La sfilata di Cavignaga "Dâ lùmèga"
Una sfilata di carnevale oggi dimenticata, ma ancora ben presente nei ricordi di molti bedoniesi
È in questa occasione che mi racconta della sfilata di carnevale che facevano gli abitanti di Cavignaga a Bedonia, un’usanza tramandata dagli anni trenta agli anni sessanta. Il corteo si svolgeva la domenica mattina, dopo la messa “grande”, quella delle undici. Lì uomini e bambini indossavano i costumi degli orsanti: domatori, principi, paggi, diavoli, mangiafuoco, giocolieri, uomini sui trampoli, saltimbanchi.
Scendevano dal Seminario, in una via Trento non ancora asfaltata, e scorrazzavano avanti e indietro per via Garibaldi fino all’ora di pranzo, molti si fermavano in paese, ad oltranza, per la tappa all’osteria. Arrivavano alla “Pieve” con piccoli carri trainati da buoi, tutti addobbati con festoni e borchie, mentre i condottieri e il loro seguito erano vestiti con vecchi cimeli da “circo”, gli stessi costumi appartenuti ai loro famigliari, proprio quelli che avevano calcato le piazze di mezza Europa, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Gli uomini più giovani e “possidenti” giungevano con cavalli di razza, sfoggiando luccicanti e pregiati finimenti, scortati da suonatori di fisarmoniche "Curdiôn", tamburi e pifferi, mentre altri, guidati dall' "Uomo orchestra", cantavano e saltavano senza tregua.
Chiudeva questo allegro “serpentone” la famosa Lumaca, era di grandi dimensioni ed era realizzata in carta pesta. Ancora oggi, qualche anziano bedoniese, parlando del piccolo paesino, dice: “Cavignèga dâ lùmèga”.
L’ultima sfilata è avvenuta nei primi anni sessanta. Il maestro Sante Caramatti arrivò vestito da Negus, turbante ricco di ornamenti, mantello bianco e circondato dai suoi “Ras”, tutti in sella a cavalli scattanti e bardati a festa.
Da quell’ultima parata la Lumaca non si è più vista e con lei la sfilata di Cavignaga.
Hanno collaborato a questo post:
La ringrazio per questa informazione storica su Bedonia che personalmente mancava.
straordinario reportage direttamente dagi primi del Novecento, un'epoca che mi sta affascinando più di tutto il resto.
grazie, Gigi. leggerti e' altamente educativo.
e poi, conoscendo il Remo, grande Capitano, so che queste ciacere dalla Pina ma anche in altre situazioni, sono autentiche e sempre corroborate da manicaretti genuini.
ergo: mi trasferisco a Bedonia!
saluti titta
Cavignèga dâ lùmèga. Mi ricordo i carri che arrivavano da Cavignaga. Si aspettavano con ansia e noi ragazzi facevamo da "piccole vedette pievasche". Andavamo fino da "Fanga" per vedere i spuntare i carri alla curva e correre giù di corsa passando dal "marassan" per poi irrompere in via Garibaldi urlando "I rivena. i rivena"..... per essere i primi a dirlo... Oggi si direbbe "per fare lo scoop".
Erano canti, qualche bicchiere di vino (non per noi) versato da fiaschi, il famoso vino di Cavignaga di uva frambosa.... un vinello bruschetto e oserei dire un poco lassativo. E molte Ciàcere fritte nello strutto e cosparse di zucchero, ma non a velo, zucchero normale. Qualche volta ci scappava un tortello ripieno e fritto anche lui. Il ripieno era un miscuglio di un sapore buonissimo... anni dopo seppi come era fatto: farina di castagna, pinoli, mostarda, cioccolato e qualcuno mi diceva anche fagioli.
Il sapore del Carnevale è stato per me e per anni il sapore dei tortelli ripieni e fritti.
Gigi, mi fai rivedere un mondo ch'era quello della mia adolescenza. I carri, i cavalli, gli uomini senza età, comunque orgogliosi di essere quel che sono. Immagini forti d'altri tempi.
