Il grande disastro del treno di Colton

Il 28 marzo 1907, in California, deragliò un treno provocando morti e feriti. Tra i passeggeri vi erano anche sei ragazzi di Bedonia, e questa è la loro storia
Siamo su una linea ferroviaria che collega i due estremi dell'America, ossia la New Orleans-San Francisco. Il treno passeggeri si chiama Sunset Express della compagnia Southern Pacific Railway. La corsa, quella mattina, partirà in ritardo, un rinvio di alcune ore – non si conoscono i motivi, forse per un guasto tecnico. Sono le 4 del pomeriggio, e il treno è già entrato in California.
Prima di arrivare alla stazione di Colton, affronta il San Timoteo Canyon ad una velocità di 50 miglia all'ora (circa 80 km/h): ed è lì, causa lo scambio di un binario "non assistito a dovere dal personale", così verrà poi stabilito, che la locomotiva deraglia, portando con sé i quattordici vagoni al traino.

Così, tra valigie pigiate di roba e cappotti della festa, in un trambusto fatto di pianti, ferite e grida – unitamente a tutte quelle cose sottosopra – si contarono un centinaio di feriti e ventiquattro morti, diciotto dei quali italiani. Tra quei connazionali straziati, anche sei ragazzi di Bedonia: ben cinque persero la vita ed uno rimase ferito.

Quel giorno era il 28 marzo del 1907. Una sciagura che verrà poi ricordata come “Il grande disastro del treno di Colton”. Rimarrà il peggior incidente ferroviario della California per molti decenni, calcolando che a quel tempo, questo tipo di avvenimenti, erano molto frequenti.

I sei sventurati protagonisti di questa storia, tutti in giovane età, si erano –come tanti altri– separati dalla famiglia per salvarsi da una vita difficile (quattro di loro erano già orfani di padre), lasciandosi alle spalle quel poco che possedevano. Per farlo, presumibilmente, si erano venduti il mulo, la terra e forse anche la casa, ma sempre con la speranza di fare fortuna e un giorno poter ritornare.

La compagnia di “pievaschi” si era imbarcata al porto di Genova il 7 marzo, sul transatlantico tedesco SS Königin Luise, per raggiungere Ellis Island il 22 marzo. Tuttavia erano solo a metà del loro viaggio. La destinazione finale era ancora lontana: infatti, da New York sarebbero dovuti arrivare a New Orleans e poi proseguire per San Francisco. Un viaggio lunghissimo, per non dire infinito, considerati i 5.700 i chilometri che separano le due coste. Servivano altri dieci giorni di viaggio e il susseguirsi di tanti altri panorami intravisti dal finestrino del treno: solo così sarebbero arrivati sulla costa ovest di quel loro sogno chiamato America.

A San Francisco li aspettava un lavoro sicuro, ma Francesco Bassi (34 anni), Ciriaco Dellapina (33 anni), Natale Filiberti (28 anni), Giacomo Soracchi (28 anni) e Giuseppe Squeri (29 anni), non raggiunsero mai la loro meta, la loro nuova vita. Soltanto Augusto Serpagli (21 anni), una volta dimesso dall’ospedale di Los Angeles e dopo aver accettato “a saldo e stralcio” un risarcimento di 200 Dollari dalla compagnia ferroviaria, nei primi giorni di aprile riuscì a proseguire il viaggio.

È possibile aggiungere altri particolari a questa singolare storia, poiché Mauro Mallero, pronipote di Augusto Serpagli, conserva diversa documentazione ufficiale del Comune di Bedonia inerente alla tragedia, tra cui la lettera del Prefetto di Parma che informava il Sindaco di Bedonia, dott. Carlo Magnani, di quanto avvenuto a Colton, come da comunicazione ricevuta dal Consolato Generale del Regno d’Italia, un sorta di rapporto sui bedoniesi coinvolti e la possibilità di intraprendere le trattative legali per un indennizzo ai famigliari, stimato in circa 5.000 Dollari a nucleo famigliare.

