Le Cresime di una volta

Usi, costumi e curiosità legate a questa celebrazione religiosa e raccontate da Maria Pina
In queste domeniche di maggio ci sono le cresime e poi le prime comunioni. Come spesso è accaduto con altri ambiti o circostanze, confronteremo le consuetudini di ieri rispetto a quelle di oggi. Andiamo così nel dopoguerra, negli anni '50, ed è ancora una volta Maria Pina a raccontarci usi e costumi relativi a questa cerimonia religiosa, presente nella vita di noi tutti.

In quinta elementare si riceveva la Cresima o Confermazione, anche se allora, molto spesso, accadeva che nello stesso giorno venisse impartita anche la Prima Comunione.
Anzitutto, prima di arrivare alla celebrazione, si frequentava la dottrina presso l'asilo infantile e ad insegnarci i passi del Vangelo c'erano le suore cosiddette "cappellone". Al termine del percorso c'era poi la "prova": in pratica, veniva tra noi il parroco ad interrogarci su dogmi, formule e preghiere.
Era un momento di forte ansia, poiché le suore ci ammonivano dicendo che se non avessimo superato l’esame non ci avrebbero ammesso alla Cresima, e che questo "sarebbe stato un disonore senza uguali per noi e per la famiglia", motivo per cui studiavamo tutti i testi a memoria. Ci dicevano anche che saremmo diventati "soldati di Cristo" e dovevamo quindi essere forti e coraggiosi e, per abituarci a fortificarci, il vescovo ci avrebbe dato uno schiaffo sulla guancia: circostanza, questa, che ci dava sempre un po' di preoccupazione.

Le narrazioni che ci venivano impartite delle suore erano abbastanza esaurienti e chiare, ma alcune venivano intenzionalmente "sorvolate", proprio per evitare che noi facessimo domande da loro giudicate inopportune. Una di questa era il sesto comandamento: "NON FORNICARE", termine a noi assolutamente sconosciuto, anche perché non ci veniva fornita nessuna spiegazione in merito, tant'è che la risposta tentavamo di interpretarla. Così, credevamo che non si dovessero uccidere le formiche, né le nere né le rosse... del resto questo comandamento veniva dopo il quinto NON UCCIDERE.

Finalmente arrivava maggio, e con esso la fatidica domenica. La chiesa era tirata a lucido; a celebrare la funzione, oltre al parroco e i chierichetti, c'era sempre il Vescovo di Piacenza, che arrivava con il cerimoniere al suo fianco; ma a reggere la "coda" dello strascico del prelato c'era Minoli Feręŋ, che di quella sua mansione andava sempre fiero. Tra i banchi, le bambine erano vestite di bianco, un po' come le spose, mentre i maschi risaltavano con i loro vestiti eleganti "alla marinara"; al loro fianco, solo il padrino o la madrina.
Prima dell'inizio della messa le porte della chiesa di Sant'Antonino venivano serrate e nessuno poteva entrare o uscire. Non mai capito il motivo, ma fatto è che a noi bambini veniva un po' d'ansia. Dopo l'unzione con l'olio santo, ci mettevamo sulla fronte un bel nastro bianco, mentre i maschi lo portavano legato al braccio sinistro.

A memoria di questa "santa giornata" venivano consegnati i quadretti con all'interno una sorta di attestato, di "avvenuta consacrazione", solitamente da appendere in camera, sopra al comodino, mentre i ricordini cartacei erano a discrezione della famiglia, in tal caso abitualmente approntati dal sagrestano Lino Salini, il quale si occupava di personalizzarli con la fotografia per poi inviarli alla successiva stampa (vedi foto di copertina e allegate).
A differenza di oggi non c'erano pranzi con amici e parenti, tantomeno regali, e quindi dai bambini non era considerata una gran "festa": così, il ricordo di quel giorno restava legato solo alla fotografia di rito con le mani giunte, a quel timoroso "schiaffo" del vescovo o poco di più.

P.s.
Ringrazio, oltre a Maria Pina Agazzi per la ricostruzione storica, Paolo Salini per la gentile concessione di ricordini e quadretti appartenenti alla sua famiglia.

Hanno collaborato a questo post:


FOTO: ricordini e quadretti



5 Commenti
  1. Frank Longinotti

    E lo schiaffo (buffetto) che il vescovo dava ai maschietti e diceva "soldati di Dio" non se lo ricorda nessuno?

  2. Fabio

    Devo dire che Lino Salini ogni anno si faceva un giro in Veneto e immancabilmente veniva a fare visita a mio padre ... ed era una grande festa, come noi non mancavamo di fargli visita quando venivamo a Bedonia... una grande persona

  3. Francesca Danzi

    Ricordi... Angelo è un po' più grande, Paolo l'ha fatta con me. Suo papa' Lino e suo papa' di Lino, senza di loro non ricordo nessuna funzione, il parroco don Sanguineti, il curato prima don Corbelletta e poi don Giuseppe Ferrari, solo ricordi belli.
    Le suore dell'asilo ci mettevano tutti a posto per la funzione, mi sembrano pochi anni, invece nel 1956... Immergersi nei ricordi poi ne viene un altro e poi un altro ancora, grazie a te Gigi che li fai venir fuori. Una volta la neurologa mi ha detto ricordiamo di piu' le cose vecchie perché la nostra memoria e' come un armadio pieno di cose di ieri, non ci stanno piu' escono e le dimentichiamo, invece quelle in fondo non possono uscire e le ricordiamo benissimo. Per me e' così.
    Lino Salini, tutta la sua famiglia, il negozio davanti alla chiesa, un istituzione e poi simpatico paziente sua moglie, la sorella, vendevano anche i giocattoli... quanti giri a guardare.
    Non mi fermo piu' e' una catena...

