Dormire al tempo del pitale

Viaggio nelle camere d'albergo, spartane e senza comfort, ma ugualmente desiderate dai villeggianti
Maria Pina mi racconta che i turisti, siamo negli anni ‘50, arrivavano con le corriere di Carpani: una parte dei passeggeri proveniente dalla “pianura”, mentre gli altri dalla parte opposta, dal versante ligure. In piazza Micheli, dove c’era la sosta, le corriere in buona parte giungevano dalla stazione ferroviaria di Borgotaro, ma anche dalla tratta stradale Chiavari-Bedonia. Da questi pullman, alcuni con le valigie sul tetto, scendevano intere famiglie provenienti da Parma, Piacenza, La Spezia, Genova e dai dintorni di Milano. Di solito il soggiorno durava da uno a tre mesi.
 
Ad attenderli alla “fermata” c’erano alcuni bedoniesi intraprendenti: tra questi Paulén de Laghèsi (nonno dell’Ivana Genesoni Tonelli), Tógnu de Pansamòra (Antonio Barbieri) e un certo Camisa, dipendente delle autolinee del Cav. Lino Carpani. Queste persone fungevano da ufficio turistico e da agenzia immobiliare, ossia in pratica avvicinavano i villeggianti e, dopo aver sentito le loro richieste, li accompagnavano nei vari appartamenti o alla camera d’albergo.
 
Queste strutture ricettive erano generalmente osterie con alloggio ed erano assai modeste, spartane e con pochissimi comfort: nel corridoio c’era il water e il lavabo, mentre in camera, in inverno fredda come all’esterno, era presente un catino treppiede “u basén”, con sotto la brocca dell’acqua pulita, una saponetta, l’asciugamano e il secchio per quella sporca, mentre nel comodino trovava posto il “pitale” per la notte. Solo l’Albergo San Marco aveva una stanza da bagno un po’ più decorosa, ma pur sempre a uso comune.

Questa era la ricezione alberghiera negli anni ’50, agli occhi di oggi nemmeno degna di “una stella”. Eppure i nostri vacanzieri ci si trovavano ugualmente bene, tant’è che c’erano diverse famiglie che trascorrevano le vacanze sempre negli stessi luoghi e per diversi anni, tanto da diventare quasi di famiglia; ma non solo: quando tornavano in città si trasformavano nel nostro biglietto da visita, e la buona pubblicità che facevano al nostro paese era poi riscontrabile l’anno successivo… Questa bella consuetudine cessò, ahimè, con la fine degli anni ’70.
 
Nel prossimo appuntamento, grazie a Peppino Serpagli, ricostruiremo quali erano gli alberghi bedoniesi, e, successivamente, seguirà l’argomento “gastronomia” sempre con Maria Pina, sì, perché al piano terra di queste “pensioni”, oltre al bar, c’era ovviamente la cucina, certamente spartana, ma gestita da cuoche eccellenti, capaci di preparare piatti fedeli alla tradizione “pievasca”, ben curati e approntati con ingredienti genuini: materia prima che oggi si direbbe “a km zero”, mentre allora era semplicemente quella dell’orto, raccolta oltre il cortile.

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11 Commenti
  1. D

    Arrivavo anche io e mio gemello Walter, negli anni 60.70, con la corriera che prendevamo a Chiavari, arrivando da Genova col treno dove ci aveva accompagnato papa'. Ogni vacanza festiva o estiva, il pomeriggio stesso di fine scuola, arrivavamo perché i nostri genitori volevano ci godessimo ogni singolo giorno di vacanza nel nostro paesello, lassu''tra i bricchi'.
    Come eravamo felici su quella corrierona guidata da 'Tri omi' che sfiorava i pendii sul Bocco e strombazzava ad ogni innumerevole curva. Noi dodicenni, ci sentivamo grandi e responsabili, ma quando prendevamo la seconda corriera davanti al "Bar della stazione" per Bardi, non vedevamo l'ora di sentire la voce di nonna sopra il bivio di Scopolo: alura si riva'......
    Ci aspettavano giorni di sogno... di aiuto ai nonni e di ritorno alle origini che avevamo dovuto lasciare nostro malgrado. Arrivavano anche i villeggianti che prendevano in affitto delle case comprandone anche (da Bologna, Piacenza, La Spezia, Padova, Bergamo) e qualcuno si è pure accasato come Roberto e Gianni.
    Quando sento criticare i paesi di montagna ne soffro perché non è vero che solo chi c'è nato lo ama... Certi paesi entrano nel cuore e non ne escono più... Non sempre la mancanza di comodità diventa un ostacolo... anzi alle volte diventa un valore aggiunto. Le comodità e svaghi sono poco dietro la curva... con locali attrezzati, eleganti attrazioni, feste. Ma gli scenari montani che ci sono... inimmaginabili! Li la mente si rilassa e ci si sente invadere da una pace impagabile che riscalda il cuore...

