Arandora Star

Storia di una tragedia dimenticata: 800 morti, di cui 100 parmensi e quasi tutti del nostro Appennino
Ancora oggi, questo nome, esprimerebbe la denominazione di una bella nave, di quelle da crociera che solcano spensierate gli oceani: Arandora Star. Invece la storia ci racconta altro, questo nome richiama una terribile tragedia.
Il 2 luglio 1940, a bordo di questo bellissimo bastimento britannico di sola “Prima Classe” salpato da Liverpool, requisito dalla marina inglese e silurato da un sottomarino nazista, morirono oltre 800 persone, di queste 446 erano degli italiani tra i 16 e 70 anni, di questi 100 parmensi, in gran parte originari del nostro Appennino: Bardi, Bedonia, Albareto, Tornolo, Borgotaro, Pontremoli.
La vittima più giovane si chiamava Luigi Gonzaga, aveva soli 16 anni, ed era originario di Bedonia (I suoi due nipoti, Diana ed Emilio-Luigi Gonzaga, sono tuttora viventi e risiedono a Londra).
Ecco la ragione per cui il nome di questa nave è familiare a molti, perché ci riguarda da vicino.

È un episodio legato alla Seconda Guerra Mondiale, ma intenzionalmente dimenticato in Italia, forse perché quei morti non appartenevano a nessuno. I 1500 passeggeri (la nave ne poteva trasportare 518) erano prigionieri da deportare in Canada dalla Gran Bretagna: detenuti tedeschi, soldati britannici e 800 civili italiani. Gli italiani furono arrestati dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini all’Inghilterra, perciò divenuti nemici dalla sera alla mattina, nonostante fossero emigrati da diversi decenni e ormai parte integrante della società britannica. Tutte persone che non avevano nulla a che fare con il fascismo e con i giochi della politica e dei governi.

La comunità di Bardi ha avuto il più alto numero di vittime: 48 capifamiglia. È anche per questo motivo che la testimonianza più considerevole spetta al territorio della Valceno, lì è infatti nato il “Comitato Vittime Arandora Star di Bardi”. Un’organizzazione rappresentata fin dal 1985 da Beppe Conti, persona fortemente coinvolta nella vicenda (lo zio Guido era una delle vittime bardigiane) e da sempre disponibile a far conoscere ai più i dettagli di questa sciagura, soprattutto per non farla inabissare una seconda volta nel mare del silenzio.

P.s.
Recentemente è stato pubblicato dalla giornalista Caterina Soffici, per la casa editrice Feltrinelli, un romanzo dedicato a questa drammatica vicenda: “Nessuno può fermarmi". Il testo fa riferimento a fatti e personaggi realmente esistiti e ogni episodio è il risultato di un’attenta ricerca e ricostruzione storica.

Ha collaborato a questo post:



10 Commenti
  1. Sonia Berni

    Nella valle del Ceno questa storia è ancora “forte”. Emoziona ancora perché resta tra i fatti di guerra tra i più drammatici della storia della nostra emigrazione. I miei nonni e i miei genitori ne hanno sempre parlato, poco, con rispetto, ma hanno sempre fatto in modo di non far spegnere la fiammella della candela accesa nei cimiteri di Bardi. Ho già letto il libro della Soffici e ne consiglio lettura

  2. Laura Carpani

    Non ne avevo mai sentito parlare...

  3. Beppe Conti

    Grazie Gigi.
    Invito, molto cortesemente, la comunità di Bedonia, Associazioni, Amministrazione, a ricordare, anche con una piccola, semplice cerimonia, il sedicenne BEDONIESE LUIGI GONZAGA. Sarebbe un gesto importante e pieno di grande significato.

  4. Margreet Krul

    C'è una bellissima storia di questo evento nel libro di Marcello Fois: Stirpe

  5. Dolores

    Ho letto il libro omonimo.... sulla nave stipata all'inverosimile, gli italiani erano stati sistemati nella parte più bassa e con impedimenti, dove non avrebbero potuto avere nessuna via di fuga e scampo, in caso di affondamento, anche perchè, oltre ad impedimenti oggettivi, non avrebbero avuto sufficienti mezzi e attrezzature...
    Quando alle 6.58 il siluro colpi la nave, ebbero 40 minuti per disperarsi, per pensare a casa, per piangere, per pregare....
    Nella lunga lista dei dispersi, al n° 115 c'è un nome di uno scopolese: CHIAPPA EMILIO DOMENICO (16.9.1900) dei PILATI.

    Nel 2008 nel porto di Liverpool è stata messa una lapide-targa a ricordo dell'evento con foto e nomi dei periti nell'affondamento e in rispetto sono state gettate in acqua delle corone di fiori, ma anche per rappresentare Austria e Germania all'insegna dell'Europa unita e della pace.

    ARANDORA STAR (F.Musa)

    Fari di paura sula mare
    un rottame di nave a turbine
    di cavalli impazziti
    squarci di cielo.
    Una nebbia di uomini
    remota la sfinge di guerra
    errante un'ombra
    un figlio cercava suo padre.

  6. Daniela

    Ho sentito questa vicenda ma non la conosco bene cercherò il libro per approfondire Queste vicende non devono morire per la seconda volta

  7. Giuseppe Capella

    Storie di profughi cacciati dal loro paese adottivo o di origine per causa della guerra. Vittime di un conflitto che non avevano scelto e al quale probabilmente non credevano. Emigrati per miseria e per cercare un futuro migliore.
    Si consideravano inglesi, li lavoravano e pagavano le loro tasse, ma improvvisamente si sono scoperti stranieri e nemici.
    Un esempio di come la terra e' tonda e da qualsiasi parte la si guarda e' sempre uguale.

  8. Mirella Mariotti

    Bravo Gigi, si purtroppo è una storia trascurata. Anche un nostro pro-zio, mio e di Sandra Bruni (fratello d ns. Nonna materna) era tra i deportati: Zazzi Luigi 😥

  9. NDM

    "Collar the lot" (mettetegli tutti la guinzaglio). Fu con questa frase che nel Giugno del '40 quando Mussolini dichiarò guerra al Regno Unito, Churchill diede ordine di imprigionare tutti gli italiani - nella fattispecie - gli uomini tra i 16 e i 60 anni residenti da meno di 20 anni in terra d'Albione. L'operazione fu assegnata al mi5 (i servizi segreti brittanici) che avendo carta bianca, arrestavano a loro piacimento anche chi non costituiva nessuna minaccia per l'impero, spesso fu sufficiente avere un cognome italiano.

  10. Roberta

    Pare che la nave navigasse a luci spente e senza nulla che indicasse il trasporto umanitario, quindi sarebbe stata scambiata per una nave da guerra.
    Forse è stato un modo che hanno usato gli inglesi per sbarazzarsi di prigionieri? Ne sapete qualcosa?

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