Ode alla Ginestra

L'incontro con la pittrice Luciana Riva è stata un'occasione per avvicinarsi alla sua arte e per conoscerla più a fondo
Quadri appesi alle pareti un po’ ovunque, mentre altri sono sistemati sui cavalletti, tanti da riempire a dismisura la stanza, proprio come in una galleria d’arte. C’è libero solo un ritaglio con due poltrone e un tavolino con sopra tubetti di colore, pennelli e cataloghi, pubblicazioni che rimandano a mostre allestite nel tempo a Parma, Bologna, Salsomaggiore, Cortona, Bedonia o Montecatini.
Luciana Riva ha allestito le sue opere in quel che un tempo era il negozio delle sorelle Serventi. Istintivamente mi siedo sulla poltrona vuota e le parole iniziano a mescolarsi a quell’infinità di colori racchiusi nelle cornici alle nostre spalle.

Se per brevità dovessi racchiudere in un concetto i quadri della pittrice, il titolo più appropriato sarebbe: "Ode alla Ginestra", anche se mi ha poi rivelato che il suo fiore prediletto è il papavero, ma anche qual è quello più avversato: “No, il Girasole, non l’ho mai dipinto, con quel capo chino lo trovo triste. Così come non potrei dipingere la stagione invernale, sono giorni senza sole e quindi con una luce attutita e fredda, mi spingo fino all’inizio dell’autunno, quando è ancora allegra e calda”.

Non c’è dubbio che questo cespuglio giallo sia stato, per almeno due decenni, una sorta di “firma” astratta dei suoi quadri, poiché era sufficiente osservare una delle sue tele per identificare l’autore. È proprio questo che mi piace, sia in lei come con altri artisti: coglierne all'istante l’essenza, senza dover leggere il nome apposto nell’angolo.

I suoi campi di fiori spontanei mi hanno sempre trasmesso serenità, e ricordo benissimo il momento in cui vidi per la prima volta un suo quadro: era appeso al muro del ristorante “La Pergola”, raffigurava un campo primaverile con un’infinità di fiorellini bianchi e gialli, in gran parte di camomilla. Da quel capodanno del 1982 sono passati oltre quarant’anni, ma nonostante il tempo trascorso conservo ancora piacevolmente quella prima impressione che mi suscitò nel guardarlo (la foto è in allegato).

Con il nuovo millennio è poi mutato il suo senso d’ispirazione, ed ho notato che ha iniziato a ritrarre viali alberati, giardini fioriti e angoli caratteristici di Parma e della “Bassa”, di Bedonia o del Levante Ligure. Tra queste scene si distinguono angoli conosciuti e piacevoli: il Parco Ducale di Parma, le aiuole di eleganti ville liberty di Tarsogno, i vialetti del parco del nostro Seminario e alcune caratteristiche corti del centro storico bedoniese. Così, quegli ampi campi di fiori hanno ceduto lo spazio ai tigli, alle ortensie, al glicine e a scenari rupestri, ma non solo: negli ultimi anni ha introdotto nella scena anche le figure, ed è lei stessa a confermarlo: “Guarda, il motivo è semplice: essendo un’estimatrice della pittrice francese Berthe Morisot, una delle poche donne impressioniste, mi è sempre piaciuta la sua intuizione di inserire nella scena sempre nuovi particolari. È così che ho iniziato ad entrare più nel primo piano, a dare risalto ai dettagli, pur rispettando sempre i chiaro-scuri, le ombre o quei fasci di luce calda… Però non si può mai dire, magari un giorno ritornerò quella che ero un tempo”.

Ecco, un tempo… Facciamo un passo indietro, perché Luciana è originaria di Noceto, e solo dopo il matrimonio con Federico Pizzi è divenuta bedoniese “per adozione”. Federico lo incontrò quando, terminati gli studi di scenografia all’Istituto d’Arte Toschi, venne incaricata di insegnare disegno su e giù per la Valtaro -prima a Fidenza, poi Santa Maria del Taro e Bedonia, infine l’incarico a Borgotaro: “Ancora oggi incontro tanti miei studenti, mi fermano per salutarmi ma sono così cambiati che fatico a riconoscerli. Ogni tanto trovo anche qualche ragazza che mi ispira… Vedi quella ragazza là con le trecce? Era una mia studentessa. Come anche lo era questa ragazza con il cagnolino -che non vuole essere un ritratto perché li trovo ormai sorpassati: è immersa in colori autunnali… con questo colpo di luce che entra nella stanza e li colpisce, dando un movimento solo apparente… un po’ ricorda le visioni di Hopper.”

Il tempo è piacevolmente trascorso, ed è arrivato il momento dei saluti: “Sono ormai cinquant’anni e più che dipingo… Posso dire di aver vissuto facendo ciò che mi piaceva, non avrei mai potuto fare la ragioniera come ambiva mia mamma. Per fortuna mi ha assecondata mio padre! Oggi, il mio unico desiderio sarebbe quello di tenere in mano il pennello fino a quando non incontrerò nuovamente Federico”.

La pittrice Luciana Riva con alcuni suoi quadri e ricordi



7 Commenti
  1. Giovanni P.

    Grazie alla prof.ssa Riva tanti di noi hanno sviluppato la passione per la fotografia!! Grazie Luciana!!!

  2. Sonia Carini

    Una buona mano e una visione impressionista

  3. Giacomino G.

    Ricordo con molto affetto e dovuta riconoscenza la prof.ssa Luciana Riva, sia per gli insegnamenti ricevuti che per il comportamento da "sorella maggiore" che aveva con noi alunni. Complimenti per le sue bellissime opere e grazie ancora. Ciao Luciana.

  4. Nari'

    Carissima Luciana, sono davvero felice di rivedere te, ma soprattutto i tuoi fiori e i tuoi colori, ora rinnovati, ma che da soli parlano di te e della tua arte. Complimenti!
    Spero di poterli vedere di persona in occasione della prossima mostra.
    (se riesci mandami un invito! c.nari)

  5. Catia

    Ma quanto sei brava ! Ricordo i primi papaveri , le tue mille pennellate . Ne hai fatta di strada. Nei tuoi quadri vedo sempre più luce. E vedo la tua grande passione che ti ha portato ad essere veramente una grande pittrice.
    Catia

  6. Giovanni Pattoneri

    Grazie alla prof.ssa Riva tanti di noi hanno sviluppato la passione per la fotografia!!
    Grazie Luciana!!!

  7. Maria Grazia Sabini

    La mia prof! Devo a lei la mia passione per pittura e disegno

Commenta

Somma e invia : 6 + 12 =
Accetto Non accetto


Resta aggiornato

Post simili

Quando si andava a prendere il latte

Un ricordo di quando si andava a prendere il latte nella stalla o dal lattaio con la bottiglia di vetro, o di quando te lo consegnavano a casa

Mauro il ciabattino

Dopo quasi un secolo, chiude l\'ultimo laboratorio da calzolaio bedoniese

Guido Sghia: barba, capelli e politica

Personaggio bedoniese che dei suoi 94 anni, 74 li passò in barberia, oltre a due decenni impegnati nella politica locale

Sagra delle torte bedoniesi

Il 5 giugno ritorna l'appuntamento per affermare la nostra cultura culinaria contadina

Da 80 anni svetta dal monte Penna

Celebrato l'anniversario della posa della statua a protezione delle valli del Taro e del Ceno

Le querce di Panfurmaju

I due alberi erano uno spaccato di storia locale e identificavano i ricordi di diverse generazioni