  2. Mimmo

    Bellissime storie, sia quella del signor Cavalli, che quella del commento precedente del signor D.
    Storie di altri tempi, peccato che come ha detto il signore Cavalli siano terminate verso gli anni 70, ma perché? Perché altre località si sono sapute reinventare e hanno investito verso le accoglimento turistico, e l Appennino Emiliano non è riuscito in questa sfida ? Quali le cause?

  3. Isabella

    Pensare che ad Anzola c'erano tre osterie e tutte e tre con camere per i villeggianti... ma non bastavano e si affittavano soffitte cantine e pollai!
    Quanta gente c'era... la sera le signore si mettevano eleganti per andare a prendere il caffè o il gelato da "Marco"... dalla "Rina" e da "Pietro "... e si passeggiava avanti e indietro... da casa delle Biggine fino alla scuola (il tratto con i lampioni), invece i primi filarini sulle panchine della strada per Revoleto (un po più buia).
    Che tempi ragazzi! I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA! ❤️

  4. Manuela M.

    Se pur non vi sono nata adoro questi luoghi, nei primi anni '70, aspettavo le vacanze di scuola e attaccata com'ero ai nonni, originari di lassù ricordo quando partivamo con poche valigie dalla stazione delle corriere di Chiavari, su su per il Passo del Bocco, arrivati a Bedonia un'altra corriera per arrivare ad Anzola e poi il più delle volte ancora due km a piedi per arrivare al paesello se non trovavi il taxista Paul o il Livio che si prestava moltissimo in estate a fare trasporti di persone.
    Anche se non eri nato lì, la genuinità delle persone, i valori che avevano allora ancora un po' tutti ti sentivi sempre a casa e non nego nelle "nostre" belle montagne che non avevano nulla da invidiare ad altri luoghi e purtroppo non ne conosco il motivo per cui le hanno lasciate morire, io lì mi sentivo sempre una piccola, grande Headi per tutto quello che nelle città non avresti mai avuto.
    Speriamo tornino tempi così belli e grazie Gigi di trasmettere un po' di conoscenza alle nuove generazioni, perché non sono passati cent'anni ma per tutto quello che abbiamo perso e stiamo perdendo ne sembrano passati molti di più.

  5. Peppino Serpagli

    Grazie Isabella per le info su Anzola. Nel mio racconto sugli antichi alberghi di Bedonia che presto il buon Gigi pubblicherà, spero ben corredato di foto. ho scritto quanto segue.

    "Non so nulla dell'alta Val Ceno, ma penso che ad Anzola e Ponteceno qualcosa ci fosse, certamente osterie (come quella della madre della Rosalba di Anzola) e ristoranti."

    Lei sa qualcosa di Ponteceno o magari persino di Cornolo, che era l'incubo delle maestrine perché raggiungibile solo a piedi o a dorso di mulo? Cordialità
    Peppino Serpagli

  6. Dolores

    Anche a scopolo c'era la trattoria_osteria Pambianchi che aveva anche un emporio rifornitissimo dove si trovava dalla pasta alla stoppa... Dai chiodi al 'lustro` da scarpe... Dai liquori allo zucchero.. Alle scope... Ma offriva posti letto ai numerosi e fedeli villeggianti e si mangiava divinamente nei pranzi nuziali...di compagnie e dei cacciatori. In fondo al bivio sulla provinciale tra Bedonia e Bardi, un grosso cartellone pubblicizzava i propri salumi che erano famosi nella zona e presenti nei libri di culinaria e che attirava la
    gente x generose merende sotto il pergolato di uva frambosa. Prima c'era Pinen e la Majetta. Poi continuò il figlio Drea e la Gina e poi ancora Giuseppe e Clara. Ora quella grande casa gialla che era un punto di riferimento per il paese e dintorni é diventata una superba abitazione degli ultimi esercenti. Ma rimane ancora il vecchio campanello che segnalava l'entrata di un cliente e quel trillo ricorda i suoi padroni che accoglievano tutti con un sorriso e offrivano la loro disponibilità come uno di famiglia. Tutti hanno conservato questa caratteristica e ancora adesso... Sappiamo che Giuseppe e Clara. Sempre disponibili al bisogno. ci aspettano e ci salutano alla nostra partenza come fossimo importanti al loro cuore e loro al nostro...