Ed è sempre Mauro a consegnarmi un cimelio straordinario, legato al viaggio della comitiva, ovvero l’ultima fotografia che li ritrae tutti e sei insieme, scattata solo qualche giorno prima dell’incidente: erano lì, in posa, davanti alla macchina fotografica, ben vestiti, sorridenti e spensierati. L’immagine la commissionarono ad un fotografo durante la loro breve permanenza a New York e venne poi spedita, a mo’ di cartolina, da Augusto Serpagli alla famiglia, allora residente nella “Contrada” di via Trieste. Fu poi la pronipote Bianca Bruschi, nonché mamma del medico Livio Verti, a conservarla gelosamente negli anni (vedi foto di copertina).

Di seguito indicheremo i dati specifici di ognuno dei sei ragazzi, estratti dai documenti comunali, dai siti dedicati alle ricerche genealogiche e dalla rivista “L’Italia”, il giornale italiano più diffuso negli stati USA dell’ovest:

Natale Filiberti, fu Luigi e di Maria Feci. Nato a Bedonia il 29 dicembre 1879, di professione pittore. Quando arrivò ad Ellis Island, dichiarò di essere un contadino, di possedere 20 Dollari e il suo riferimento a San Francisco era presso l’amico Luigi Neri.
Deceduto all’ospedale di Colton il 31 marzo.

Giuseppe Squeri, fu Giovanni e di Giovanna Restani. Nato a Bedonia il 2 luglio 1878, di professione calzolaio. Quando arrivò ad Ellis Island, dichiarò di essere un contadino, di possedere 20 Dollari e il suo riferimento a San Francisco era presso l’amico Ambrogio Sozzi.
Le autorità rinvennero: una medaglia della Madonna delle Grazie. In biglietto con indicato il nome e l’indirizzo del suo recapito americano: “Sozzi Ambrogio, No. 18 Ohio SI. San Francisco”. Un portafogli con 16 Dollari, il biglietto del treno e il biglietto del baule.

Giacomo Soracchi, di Giovanni e Maria Dallara. Nato a Bedonia il 22 settembre 1878, di professione vetraio. Quando arrivò ad Ellis Island, dichiarò di essere un contadino, di possedere 39 Dollari e il suo riferimento a San Francisco era presso l’agenzia viaggi del Cav. Fugazi in Montgomery Street (il cui proprietario sembra originario di Santo Stefano d’Aveto).
Deceduto al Sisters Hospital di Los Angeles il 4 aprile. Aveva nel portafogli 7,5 Dollari e rimasero in consegna presso l’ospedale.

Francesco Giuseppe Bassi, fu Domenico e di Maria Sozzi. Nato il 13 luglio 1873, di professione vettore. Quando arrivò ad Ellis Island, dichiarò di essere un contadino, di possedere 40 Dollari e il suo riferimento a San Francisco era presso l’agenzia viaggi Cav. Fugazi.
Le autorità rinvennero: un portafogli con 33,15 Dollari, il biglietto del treno e il biglietto del baule.

Ciriaco Dellapina, fu Francesco e di Luigia Barusi. Nato a Bedonia il 26 dicembre 1873, di professione capomastro. Quando arrivò ad Ellis Island, dichiarò di essere un muratore, di possedere 20 Dollari e il suo riferimento a San Francisco era presso l’amico Ambrogio Sozzi.
Le autorità rinvennero: un portafogli con 5 Sterline inglesi e 7 Dollari americani. Due cambiali del Banco Italiano dell’Uruguay sul signor Bartolomeo Parodi di Genova. Una cambiale di 50 Lire. Una cambiale di 200 Lire. Il biglietto del treno e il biglietto del baule.

Augusto Serpagli, di Francesco ed Enrichetta Vanini. Nato a Bedonia il 20 maggio 1886, di professione contadino (avevano il podere in località Santa Croce, Sopra San Marco). Quando arrivò ad Ellis Island, dichiarò di essere un contadino, di possedere 20 Dollari e il suo riferimento a San Francisco era presso l’amico Luigi Neri.

