Osteria du Peritu

Un racconto che dipinge una storia familiare, fatta di tradizioni e di enogastronomia locale
La storia di questa osteria non può che essere raccontata da Maria Pina Agazzi, poiché in quei locali un po' offuscati dagli incalliti fumatori, ma inondati dai piacevoli vapori della cucina tra tintinnanti bicchieri di Barbera, lei c'è nata e cresciuta.

Tutto ha inizio con il crollo economico del 1929, la famosa "recessione americana", evento d'Oltreoceano che tuttavia contagiò con i suoi effetti negativi anche l'Italia. In quella tragica circostanza, anche l'attività del geometra Giuseppe Agazzi ne risentì, tanto da portare al fallimento della sua ditta, impegnata nella produzione di mattoni (la fabbrica, seppure in stato di abbandono, è ancora oggi visibile in località Follo, alle porte di Bedonia). Giuseppe fu così costretto a vendere a suo fratello Giovanni (padre di Maria Pina) un immobile situato nel centro storico, in via Trento (già sede di un opificio per la produzione di pasta fresca gestito dalla famiglia Ratto, il cui punto vendita al dettaglio era presso il loro negozio di "commestibili" in via Garibaldi, poi ceduto alla famiglia Tedaldi).

L'acquisto del fabbricato da parte di Giovanni - fino ad allora impiegato a Menaggio, sul lago di Como, presso uno zio - fu motivata dal desiderio di aprirci un'osteria. Il nome "Peritu", termine dialettale che significa "geometra", fu poi utilizzato dai Bedoniesi in quanto l'edificio era già in precedenza conosciuto come la "casa del perito".

Nel 1936, Giovanni, o meglio Giovanéttú, come tutti lo chiamavano, decise di andare oltre al classico bicchiere di vino e al piatto di brodo, iniziando a offrire un servizio di cucina più ricercato. L'impulso gli venne dal matrimonio con Leonilde De Giacomi - la famiglia era originaria di Solignano - più giovane di lui e con poca esperienza in cucina, ma che, nonostante ciò, rappresentò per l'Agazzi una vera fortuna. La coppia non si lasciò scoraggiare dalla mancanza di esperienza: decisero di chiamare in aiuto alcuni Bedoniesi esperti in "tegami e fornelli", tra cui un Lagasi "Falampo" (non ricordiamo il nome), Enrico Ponzini (padre di Dino di Michelucci), Teresina Soldati e Paolina "de Piaseinsa" (Paola Serpagli e nonna di Franco Danzi).
Maria Pina ricorda: "Un grande aiuto a Leonilde lo diede anche tua nonna ‘Tina' (Valentina Sghia in Cavalli), che le suggerì diverse ricette tradizionali, oltre a regalarle il rinomato ricettario dell'Artusi e lo stampo per fare i crocetti... All'epoca, tra commercianti ci si aiutava molto".

La cucina, con il tempo, ottenne un buon riscontro, anche se, fino agli anni '70, erano pochi i Pievaschi che andavano a "mangiare fuori". I clienti più assidui erano coloro che venivano a Bedonia per motivi di lavoro: fra questi, molti "commessi viaggiatori" provenienti da Parma, impegnati nella vendita di salumi, alimentari e dolciumi, ma soprattutto quelli di calzature, cappelli e ombrelli, che frequentavano i negozi di Raggi e Salini: Magli di Bologna, Castelli di Varese, Barbisio di Biella e Borsalino di Alessandria.

L'osteria era particolarmente frequentata nei mesi estivi, tant'è che i posti sotto il grande pergolato di uva americana erano molto ambiti. Durante la festività della Madonna di San Marco o le fiere, il pergolato veniva ampliato con frasche di castagno e rami di nocciolo. In autunno e inverno, invece, i tavoli venivano spostati all'interno, dove si ritrovavano i giocatori di carte piacentine. Nella stanza al piano superiore, tra decine di sigarette e bicchierini di sambuca, tra cancheri e madonne, gli uomini si lasciavano andare in lunghe partite di poker e di concincina. Quella stessa sala, nei mesi estivi, veniva però allestita e utilizzata per pranzi e cene, e così ad una certa ora, per poterla pulire ed apparecchiare i tavoli, i giocatori venivano fatti sloggiare -ma non senza sentirsi rispondere: "Oh, vegnerà anca l'invernu!". Quella sorta di "bisca" andò avanti fino a quando alcune mogli, stanche di quell'azzardo senza freni, avvertirono i Carabinieri, mettendo così fine a quel ritrovo di bontemponi.