Cari Amici
anche se l'età sarebbe quella giusta purtroppo non ho mai goduto della vista di ciò che voi invece avete, non solo visto, ma vissuto in pieno, però questa sera ho sognato in mezzo ai vostri ricordi e vi confesso che è stato bellissimo.
Un caleidoscopio di sogni e di ricordi sprizzanti perfino sapidi odori, vi prego di custodire tutto ciò come un bene prezioso e di tramandarlo come un qualcosa di sacro; perchè è la vera forza della vita.
Vi abbraccio tutti
Stefano da Firenze
Come sono sempre belli gli aneddoti che riporti!!! Tolto il fatto che purtroppo non ho mai potuto assaggiare le chiacchiere della Maestra con la emme maiuscola voglio dire che leggere di queste perle preziose ormai sempre più rare mi fa venire voglia di impegnarmi ancora di più, di nuovo, per il carnevale che verrà.
Vedere Bedonia durante il Suo martedì è come entrare nel paese dei balocchi... non c'è crisi che tenga, la tradizione e la passione sono più forti! Se poi un giorno qualcuno ricorderà di noi attraverso foto e chissà quale altro mezzo ci fornirà il futuro, perchè non continuare così?!
Grazie come sempre Gigi per questi ricordi... è bello conoscere tutto questo... saranno stati tempi duri ma penso molto più felici di adesso
Ciao Gigi, mi hai fatto tornare un po' indietro quando da bambina (non c'erano le vacanze di carnevale ma i miei genitori da Cremona ci portavano qualche volta dai nonni a Scopolo e non c'erano neanche i carri ''dei mascheri'', ma ci si divertiva ugualmente con Mariarita e Dolores o con le gemelle Luciana e Renata dei Pilati.
Non avevamo a disposizione dei gran costumi carnevaleschi, quattro straccetti un po' colorati e buffi e ci bastavano i coriandoli. C'erano anche le frittelle dolci fatte dalle nostre mamme o nonne... buone cosi non le mangero' mai piu'. Quelli fortunati avevano le frittelle con il ripieno di crema o le mele cotte. Come dice Mariarita erano poche cose ma ci davano tanta felicita'
Certo che sì.... e le nostre mamme, dai Pariotti ai Pilati, si alternavano per farci i dolcetti a tutti. Partivamo spesso e volentieri con la neve alta che i nostri papà ci 'aprivano' con l'arutta, passando di casa in casa, sperando di non essere riconosciuti. Una volta mi avevano mascherata da Gianduia, con la coda bassa, i pantaloni alla suava di 2°, 3° o 4° mano e coi baffetti fatti con un 'tisson', non avevo voluto assolutamente togliermi 'i pendèn' alle orecchie e ardita, mi affiancai al mio gruppetto: Walter e Claudio dei Pariòti, Maurizio da jèsa, M.Rosa, Severino e Gianni da Pian-na, Angelo di Marcagna, Carlo, Giuseppe di Pajèn giù verso i Franchi dove si unirono Mariarita, Giorgio, Daniele ed Eugenia. Tutti insieme andammo dalla Steren.na al Lavurè.... Ci accolse festosa con Lice e Marina, come avevano fatto tutti, ma appena mi vide, nonostante 'il trucco', allargò le braccia esclamando: "Oh vàrda chè a mè Dulore! Vè, vè che te darò un pò de turta de patate, cumme fò quasi tùtti i dè...".
Rossa 'cumme un bindèlu' dalla delusione per essere riconosciuta, sbottai con rabbia e feci la spia a tutti: "Qustu l'è lù, custa l'è lè...".
Non ricordo altro... se non che, dopo esserci addolciti, salimmo il sentiero ripido verso gli Zucconi, per raggiungere Patrizia e Camillo che ci aspettavano al bivio dei Manoli, su su, fino ai Pilati per raggiungere l'altro gruppo di amici: è zumèle Luciana e Renata, la Flavia e Mariaugusta con Graziella, Silvano e Cristina della Leli ed Alberto e Paolo con Riccardo dei Violoni. Eravamo arrivati rumoreggiando e tornammo bagnati fino all'osso, cou picchettu ai pè, ma senza sentire nulla, continuando felici come Pasque a soffiare a più non posso con le nostre lingue di Menelicche...