Gli anolini di Natale
Il bel e buon ricordo di questo piatto è ben presente dentro ognuno di noi, ma un tempo era un rito assai impegnativo
Sulla stufa della cucina prendeva posto la casseruola di terracotta, aveva precedenza su tutto e da lì non si smuoveva per giorni: il piatto con il vino rosso a mo’ di coperchio e dentro a “borbottare” carne, spezie e verdure. Poi, dopo qualche giorno, prendeva il posto della casseruola il pentolone per fare il brodo e per quanto tempo bollisse quel povero cappone me lo chiedo ancora adesso. Fatto è che era un piatto talmente agognato che quando arrivava Natale, come minimo, me ne mangiavo tre piatti.
Questi erano gli anolini della mia generazione, se invece andiamo indietro nel tempo, agli anni ‘40/50, come mi ha raccontato oggi Maria Pina, l’approntamento era ancor più lento e tradizionale, proprio a partire dal tipo di carne, allora si usava farli solo con il bue, in quanto animale castrato e quindi più appetitoso.
Il primo passo era attendere la sfilata dei buoi pianificata dai tre macellai bedoniesi, i quali, a turno, passavano per via Garibaldi con il bue, ornato per l’occasione con fiocchi rossi e con ghirlande di rami d’alloro e rosmarino: Camisa Aldo “Stecàn” passava al mattino, Mariani Giuseppe “Gepaia” nel pomeriggio e Valla Gino “Vala” al tramonto. I buoi erano diretti al macello di Via Piave, ma questa sorta di sfilata aveva soprattutto la funzione di far vedere l’animale in “carne e ossa” ai loro clienti e agli osti, i quali chiedevano la provenienza e si assicuravano che la bestia avesse faticato poco nei campi o nel trasporto di legna, indizio sicuro per una carne più tenera e saporita.
Oggi invece, per la stragrande maggioranza, basta davvero poco: “Un chilo di anolini grazie”...
Ha collaborato a questo post:
Magari,un chilo! Oggi, con mia moglie, ho lavorato due ore a confezionare anolini. Per ora, 300, ma il ripieno non finisce mai...
Per la processione dei bovi bisogna che m'informi prima di dare una risposta.
Grande Gigi, comunque... ma non mangiarne più tre piatti.
Bello confrontare i piatti della tradizione. Ad esempio anche a Bedonia i piatti della Vigilia corrispondevano a quelli borghigiani?
Gli anolini erano della nonna Dina...... li portava giu lei dalla "Pieve" per Natale; alla figlia Carla il compito del brodo, fatto tra l'altro molto spesso con le carni macellate dai Tre Moschettieri citati da te GG.
A noi familiari il dovere di onorare questo gioco di squadra.....
Ma il ricordo più bello rimane il "rubarli" di nascosto crudi e mangiarli prima che venissero buttati in pentola a bollire
Oggi la nonna si chiama Carla, per fortuna ha imparato da anni tutto il processo produttivo !!
Ovviamente come non rispettare la tradizione nel "rubarli" crudi e nell'onorarli abbondantemente cotti........ BUON NATALE
E buoni Anolini A TE GG ED A TUTTI GLI "ESVASI"
Gigi, rendi sempre molto visibile l'argomento.
Che pena i buoi bardati e infiocchettati che vanno al macello mentre la gente li soppesa nei loro quarti posteriori: e poi dimmi perche' la carne del povero castrato é piu' saporita dell'intonso?
Comunque l'idea di scrivere qualcosa sugli anolini poteva venire solo a te, perche' cogli i colori, i sapori, l'essenza delle cose. Anche gli anolini hanno un'anima, quella del Natale e tu l'hai le hai messo le ali.
La Confraternita dell'Anolino:
http://www.gazzettadiparma.it/mediagallery/video/10598/La_Confraternita_dell&039;anolino.html
Hanno depositato la ricetta originale da un notaio... anche se esistono numerosi varianti. A Parma, esistono due ricette; quella della Parma vecchia (detta "al di là dall'acqua", cioè dopo il ponte di mezzo) e quella della città "nuova". La differenza consiste nel ripieno: pane con sugo di stracotto oppure carne.....
Ormai si tende a farli con la carne.... i prezzi in gastronomia vanno da 26 euro a 35 euro al Kg...
Devi sapere che da buon "emigrante" bedoniese sono riuscito a "esportare" gli anolini oltre il fiume Secchia nel Ducato di Modena dove regna il tortellino.
Mia moglie, sassolese doc., ha imparato a farli benissimo da mia madre. Tuttavia ho dovuto venire a un compromesso. Un anno anolini e un anno tortellini. Per fortuna quest'anno sarà il Natale degli anolini.
Da ragazzo aiutavo la nonna Emma, lei li riempiva e poi li tagliava prima con la rotellina seghetatta e poi con lo stampino, ogni qualvolta si girava non mancavo di mangiarli crudi, una bontà!