Giovanni, fin da subito, prestò molta attenzione alla qualità del vino, tanto da diventarne un vero appassionato. Maria Pina racconta: "Ricordo che mio papà frequentava le zone vinicole d'Italia, come Canelli, Oltrepò Pavese, Valpolicella, Langhe e il Piacentino, in particolare Albarola e Vicobarone. Una volta scelto il vino, ripassava nei mesi invernali, aiutato da qualche amico camionista, per fare il carico di botti e damigiane. Scoprire e far apprezzare nuovi vini lo portò a consolidare rapidamente la reputazione dell'osteria, senza però dimenticare il vino di pronta beva a prezzo modico, come richiedeva la maggior parte dei clienti".

A metà degli anni '60, l'Ente del Turismo di Parma, in seguito ad alcuni lavori di adeguamento, classificò l'osteria come "locanda", poiché in ogni stanza c'era un lavabo, anche se i servizi restavano in comune. Maria Pina ricorda un aneddoto legato a questa circostanza: "Mio papà, orgoglioso della promozione, quando rispondeva al telefono - anche quello recentemente installato - diceva: ‘Pronto, locanda Agazzi... parla il direttore', mentre mamma lo riprendeva alle spalle per quella sua superflua puntualizzazione".

La chiusura del locale avvenne nel 1977. Ancora oggi, alcune persone anziane ricordano con affetto l'osteria dau Peritu, insieme ai suoi buoni vini e alla sua cucina tradizionale, fatta di piatti come trippa (acquistata dalla macelleria di Cecchino e Lazzaro Mariani), merluzzo/stoccafisso (al venerdì), lumache in umido, crocetti, anolini, bolliti, torte di patate, torta d'erbe e, dulcis in fundo, il cacio bavarese.

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6 Commenti
  1. Vale DB

    Paola Serpagli, mia bisnonna materna, soprannominata "de Piaseinsa" poiché andava spesso a lavorare nel piacentino e li conobbe il mio bisnonno.
    Grazie a Gigi e Maria Pina per questi ricordi, a noi non raccontavano molto, solo cose frammentarie

  2. Francesca Danzi

    Non lo sapevo. L'ho conosciuta, la nonna dei miei cugini, ma non avevano mai parlato del lavoro in gioventù, però sua figlia, mia zia, cucinava benissimo. Aveva avuto la mamma come maestra.... grazie a tutti

  3. Edp

    Sì mi ricordo negli anni 60-70, più in alto c'era un'officina du vicchen de tornolo, poi dalla parte sinistra c'era il cinema orfeo e il negozio di Bagnetta.
    Mi ricordo che forse la figlia era una maestra sposata con il figlio del famoso maestro ROSSI, ma e molto tempo nel passato. Poche persone si ricordano ormai della vecchia Bedonia per esempio quando il Pelpirana non era coperto

  4. Marcella

    Presa dall'entusiasmo son andata a cercare gli stampi per i crocetti, o corzetti in Liguria.
    Mai fatti nè sentiti nominare. Vedem... 😉

  5. M.Grazia

    Bellissimo articolo, grazie Gigi. Cari saluti da M.Grazia ( figlia di Dino Michelucci)

  6. Carlos Alberto Bertani

    Ho molti ricordi di quando visitai per la prima volta la bella e antica Bedonia nel 1962, forse migliori di quelli attuali che Maria Pina mi ricorda sempre.

    Ricordo con nostalgia l'osteria, la zia Leonilde, Giovani U Perito, i tuoi fratelli e le famiglie Bertani di Castellaro e De Giacomi di Roncole, la nonna.

    Grazie Maria Pina per questo e spero che continuerai a farli.

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