Ci rivedremo ancora

Dai timori alla speranza, un periodo lungo dodici mesi
Esattamente un anno fa, durante il mese di marzo, ero confinato in casa: inizialmente perché positivo e poi per quel lockdown che tutti abbiamo conosciuto. Oggi sono anche andato a rileggermi le sensazioni che allora percepivo e scrivevo da dietro al vetro della finestra di casa, in quel silenzio irreale rotto solo dalle sirene delle ambulanze. Un diario che prendeva corpo, giorno dopo giorno, ma che assomigliava sempre più al racconto di un brutto sogno o alla sceneggiatura di un film catastrofico. Eravamo tutti lì a chiederci se ciò che stava accadendo ci avrebbe cambiati per sempre e a quali conseguenze avremmo potuto andare incontro terminata l’emergenza. E il tempo trascorso da allora, questi dodici mesi, hanno segnato profondamente le vite di ognuno di noi.

Inevitabile ripensare quindi a quelle decine di persone che tra la fine dell'inverno e la primavera del 2020 sono state strappate via dalla famiglia e dai loro paesi -nei cinque Comuni dell'alta valle sono state una cinquantina. Falciate via gradualmente, e tutte per lo stesso motivo: una malattia ignobile, che non perdona e non guarda in faccia nessuno. Sono scomparse, una dopo l'altra, nel silenzio, nello sgomento e nel timore di chi restava a guardare cosa stava accadendo intorno a sé.

Era l’inizio della pandemia. Le parole che si ascoltavano allora in televisione sono quasi le stesse che oggi, ad un anno di distanza, continuiamo ad ascoltare. Abbiamo così imparato a non salutarci stringendoci la mano, a non abbracciarci e a restare a dovuta distanza, ma non solo, abituandoci anche a fare anche a meno dei sorrisi, tutti nascosti dietro ad una striscia di tela azzurra. L'unica differenza, per fortuna, è il miglioramento delle cure, fino ad arrivare alla speranza dei vaccini.

Ecco, il vaccino. La zia Mina, novantanove anni a settembre, sabato è andata a Borgotaro. Una giornata che non dimenticherà per due motivi: la visita strabiliante al nuovo supermercato e per aver ricevuto la sua seconda dose di "Pfizer". Come tutti i momenti importanti non poteva mancare la foto: è lì, nel centro vaccinale, dritta "come un fuso", dentro ad un piumino marrone che cela un doppio filo di perle e con un'espressione visibilmente soddisfatta: "Almeno così ci rivedremo ancora, potrò continuare ad andare a messa e a fare la spesa in santa pace".
LINK: il diario del lockdown


11 Commenti
  1. Elen alias Ilaria Nuti

    L’emergenza non è più il COVID.
    È la depressione.
    L’ansia.
    La solitudine.
    I casi di suicidio.
    L’isolamento.
    L’infanzia rubata.
    Le attività che chiudono.
    L’odio e il rancore.
    I sorrisi che non ci sono più.
    Gli abbracci che non ci sono più.
    La società negata.
    Gli anziani soli.
    La solitudine nelle case di riposo.
    Il senso di abbandono.
    Le famiglie senza aiuti.
    La mancanza di contatto.
    I licenziamenti.
    Le mamme che partoriscono da sole.
    Le neo-mamme sole.
    I bambini soli.
    La DAD.
    I nonni fuori regione.
    I genitori fuori regione.
    I disturbi alimentari.
    La difficoltà di socializzazione delle generazioni future.
    La dipendenza.
    Il disamore.
    L’emergenza non è più il COVID.

  2. Barbara Cavalli

    Ma sarà bella la zia Mina con la mascherina? Beh bisogna dire che per portarla a Borgotaro o c’è il tuo matrimonio o il vaccino per una pandemia. Ecco da chi ho preso! Spero di aver ereditato anche il gene della longevità, non solo quello della staticità! Brava zia Mina, avanti tutta e a lungo!

  3. Daniela

    Io adoro questi grandi anziani: propositivi e di grande insegnamento

  4. Chiara

    Contenta per te... Ma... Andiamo bene se siamo ancora con i vaccini agli ultra 90enni. Che disastro

  5. Manuela Biolzi

    Stessa cosa la Rosa stamattina seconda dose, la prima cosa che mi ha detto è stata adesso posso andare a messa e a farmi tagliare i capelli

  6. Peppino Serpagli

    Tantissimi anni fa, qualcuno (forse l'Antonina Biasotti) diceva (o poetava): "Tuu see che se spusa a Mina?" Quanta acqua é passata "inta Iera (Pelpirana)" da allora! Specie quando non era ancora coperta e c'era la passerella vicino al portico dove lavorava Menelik.
    Peppino Serpagli

  7. Conny

    Una assurdità senza scusanti. Conosco medici in pensione già vaccinati e mio suocero (83 anni) lo farà settimana prossima. E come lui tanti anziani aspettano il loro turno senza protestare mentre altre persone avrebbero potuto farlo rispettando la scaletta. L'Italia è un paese basato sulle compagnie dell'amico dell'amico e amico di….

  8. Nelly

    Leggete bene tra le righe di quello che ha scritto Elen.

    Domandatevi: "A chi giova tutto ciò?"... e datevi una risposta.

  9. Remo Ponzini

    Caro Esvasante, ho letto con molta attenzione il tuo diario targato Covid. Devo complimentarmi per le tua solita capacità descrittiva che, essendo anche scorrevolissima e punteggiata con grande rispetto della lingua italiana, si beve in un sol fiato. 
    E' stata una lettura di grande utilità, per chi come me e tanti altri, è ancora indenne da questo virus che produce danni fisici, morali e, spesso, anche il congedo finale della nostra esistenza.
     
    Va anche detto che tu, a parte la mancanza olfattiva e degustativa, te la sei cavata benino prescindendo da qualche strizza che avrà senz'altro occupato la tua mente ed anche il tuo animo.

    Comunque non lagnarti perchè hai trascorso la tua convalescenza restando comodamente a casa tua a prendere il sole e senza gravare sulle spese sanitarie della nostra nazione sommersa dai debiti.
     
    Un pensierino alla Mina è praticamente scontato. Alta, dritta come un fuso, lucida come una ventenne, indipendente e praticamente centenaria. Un vero prodigio della natura. Potrebbe arrivare anche a centovent'anni. Un caro saluto a Lei.  

  10. Claudio. M.

    Grande Mina !
    Amica di mia mamma Maura.
    Ho saputo che Mina si è vaccinata insieme alla mamma di Marco Riva, Freda.
    Auguri a Mina e a Freda.
    Claudio M.

  11. Maria Pina Agazzi

    Complimenti per l’articolo dedicato alla Mina: quanti ricordi quando giovane lavorava (e tanto) nel bel negozio di frutta e verdura, i clienti si facevano servire volentieri da lei e dalla tua nonnina Tina (veramente signora e gentile). Ricordo che fuori c’era un cartello con su scritto “COLONIALI” perchè lì si trovavano prodotti che provenivano dalle nostre Colonie.

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