  7. Paolo Grisenti

    Non dimentichiamoci che nel comune di Bedonia esistevano ancora frazioni senza strada e acqua... come Fontanino dove il cambiamento radicale con l'apertura di una strada bianca e il conseguente acquedotto comunale è avvenuto solamente nel 1974

  8. Dolores

    Barzelletta:
    du done tutt'e' matten.ne... I vena fo'ra dare sa ca' cou buca' in man per nalu a voda'e i se saluttena. Un giunto junna a ve fo'ra con du bucca' e a passa dritta. Alura l'altra dona a disa: varda che superbia. Da quando a ga'duppi servissci... A ne salutta gnanca po'....

    Traduzione: donne tutte le mattine escono dalle proprie case col pitale in mano per andare a svuotarlo e si salutano. Un giorno una esce con 2 pitali e passa diritta. L'altra donna: guarda che superba. Da quando ha i doppi servizi... Non saluta nemmeno più....

  9. Graziella

    Allora mi sento tirata in causa pure io...
    Da piccola abitavo con la mia famiglia a Cremona ma avevo i miei nonni materni a Scopolo e quelli paterni ai Pilati.
    Quando c'erano le vacanze sia a Natale che a Pasqua e nei mesi estivi da giugno a ottobre passavo tutto questo periodo nel nostro bel ''paesello''. Quando i miei genitori non mi potevano accompagnare, io e mio fratello diventavamo molto tristi e irrequieti, perchè i nostri amici a Scopolo ci aspettavano e non c'era niente che ci fermava. Capricci a oltranza fino a che mio papà ci prepareva un bel cartellino da attaccare al collo con un nastro e ci portava in stazione a Cremona, con destinazione Bedonia. Sul cartellino c'era scritto: nome, cognome, indirizzo, numero di telefono e i vari passaggi che dovevamo fare.
    Littorina Cremona-Fidenza, scendere e prendere il locale per Fornovo, quindi aspettare 30 minuti e riprendere il diretto per Borgotaro. All'arrivo corriera blu di Carpani fino a Bedonia e finalmente il nonno Sandro ci aspettava nella Piazza Sen. Micheli e con la Balilla dello zio Andrea Pambianchi, carica di pacchi si arrivava a Scopolo: il paese dei balocchi... il piu' bello del mondo.
    Tutto questo ambaradan per la modica cifra di 300 lire. Infatti eravamo talmente piccoli che il papa Alberto faceva mezzo biglietto a testa con la cifra di uno intero per adulti. Era la nostra prova di coraggio e cosi siamo diventati grandi con questo bel ricordo.
    Quando cominciavamo a vedere dal finestrino del treno le nostre montagne e le ciminiere della Cementi Rossi di Borgotaro ci si apriva il cuore e cabiavamo il colore dei nostri musini pallidi cresciuti in pianura. Se succedesse attualmente i genitori sarebbero gia' in galera e segnalati dal Telefono Azzurro per abbandono di minori...
    Mio fratello Silvano quando arrivavamo in piazza a Scopolo mi diceva ''io sento gia il profumo della torta di riso della nonna Giovanna e quella di marmellata di prugne della zia Marietta". Quei profumi sono rimasti nel nostro naso e nel nostro cuore e non c'e nessuna merendina che tenga... Quelle erano le cose buone e vere..
    Ciao a tutti.

  10. Anna Chiappa

    Graziella
    Hai fatto venire al tuo zio Adriano una grande nostalgia.
    Grazie Gigi per questi bei ricordi che non si dimenticono mai.
    Buon Natale a tutti!
    Adriano e famiglia.

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