Donne al bar
Quando sedersi al tavolino di un bar era considerato un atto inadeguato per molte donne
Questa non facile decisione era stata meditata la domenica precedente, dopo che erano entrate al bar per prendersi un cono gelato. Le ragazze notarono che, sedute in "terrazza", c'erano delle loro coetanee: Franca e Giovanna Bassi, Tittì e Silvana Chiappari. Non solo, in un altro tavolino, altre cinque donne: Ninì Sozzi, Sara e Bruna Lagasi e Maria Rossi.
A raccontare questi avvenimenti è una delle sette audaci ragazze, Maria Pina Agazzi, che ancora oggi ricorda quel momento con precisione: "Fu una vera emozione, una sorta di conquista, nonostante ci fosse il timore di essere viste da qualche familiare".
Oggi lo daremmo per scontato, ma, fino alla metà degli anni ’50, frequentare il bar era una prerogativa quasi esclusivamente maschile: "Alla domenica pomeriggio si notava, sì, qualche coppia seduta al bar Mantelli, al Mellini o da Biasotti, ma per lo più appartenenti al ceto borghese".
Era ancora un'epoca in cui le donne erano relegate a precisi compiti domestici: fare la spesa; lavare i panni nel torrente Pelpirana -o, come si diceva, a lavê i fati zü inta jèra”-; andare a "prendere il fuoco", come dicevano le persone più povere, che talvolta non avevano neanche i fiammiferi per accendere la stufa, dovendo così chiedere le braci ad altri. Quando poi uscivano di casa per recarsi alle funzioni religiose dovevano attenersi ad alcune prescrizioni: indossare il velo in testa, la maglia con le maniche lunghe e le calze sopra al ginocchio.
Maria Pina continua con altri ricordi: "Non vedevamo l'ora di andare alle funzioni religiose: perciò, si può ben immaginare quante messe, tridui, novene e vespri abbiamo ascoltato pur di andare fuori da sole! In quelle occasioni, dopo essere uscite dalla chiesa, era un vero piacere passeggiare a braccetto, e si andava avanti e indietro per la Pieve: dalla 'Caserma vecchia' fin da 'Fifetto' (ossia da metà via Mons. Checchi all'inizio di via Roma); e saremmo state considerate poco serie se avessimo superato tali limiti. Su quel tratto di strada, si dovevano poi affrontare i giovani appollaiati sul muretto davanti al Mellini, che, come fossero giurati di Miss Italia, si sentivano autorizzati ad emettere le loro pittoresche classifiche… Poi, la domenica pomeriggio, noi giovincelle andavamo all'asilo delle suore per giocare e ascoltare musica, con i dischi suonati su un fonografo a manovella. Le più audaci facevano anche una capatina all'osteria "U Rìssu", sulla Costabelvedere, per qualche ballo improvvisato, per poi raggiungere l'asilo ansiose e trafelate”.
L'introduzione della televisione nei bar, avvenuta nel 1954, ebbe un impatto significativo sugli stili di vita e sulle abitudini sociali, influenzando le mode e le tendenze culturali attraverso programmi di varietà, spettacoli musicali e pubblicità. Con il quiz "Lascia o Raddoppia", trasmesso a partire dal 1955, anche le signore e le ragazze, sempre accompagnate dal marito o dal papà, cominciarono a frequentare il bar. Così, entrare nei locali con il televisore, come al Mellini, alla pasticceria Biasotti, al bar Mantelli, al bar Italo o all'osteria Perito, divenne una prassi consolidata per entrambi i sessi.
Nei primi anni '60, quando a Bedonia arrivò anche il jukebox, la "Terrazza fiorita" del bar Mellini iniziò ad essere frequentata giorno e notte, finalmente e indistintamente, da ragazze e ragazzi. Poi l'arrivo dei militari per i campi estivi fece il resto, ponendo fine ad ogni tipo di disparità: "Ancora oggi frequento assiduamente il bar con le amiche. Le ore trascorse sedute al tavolino sono veramente rilassanti e piacevoli, tanto che mi sento persino rinvigorita e spensierata... quasi come allora".
* Ringrazio la famiglia Ambanelli-Mellini per la gentile concessione delle fotografie.
Ha collaborato a questo post:
Bellissima storia, per me che sono nata nel bar mi sembra una cosa irreale. Viva la libertà! Aggiungo un piccolo particolare, il primo Bar pasticceria a Bedonia ad aver la televisione era stato il bar Biasotti. Grande Gigi !
Questa è vera storia, bravo, fa così bene ripassare i nostri tempi
Per assaporare i diritti di oggi, è giusto conoscere come erano trattate le nostre donne fino al 68
Ammetto che non dovrei scriverlo io perchè sono parte in causa, avendo amico Esvaso e Mamma in veste di scrittrice, ma questo spaccato di vita di ormai ....anta anni fa (per non rivelare età della scrittrice) è veramente illuminante, perchè si da tutto per scontato e si perde memoria della evoluzione della nostra società, ma anche i cambiamenti che sono in corso, e che non enumero e menziono espressamente, ora come allora infastidiscono qualcuno di noi, sicuramente, ma in futuro saranno ovvietà per chi non se li è dovuti conquistare... peraltro, altro fattore che mi colpiesce di questo pezzo e che non saprei descrivere la vita della scrittrice senza le quotidiane ore di lavoro con le giovani amiche al bar.
E comunque complimenti a tutti e due, e in particolare a Gigi per il tempismo con la festa della donna... dato che il pezzo è stato scritto in questi giorni pensavo lo pubblicasse nel 2025...
Sì è esatto. Fino ai primi anni '70, andare al bar o semplicemente al cinema da sola, era comune considerarli atteggiamenti da evitare per non essere additate dall’altro sesso, anche in famiglia. Oggi questa pratica, è come "gender segregation", ed è ancora diffusa in molte società e culture.
Fortunatamente, da ormai mezzo secolo e più, molte di queste libertà sono state conquistate e gradualmente eliminate, soprattutto grazie al nostro attivismo femminile.
Mio padre non voleva che io e mia sorella da ragazzette frequentassimo i bar, ovviamente non appena lui rientrava a Milano dopo il fine settimana, noi ignoravamo il divieto.
Ora che di anni ne ho molti di più anzi, oramai sono una vecchietta, ho ancora quel senso di disagio nell'entrare in un bar da sola, memore di quel divieto paterno.
Il tanto discusso '68, insieme ai movimenti femministi, ha però contribuito a mettere in luce tutte queste ingiustizie, ottenendo maggiori diritti e libertà per le donne. Nei piccoli paesi, forse a causa di consuetudini ataviche, le discriminazioni e limitazioni erano diffuse, come ad esempio il semplice atto di sedersi al bar a bere un innocente caffè. Purtroppo le nostre nonne erano spesso destinate a ruoli tradizionali, domestiche e madri, senza che un solo uomo si ponesse il problema.