Un bellissimo ricordo
Io ricordo giornate estive passate a mettere in fila, uno per uno e ben distaccati, migliaia di anolini preparati dalla nonna Maria pronti per essere congelati in previsione di pranzi importanti come quello di Natale.
Ma il ricordo più bello rimane la classica frase di mia nonna alla fine dei suoi pranzi quando, nonostante fossimo tutti 'impomati', si ostinava a dire con sguardo malinconico: "N'ei maniau gninte, fiò..."!
Perfettamente corrispondente il resoconto storico che ci hai sciorinato sugli anolini. Avrai attinto ai giovanili ricordi della zia Mina e dalla Daisy che sono state sempre prodighe ed attente alle tradizioni locali.
Mi ha fatto sorridere, un po' amaramente, il revival dei buoi che sfilavano per le vie del paese con la " ghirlanda " al collo ..triste presagio del loro imminente sacrificio. Quelle povere bestie erano condannate, sin dalla prima gioventù, ad una castrazione dolorosissima. Li attendeva poi un duro lavoro nei campi a trascinare aratri ed infine ad un bella (!) mattazione, molto teatrale, preceduta da parata pubblica con addobbi floreali.
Anche mia madre a quei tempi usava solo il bue per quei stracotti che ammorbavano voluttuosamente tutta la casa. L'amalgama con la carne di maiale avvenne nei decenni successivi con l'intento di accrescerne il sapore ma io, quei profumi intensi dell'infanzia, che ho ancora impressi nelle narici, non ho più avuto modo di riscoprirli.
Altri tempi ed altre carni ... probabilmente.
W gli anolini e buon Natale a tutti.
Sabato io, mia sorella e rispettivi mariti ne abbiamo fatti 900, ormai sono un pò di anni che abbiamo tolto questo compito ai nostri genitori, abbiamo voluto imparare, perchè sarebbe stato un vero peccato perdere questa tradizione e questo sapere, tra l'altro farli in compagnia è anche divertente e poi quelli nostrani sono tutta un'altra cosa.
Io sono tra quelle che purtroppo li comperano già fatti, però continuerò a farlo per portare avanti la tradizione della nostra famiglia e spero che i miei figli facciano altrettanto. Buon Natale a tutti i lettori
Mai mangiato gli anolini, mi mancano! E se, da quanto ho capito, è un primo prettamente natalizio, temo di rimanere con la voglia, in quanto la tradizione di trascorrere il natale in famiglia non è stata mai tradita e dunque per Natale piatti fiorentini.
Però non è detto ! Visto che parto da Firenze con la scusa di salutare gli amici a Parma, ma il vero scopo, mai confessato, è quello di andare a Borgo Val di Taro alla Bottega del Fungo (bello anche il sito) ad acquistare un po di funghi secchi e non solo.
Certo potrei anche ordinarli via internet e farmeli spedire, ma volete mettere il contatto umano, incontrare la signora o suo marito e fare quattro chiacchiere, sono momenti che noi non abbiamo più da decenni e che voi invece, ancora avete... siete fortunati !
E poi avete Gigi e non solo ... avete voi stessi, ancora in una dimensione "umana" che avete saputo preservare.
Carissimi di Borgo Val di Taro, Bedonia, Albareto e dintorini vi auguro di trascorrese un felice S. Natale in famiglia e quando gusterete i vostri Anolini rivolgete un pensiero a me.
Questo sito ha qualche cosa di magico.
E' stupefacente vedere come solo qui ormai ci sia la possibilità di assaporare un po' di tradizione perduta. Qualche piccolo strascico rimane nelle nostre case ma piano piano le donne, gli uomini che sapevano "come si fa" stanno scomparendo, o sono stanchi e quindi anche quello che era non c'è più.
Qui si sente quanta voglia ci sia dentro ognuno di noi di riassaporare qualcosa che abbia un valore, una tradizione, un ricordo.
Questa magia però scompare tutte le volte che dal virtuale mi sposto al reale e vengo a Bedonia, percorro via Garibaldi. Di tradizione ne vedo più poca e quella poca in qualche anno, dieci, venti, scomparirà definitivamente soppiantata dalla tecnologia, dalla fretta, dal conformismo.
Peccato. Che bello sarebbe pensare ad una associazione, che magari la si potrebbe chiamare azienda autonoma, che oltre che avere il fine di incentivare la presenza di turismo nella valle (Bedonia, Compiano, Tornolo), oltre a gestire le luminarie abbia anche la funzione di riscoprire e/o mantenere quelle tradizioni che c'erano e ancora ci sono.
Cordialmente
Claudio Agazzi
Anch'io ne vado matto ma alla fine chi è che non lo è?????