Mauro mi racconta poi un episodio legato alla partenza dei ragazzi da Bedonia, tramandato negli anni da suo papà Bino: “Quel giorno li portò alla stazione ferroviaria di Borgotaro Luigi Serpagli detto Vigión, fratello di Augusto detto Gustón, che di professione faceva il carrettiere, ovvero possedeva un carro “a bàra” trainato da un cavallo. Mio padre mi ha sempre raccontato che quando il carretto partì da Bedonia, con a bordo i sei ragazzi, uno stuolo di ragazzini vocianti e saltellanti lo accompagnarono fino al mulino di Pietrantoni, in Via Roma, in segno di saluto…

A ricordo dei cinque ragazzi scomparsi, poiché i loro corpi non rientrarono in Italia, fu poi eretto un semplice monumento funebre nel cimitero di Bedonia. Già nel 2007, questa stele fu portata alla pubblica attenzione, tramite il sito ForumValtaro, da parte del compianto Stefano Bruschi, il quale si premurò di segnalare lo stato d’incuria in cui versava –e che ad oggi non è migliorato:
Peccato che il cippo versi in cattive condizioni: è pericolosamente inclinato e alcune scritte sono parzialmente o totalmente illeggibili. Non dimentichiamo la nostra storia, non dimentichiamo la storia di queste cinque persone tragicamente perite mentre cercavano un futuro migliore, non dimentichiamo la storia di Bedonia. Chiedo solo se è possibile effettuarne un dignitoso restauro che consenta di riportare all’attenzione di tutti una tessera di quel grande mosaico che rappresenta l’emigrazione dalle nostre montagne, di tanti poveri individui che andarono alla ricerca di una ragione di vita in terre che, se oggi sono lontane, allora erano veramente oltre le Colonne d’Ercole.”.

Hanno collaborato a questo post:


La documentazione dedicata all'incidente di Colton



8 Commenti
  1. Virgy

    Una storia che ho nel cuore! Sono anni che combatto per il restauro del monumento nel nostro cimitero, ho perso le speranze. La fiaccola che era crollata, dopo averla nascosta per un periodo (dalla paura che andasse persa), l'ho consegnata a Piero Rizzi. E' passato qualche anno, ma sono sicura che pure lui si è interessato (senza risultato) e il custode del cimitero lo sa.

  2. Massimo Bassi

    Uno dei ragazzi era il fratello di mio nonno, Francesco Bassi.

  3. Francesca Danzi

    Non ne avevo mai sentito parlare. Speriamo possano conservare al cimitero il loro ricordo... Sarebbe doveroso!

  4. Be

    Quando “gli altri” eravamo anche noi, una testimonianza profonda e reale della vita dei migranti dei nostri Appennini.

  5. Sonia Carini

    Anche oggi, ogni giorno, in tante aree del mondo, una grande quantità di persone si mettono in viaggio per inseguire un sogno: adesso si chiama Europa, a quel tempo America. E tutte desiderano una vita migliore. Un pezzetto di storia italo-americana.

  6. Giuseppe Beppe Conti

    Grazie, grazie, caro Gigi.
    Se permetti intanto porto all'attenzione di www.migrer.it questa testimonianza.
    MigrER è il nuovo museo virtuale dell'emigrazione emiliano-romagnola nel mondo: un portale multimediale, interattivo e in continuo aggiornamento capace di fotografare, approfondire e rendere accessibile il fenomeno dell'emigrazione regionale da fine Ottocento ai giorni nostri.
    Un caro saluto da Giuseppe Beppe Conti

  7. Sandro Sozzi

    Sul tragico treno con gli altri bedoniesi, c'era anche un Filiberti, il marito di mia zia Laurina, sorella di mio nonno Alessandro, papà della cara cugina Brunilde, sposa poi di Guido e quindi nonno di Walter, Roger e Titì Rossi. A tutti loro un affettuoso ricordo

  8. Laura Carpani

    La madre di Ciriaco Dellapina, nostro lontano parente, era una Scarsella, la Barusi non aveva figli. Almeno così ricorda mia mamma.

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