tra i due cani ed il loro padroncino. Ma anche la diligenza spontanea e meticolosa nei confronti della natura che ci circonda. 

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