Cuoche, chef e perpetue

Le origini della nostra cucina vanno ricercate, oltre che nelle terre confinanti, anche in canonica
È innegabile che in questi ultimi anni si faccia un gran parlare di chef o gourmet, dalla televisione ai giornali, passando per i social, per non dire, poi, dei corsi di cucina o di degustazione: insomma, ogni pretesto è buono pur di metterci in mezzo “Sua Maestà la Cucina” e tutto quello che le gira attorno. Di questo argomento ne ho parlato domenica con Maria Pina, e con lei, si sa, passare dall’oggi agli inizi del ’900 è un attimo, un salto all’indietro nel tempo quasi scontato. Eh sì, i nostri discorsi sono quasi sempre gli stessi: “Solocosebelle”.

Così inizia a parlarmi di quelle donne, ma anche di qualche uomo, che sapevano cucinare gustose pietanze, di piatti ancora oggi presenti sulle nostre tavole.
Per quasi tutte queste cuoche non c’era ovviamente un posto fisso presso le osterie, visto che queste erano quasi tutte a conduzione familiare; e così, per riuscire ugualmente a guadagnare qualche soldo in più, prestavano servizio nelle cucine delle famiglie più agiate e altolocate di Bedonia: Lagasi, Silva, Sozzi e Mantelli presso le case civili del centro storico, Berni e Capitelli nelle ville liberty di via Roma.
La possibilità di cucinare però non finiva lì, poiché la loro opera veniva anche prestata presso molte famiglie meno abbienti, in occasioni di matrimoni, comunioni e cresime, oppure come rinforzo in qualche trattoria durante i tre giorni della Madonna di San Marco o per il Ferragosto.

Tra queste figure si ricordano Ugo Bassi, cameriere e soprattutto pasticcere, in molti si rivolgevano a lui per la preparazione di torte nuziali o per dolci in circostanze importanti, e Gino Mallero, che insieme alla moglie Ines Brachi, gestiva la trattoria, detta di “Türetta”, in via Don Stefano Raffi (foto di copertina ed ex bar-balera Vaccari) e noto per la preparazione di uno dei nostri dolci tradizionali, il “Cacio Bavarese”. Un’altra curiosità che riguarda Gino è che durante il servizio militare prestò servizio come cameriere nella mensa ufficiali, dove, tra questi, c’era anche Gabriele D’Annunzio; era il 1919 durante l’occupazione di Zara per l’annessione di Fiume.

Maria Pina mi spiega inoltre che la cucina bedoniese è stata ovviamente influenzata dalla vicinanza con la montagna ligure e la Lunigiana (esempio tipico, quello delle torte vegetali salate), mentre, dalla parte della pianura, ben più dalle ricette piacentine che da quelle parmigiane.
Non erano poche le donne bedoniesi che sceglievano, o a cui veniva offerto, di fare la “Perpetua” in quella “terra da preti” che era Piacenza e i suoi dintorni, e l’occasione nasceva proprio da quei futuri parroci che avevano terminato di studiare presso il nostro Seminario. Tra quei fornelli imparavano nuove e gustose ricette, spesso trasmesse dalle stesse mamme dei sacerdoti o dalle usanze locali, e poi riproposte ai Bedoniesi una volta tornate a casa: la bomba di riso con i piccioni, i pissaréi, le lumache “alla bobbiese”, gli insaccati come la coppa, la torta di riso o il latte in piedi, preparato nel calssico stampo di rame, ne sono qualche esempio.
   
Fino a qualche decennio fa si diceva che a casa dei preti si mangiava e si beveva bene, ed era vero:  quasi tutte le parrocchie disponevano, infatti, di un “beneficio” (terreno, animali e mezzadro), per cui galline, uova, maiali e tanti prodotti dell’orto erano a disposizione per essere cucinati in modo egregio con erbe, spezie e “sapori” tipici del territorio piacentino... e Maria Pina ne sa qualcosa, per qualche anno ha studiato a casa di due zii preti a Piacenza.
A quei tempi c’era anche un detto, ormai dimenticato, che raccomandava ai giovanotti di evitare di prendere per moglie “Serva de prève e fiöra d’oste”, in quanto ragazze troppo abituate a mangiare bene, e quindi avvezze a spendere per avere sempre dinanzi un buon piatto e un delicato bicchiere di vino.

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5 Commenti
  1. Stefania Minoli

    Ma... questa e' una foto che conosco molto bene!! E' pure nell'album di nozze dei miei genitori.. sono nella cucina del ristorante dove avevano fatto il pranzo! 62 anni fa...

  2. Carla l

    Che bello e' stato rivedere persone conosciute nel mio passato bedoniese e il sindaco Scarpa. Bella anche la storia della cucina di Bedonia e la bomba di riso la preparo anche oggi alle mie figlie ma senza i piccioni

  3. Dolores

    Mio nonno Lino cav. Chiappa, che era stato cuoco in Francia e Germania per diverso tempo, negli anni '40, quando è tornato a casa definitivamente.. era chiamato spesso a cucinare il pranzo di nozze di paesani e dei paesi vicini. Aveva sempre con sé i suoi utensili che aveva portato dall'estero... ma anche la figlia maggiore Maria, la mia mamma, che lo aiutava nella sua proverbiale arte culinaria.