  4. Dolores

    Io il 31.5.1962 ho ricevuto la Prima Comunione e cresima lo stesso giorno insieme ad altri 10 amichetti, oltre a mio fratello gemello Walter: Severino Chiappa, Giuseppe Pianaro di Scopolo, Patrizia Antolotti dei Manoli, le gemelle Luciana e Renata Chiappa con Paolo Chiappa di Pilati, i gemelli Renzo e Anna Vanzo con Renato Cavozza del Mulino.

    Il giorno prima avevamo fatto il ritiro in canonica con un lauto pranzo e giochi: scondilòra (tana o nascondino) - a guardia e ladri- a ruba bandiera - a campanon sul prato dei ciliegi dietro la chiesa, dove mio fratello, pur magrino, avendo cavalcato una gallina del parroco, aveva costretto la perpetua a farne un bel brodo il giorno dopo.
    Don Vittorio ci aveva confessato uno dopo l'altro dopo che avevamo fatto l'esame di coscienza per cercare di ricordarsi tutti i peccati commessi. Ricordo 4 cose: (1) il mio vizio di recitare l'atto di dolore finale col titolo, non riuscendo ad iniziare solo con: Mio Dio mi pento e dolgo.... (che mantengo ancora ora...), ( 2) l'attenzione che mettevamo tutti nel tenere d'occhio il tempo che impiegavano gli amici dentro il confessionale e quello relativo della penitenza ricevuta, giudicando e ridendo sotto i baffi, il numero dei peccati più o meno notevole...

    Ma l'incubo maggiore (3) era imparare a memoria parte del catechismo che la nostra insegnante Anita Belli di Pilati, ci aveva insegnato. Incubo ...perche' se te perdèivi u fi spariva tùttu dàra testa e t'eri ruvinà... (4) al momento di diventare 'soldato di Gesù, il cardinale Opilio Rossi, nonchè cugino di mio nonno e di molti paesani, mi aveva dato una bella sberletta, e non un buffetto, chiamandomi Maria Dolores, aggiungendo per primo il nome di mia madre e di quella nostra celeste. Sono seguite una serie di foto che ci avevano talmente stancati tutti che solo a vederne il ricordo delle nostre smorfie, possiamo rendercene conto.

    Io e mio fratello abbiamo poi festeggiato nella casa paterna dei Pariotti con gli zii dirimpettai e Claudio il nostro cugino-fratello e come invitati c'erano i nostri amici storici di Bologna che ci avevano anche cucito i nostri abiti dell'occasione: io sembravo, come tutte le bambine una sposina con coroncina e nastro sulla fronte, ma anche la borsettina a sacchetto, mio fratello coi calzoncini grigi corti e la ciocca al braccio. Per la Cresima la mia madrina è stata mia zia Maria Chiappa (omonima di mia madre, per cui chiamata a Maria de Minu e la mia de Perèn di Pariòti).

    Fu una giornata epocale per tutti noi ragazzini, amici di sempre che poco dopo avremmo dovuto superare l'esame di seconda elementare per accedere alla terza, come si usava quei tempi, ma non sapevamo, io e mio fratello, che a settembre per noi sarebbe cambiata la vita.
    Avremmo lasciato il nostro paesello perchè i nostri genitori, rimboccandosi le maniche per ricominciare da zero, volevano darci la possibilità di una vita migliore.
    Piansi un anno intero, e se ci penso, piango ancora adesso; avevo lasciato la mia casa nella prateria, del mulino bianco, le mie radici, il profumo dei fiori, l'aria fresca e pulita...
    Eravamo in 12 e ripartivamo in 4!....
    Ricordo lo zio Mino, quando siamo scesi giù dall'aia verso la chiesa dove avremmo salutati i nonni materni, con le lacrime agli occhi ci disse quello che ogni volta che partivamo ci diceva:- ciau nanan, turnì prestu, turnì quandu pudì...

    Ma questa è un'altra storia...

  5. Dolores

    Fortissima la spiegazione sul fornicare.... Non ci ero arrivata a quei tempi... Si potesse collegare alle formiche... Ne nere ne rosse... Io avevo chiesto ai me'... il significato della parola e mia madre sbrigativa aveva indotto mio padre solitamente e prudentemente più esaustivo a rispondere evasivamente "Compurtase ma"... Evidentemente ci era bastata perchè abbiamo continuato a ripetere a memoria la tiritera... senza soffermarci su... almeno per qualche anno...

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