Noi siamo tra quelli che li compriamo e vorremmo fare appello alla gastronomia - FATELI ROTONDI E NON QUADRATI - che anche l'occhio vuole la sua parte!!!!
Buoniiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! La mamma li fa come le aveva insegnato la nonna Palmina e proprio come te li ricordi tu Gigi; la preparazione, quasi un rito: la scelta del pezzo di carne, la preparazione nella casseruola, le spezie, l'immancabile vino nel piatto, a mò di coperchio....
Giorni e giorni sulla stufa e, a volte, qualche pezzettino di carne sparisce....! E poi la preparazione della pasta e il giorno in cui si inizia la lavorazione... Ah come mi sarebbe piaciuto imparare questa tradizione culinaria direttamente dalla mia nonna....
Confermo che anche al Borgo si svolgeva la "sfilata dei buoi" che tu tanto bene hai descritto. Anche qui, grande bardatura per i poveri animali che percorrevano la Via Principale (così si chiamava un tempo) per raggiungere il Macello, che si trovava nei pressi del Castello.
Quanto ai capponi, ai quali nessuno voleva rinunciare (oggi costano un occhio della testa...e trovarli, poi), al Borgo è rimasto un toponimo legato al povero bipede. Di fronte alla facciata della chiesa di San Domenico, si diparte un vicolo (cantoun in dialetto) che ha un nome ufficiale che pochissimi conoscono o comunque usano: Vicolo Boveri. I borghigiani usano chiamarlo, invece, "Cantoun d' S-ciancabal' ". Il nome è dovuto al fatto che in quel vicolo aveva bottega un contadino assai esperto nel capponare i galletti. Il nome "s-ciancabal' " ricorda bene l'operazione che il povero galletto subiva.
IO PURTROPPO APPARTENGO ALLA GENERAZIONE DEL 1KG DI ANOLINI GRAZIE....
MA RICORDO QUANDO VENIVANO FATTI A CASA ERO BAMBINA A ME SPETTAVA IL COMPITO DI SISTEMARLI NEI VASSOI IN FILE PERFETTE IL TUTTO DOVEVO FARLO FISCHIANDO... COSI' NON POTEVO MANGIARLI
Ciao Giacomo,
anche da noi c'era un certo "Bracco" che abitava al Serpaglio alto, proprio dove era ospitata la "Colonia" estiva del C.I.F.
Mia nonna portava i capponi da Bracco per la triste operazione chirurgica.
E poi poveri capponi servivano per imbandire la tavola di Natale, insieme agli anolini che pazientemente contavo e che erano il vanto della Genoveffa de' Cacian.
Le ricette erano quelle della Angiolina du "Fredu"(di Alfredo) valente cuoca e brava sarta su, sopra alla Pieve, in via D. Raffi.
Quante belle figure di Bedoniesi...
Anche la tavola era cultura "Materiale" che impegnava molta pazienza e giorni di preparazione.
Gli anolini erano un po' una piccola cupola di San Marco, ed essere ammessi al tavolo dei grandi, per noi bambini era già una gratificazione.
Arrivava poi il "Flan", verde di spinaci, ecc.
E poi il panettone Motta o Alemagna o Battistero e l'Asti dolce.
Tutti parlavano e noi cugini eravamo un po' brilli per le bollicine...
I primi anni che ero a parma mi sono adeguata agli anolini parmigiani poi un anno ho detto faccio io lo stracotto e da allora si mangiano solo anolini bedoniesi ne abbiamo appena fatti 800 Auguroni a tutti.
I Natali lontani.
" Terminata la funzione si faceva ritorno alle case, gli uomini chiacchierando sul tempo, le donne sulle tagliatelle di castagne, lo stracotto, il sugo di noci e il torrone che non era venuto bene come l'anno avanti.
Ci si diceva "Buon Natale", si andava dritti a letto e i più fortunati s'addormentavano col profumo del brodo di cappone che saliva nelle camere".
Da "Orsanti"
Gli anolini di Natale. Si cominciava a mettere un bel pezzo di manzo nella casseruola, quelle in terracotta color rosso scuro all'esterno - quasi nero - e un bel rosso pieno all'interno. Si metteva nell'angolo della stufa più lontano dal fuoco vivo. Mettevano cipolle, aglio, sedano, carote e concentrato di pomodoro diluito in acqua. Si copriva con una fondina a coprire che veniva riempita di vino. La casseruola stava sulla stufa finchè il vino non evaporava completamente, due o tre giorni.
Una volta cotto veniva tritato con la mezzaluna e mescolato con uova, formaggio de "cullo bon" e pane grattuggiato. Si metteva sulla pasta sfoglia che era preparata con arte e olio di gomito, si sentiva il mattarello strisciare sulla tavola e poi sbattere la pasta... una specie di sibilo con schiaffo finale. Tutta la famiglia era occupata. Chi tagliava la striscia di pasta, chi con il formino in legno tagliava gli anolini e si allineavano, contati, su tavole di legno coperte da un telo pulitissimo.