    Spesso i pranzi venivano consumati nella casa patronale o nelle sale più grandi del paese dove solitamente i giovani si trovavano a ballare... ma si spostava anche nelle trattorie vicine. Come alla Lecca per esempio. Al pranzo di mia cugina Adirce con Sandro, gli invitati tarsognini, non sapevano come fare a servirsi i salumi in bella vista guarniti di fiocchetti di burro con una fogliolina di prezzemolo... temendo di rovinare quella rosona spettacolare.

    La torta finale non aveva nulla da invidiare alla fantasia dei maestri pasticceri di oggi! Come quella che aveva preparato all'arrivo del nuovo parroco nel '50, don Vittorio Cupola, con messale e pisside in pasta dolce. Molte donne del paese offrivano il loro aiuto, quando poi il nonno lavorò in comune al fianco di Gianni Moglia 'Scarpa', che era spesso suo ospite insieme alla giunta comunale.

    Metteva tutta la sua inventiva con anche i piatti della nostra tradizione che cucinava nonna ...ho qualche vago ricordo di allegria, fervore, brindisi e il tintinnare di piatti e bicchieri. Ora tutto è passato, ma rimangono nel bel mobile antico dei nonni le vettovaglie che hanno servito tante persone illustri bedoniesi.... riposte e custodite con rispetto e forse tra 30... 50 anni saranno ancora lì...intatte... a ricordare il tempo passato.

  4. Stefano Bruschi

    ... io me li ricordo bene ...

    Per me, specialmente da piccolo, la Zia Ines (Bracchi) e lo Zio Gino (Mallero) erano l'incarnazione della Cucina erano I Cuochi ... non cuochi e non chef ... !?!
    Per fortuna non erano neppure "stellati" perché erano "solo" due grandi persone che facevano da mangiare in modo eccellente sopraffino con sentimento, esperienza ed onestà intellettuale, facevano piatti semplici ma grandi che tutti potevano capire e quindi gustare con grande soddisfazione per il corpo e lo spirito ... !!!
    Senza l'ansia da prestazione, senza l'ansia della "stella" ma con la sola preoccupazione di rendere felice e contento il cliente.

    Ricordo ancora le mitiche giornate legate al Santo Natale quando la grande famiglia si riuniva attorno ad un lungo e grande tavolo su cui passavano le succulente libagioni preparate, appunto, dagli Zii Ines e Gino, dalla Nonna Elvira, il tutto sotto l'occhio attento, attentissimo della Bisnonna Lisetta. Tutti gli altri erano considerati poco più che dilettanti e quindi affettuosamente tollerati ... ma guai ad intervenire se non esplicitamente chiamati ... !?!
    Una vera gioia lo stare in compagnia in una sorta di luculliano pranzo che iniziava la vigilia a base di crocetti e terminava a S.Stefano con i "resti" ... un lungo cammino le cui tappe erano scandite dai piatti di una tradizione culinaria che ahimè non esiste più se non sulla bibbia dell'Artusi !

    Forse il mio breve ricordo, il mio giudizio è influenzato dal fatto che ho parlato dei miei Zii, dei miei Nonni o meglio delle mie Nonne e seppur non citati, di tutti gli altri componenti questa grande famiglia. Però, credetemi, la realtà era questa !!!

    Grazie
    Stefano Bruschi

    ps: a proposito di ricordi, a proposito di Cuochi, senza nulla togliere a tanti altri, sento veramente il dovere ed il grande piacere di ricordare la grande Anna della Pergola ...!!!

  5. Dolores

    Ma com'è bello ricordare le persone a noi care!!!! Quelle che hanno lasciato dei ricordi che ti scaldano il cuore e che non ti lasceranno più... Più.... ma se ci fermiamo a pensare, parlando di cuochi/e... quanta fatica avranno fatto, senza frigo, senza utensili comodi o elettrici che conservano... Che velocizzano!!!!!????
    Dovevano fare tutto all'ultimo momento x non fare deteriorare gli ingredienti se nn erano nella stagione fredda che permetteva loro, col rigore delle temperature di conservarli. Chiudo gli occhi e vedo la neve, le finestre in alto.... con le 'superette' col ripieno di ricotta ed erbette x i 'turtei' o di carne x januen'...il gallo coperto x fare il brodo... la panna per la 'fiocca'....
    Ma se era estate, povere le nostre mamme, le nostre nonne, dormivano poco x preparare tutto quel ben di dio che poi si sarebbe consumato dopo la messa e dopo il vespero. Se erano feste 'grandi' arrivavano anche i parenti dei paesi vicini ed era tutto un 'lavorare'.... e' u pu' suttu l'era in bucca'.. Ma poi qualche volta facevano 'quattro salti'... e nell' allegria dimenticavano la stanchezza senza pensare che la loro gioventù era già lontana...

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