Mauro il ciabattino
Dopo quasi un secolo, chiude l\'ultimo laboratorio da calzolaio bedoniese
La maniglia d'ingresso, lisa e lucidissima, è la testimonianza diretta della storia che racchiude questa bottega: piccola e con il deschetto, odorante di colla e con la luce fioca e giallogna. Lì dentro ci siamo passati praticamente tutti e per più generazioni… e tutti con le scarpe in mano, in attesa che ci dicesse quando avremmo potuto ritirarle: “Non prima di una settimana”.
Il mio ricordo vuole però trattenersi a quando ci si andava assiduamente per far posizionare la suola di gomma sotto alle scarpe... metteva sempre quella con la scritta a caratteri cubitali "ANTI PIOGGIA"; per riattaccare in fretta un tacco staccatosi per la strada; per trasformare a fine stagione le scarpe chiare in scure o chi semplicemente entrava per acquistare spazzole, lucido e "stringhe" di cuoio, di quest'ultime i bambini ne erano sempre alla ricerca disperata.
Mauro, con la sua inseparabile coppola e grembiule di cuoio al collo, ricorda anche quando suo padre e suo zio dovevano spingersi fino a Chiavari per procurarsi la materia prima: cuoio, chiodi e accessori: “Lo sai, fino agli anni ‘70 le scarpe le confezionavamo anche noi, fatte tutte a mano: "corame, colla e brochette". Poi nel 1950 a dare una mano in bottega arrivò il nostro Mauro e rimasero in tre fino al 1959, anno in cui morì d’infarto il papà. Mauro avrebbe voluto fare il postino e ne aveva la possibilità, ma lo zio Roberto non se la sentì di procedere da solo e così Mauro abbandonò il suo proposito e continuò a fare il calzolaio. Proseguì con lo zio Roberto fino al 1983, anno in cui morì anche lui d’infarto davanti al televisore mentre ascoltava la messa.
Mauro si è sempre alzato alle cinque del mattino e, prima di aprire il negozio, puliva tutta la piazza antistante la chiesa, ogni giorno, anche in inverno, tant’è che nel 2002, il Sindaco Sergio Squeri, gli attribuì una medaglia d’oro per il suo costante impegno civile.
Dal giorno che entrò a dare una mano alla famiglia sono passati cinquantatre anni, in gran parte trascorsi seduto al suo deschetto da ciabattino, sempre a risuolare scarpe e a battere chiodi. Ora però basta, è giunta l’ora di chiudere con il lavoro. Oggi è il 1° Maggio e con le sue mani stanche ha accostato anche l'altra anta alla porta e chiuderla definitivamente con un doppio giro di chiave. LINK: una medaglia per Mauro
Quando ero bambino, molto piccolo, ricordo che mio zio ai Bruschi faceva e aggiustava gli scarponi con le brocchette, credo fosse andato a imparare da lui e successivamente, dopo aver lavorato per qualche tempo in una fabbrica a S. Margherita L., aprì un laboratorio a Lavagna, ricordo che era bravissimo a fare gli stivaletti che usavano a fine anni 60 primi anni 70. Aveva avuto sicuramente un buon maestro
Nel 1961 mi aveva fatto un paio di scarpe e mi sono durate molti anni
Come me lo ricordo, anche tutta la sua famiglia!!!
Bravo Gigi Cavalli i tuoi articoli con il passato della mia bella Bedonia mi riportano alla mia fanciullezza, SEMPRE AVANTI......
Anche suonatore di clarinetto nella banda di Bedonia, compagno di scuola e di musica
Ero un bambino, entravo al sabato mattina con mia nonna che andava a ritirare le scarpe che aveva fatto aggiustare o risuolare. Lo ricordo perchè mi incuriosivano i suoi attrezzi e il suo operato. Lo ricordo come una persona molto gentile e precisa.
Mi ha fatto piacere che Gigi abbia menzionato mio fratello.
Da piccolo era un ragazzo mite e c'era sempre qualcuno che voleva sopraffarlo ma intervenivo io a difenderlo nonostante avessi due anni in meno. " Se te tucchi me fradellu....." era l'ammonimento che lanciavo con sguardo determinato e voce minacciosa.
Per la mia famiglia io avrei dovuto fare " il prete " e già a cinque anni mi mandavano in chiesa a servire la messa. Non sapevo ancora leggere ma dovetti imparare a memoria le risposte in latino che il rito richiedeva. Mio fratello invece doveva mettersi al deschetto con mio padre e mio zio.
Gli anni trascorsero ed io uscii dal seminario intorno ai 18/19 anni con grande dispiacere dei miei genitori. Poi successe un fatto curioso. Mia madre incontrò casualmente il rettore del seminario (Mons.Biggi) che l'apostrofò con il dito indice alzato e gli disse. " Lei signora mi ha dato il figlio sbagliato ". Già perchè Mauro era un "mansueto" mentre io avevo un carattere difficile da domare.