Si preparava il famoso brodo di terza, carne di manzo, il cappone (che erano enormi) e un pezzo di maiale. Con le verdure, carote, cipolle, aglio, sedano, prezzemolo e alloro. Un profumo aleggiava in tutta le case e usciva nalla strada, colpiva con forza tutte le papille gustative. Dimenticavo, la pasta sfoglia avanzava sempre, ma serviva per fare le tagliatelle,,,, alte di mattarello e strette di coltello....una regola rigidissima per una buona riuscita delle stesse.
Venivano fatta anche la famosa salsa verde per accompagnare il lesso... Prezzemolo, aglio, acciughe, capperi, olio, aceto e qualcuno metteva anche il rosso dell'uovo cotto... mia madre preparava anche un impasto di erbette, spinaci ben tritati e mescolati con il solito formaggio e uova... poi cucito in un telo con un formato che ricordava un mattone e nella fase finale della cottura del brodo veniva messo in pentola. Insomma il pranzo di Natale si risolveva sempre in una mangiata pantagruelica. Gli anolini si facevano solo due volte all'anno. Per Natale e per la Madonna di San Marco.
Invece la vigilia di Natale si mangiava di magro. Era tradizione preparare le tagliatelle fatte con la farina di castagne, mescolata con la farina di grano, quindi cotte in acqua bollente e condite con ricotta fresca. Alcuni passavano la ricotta in padella con l'aglio. I più agiati, invece, preparavano il capitone. Mi ricordo con piacere che nella via principale del paese, dove c'erano i commercianti, venivano esposti dei vasi di terracotta, dentro erano di color verde e bianco, e fuori il solito colore della terra cotta.
In esposizione c'erano i capitoni vivi. Sono anni che non vedo più queste scene... uno passava sceglieva il capitone e veniva servito con il capitone vivo. Non ho mai capito come venisse ucciso, forse sventrato. Se non c'era il capitone c'era il merluzzo salato in acqua per perdere il sale e per rinvigorirsi. E le distese di arance e mandarini, fichi secchi e datteri, noci e nocciole.
Non c'era altro ma era sempre una festa vedere tanta abbondanza esposta.
di anni ne ho 36 e gli anolini me li ricordo sempre e solo fatti dalla mia mamma e forse da piccola anche quelli di nonna...... ma quelli di mamma sono speciali....... si partiva il 18 di dicembre con lo stracotto ed io me ne stavo a studiare in cucina perchè la pentolona di coccio che borbottava, l'aroma forte di chiodi di garofano e noce moscata, quello aspro e pungente di vino ristretto messo a cuocere su di un piatto di coccio ( sempre e comunque rigorosamente crepato....) usato a mo' di coperchio sul pentolone in continua eboliizione, avevano il potere di concentrarmi...... e molto meglio di qualsiasi anfetamina........ mamma lavorava ed accendeva e spegneva il pentolone appena possibile e mio era il compito di sorvegliare "il bambino in gestazione", rabboccare il vino, alzare ed abbassare la fiamma secondo necessità....... e mio era il compito (e lo è tutt'ora....) di assaggiare il ripieno finito.... cibo degli dei........ ho la bocca poco avvezza al sale ma assolutamente portata per le spezie...... ed ero perfetta per lo scopo visto che una volta confezionato il "galleggiante" nulla era possibile fare e la sapidità della pietanza era affidata unicamente al corposissimo brodo di cappone........ e qui ci si poteva ancora salvare per quanto riguardava il sale e poi montagne di parmigiano..... colline di pangrattato...... papà che impastava una sfoglia liscia e dorata con le sue forti braccia..... ed il cappellino militare, quello mimetico con la visiera..... per non far cadere capelli e sudore, sempre in testa...... dopo qualche anno è toccata a me.... adoro impastare, picchiare e stropicciare la sfoglia...... e mia era ( l'odiatissimo...) compito di mettere in fila e per bene, i preziosi gioielli finiti......... ora si comincia molto prima la produzione, siamo una perfetta catena di montaggio, se ne fanno un casino e fino a pasqua ogni occasione è buona per tirarli fuori dal congelatore....... di mio non li ho mai fatti , ma penso che potrei ripetere la ricetta ad occhi chiusi........
aaa.... quel profumo che invade la casa per giorni...... perfetta poesia....... il vero profumo dei giorni felici della mia infanzia!
Si facevano qualche giorno prima perché non c era il congelatore. L unica stanza riscaldata era la cucina, tutte le altre stanze della casa sostituivano il frigo
Il piatto a modo coperchio pero doveva rigorosamente essere venato, in questo modo i fumi del vino rosso venivano assorbiti dallo stracotto, ma oggi neppure i piatti moderni si venano più!!