La notte del ballo tradizionale

Approfitto della preziosa ospitalità di Gigi, anch'egli socio del comitato "Veterrima Plebs", per qualche considerazione, vista la buona riuscita della festa da noi organizzata nella piazza antistante la chiesa.

Si tratta della 5° "Festa da ballo liscio tradizionale", manifestazione inaugurata nel 2004, ma avendo alle spalle l'esperienza di ben cinque feste "Pro restauro oratorio di San Rocco" tra il 1995 e il '99: feste, quelle, fatte al modo usuale, con ampia sezione mangereccia e un'orchestra conosciuta in zona, che infatti riuscirono nell'intento.

Del tutto diverso è invece lo scopo di queste manifestazioni, ossia offrire ai Bedoniesi e agli ospiti estivi una serata diversa dal solito, che valorizzi il centro storico di Bedonia attraverso un evento musicale di tradizione e di qualità: e il riscontro, quest'anno, è stato tangibile, posto che la piazza era piena nonostante la concorrenza di una festa importante come quella di Carniglia.

Sul palco, ossia sul sagrato della chiesa, era un gruppo di giovani mantovani, "I Musicanti d'la Bàsa", che ha proposto brani di vecchio liscio emiliano con strumenti originali (tra cui "fisa", chitarra e ocarina) e senza le famigerate "basi" elettroniche, musiche piacevoli ma soprattutto musiche da ballo. Il motivo per cui un'associazione come "Veterrima Plebs", attenta alle testimonianze storiche, organizza questa serata estiva è infatti quello di recuperare un momento forte dell'antica cultura paesana, ossia il senso della festa: con i suoi ambienti, le sue atmosfere e le sue gradevoli sonorità accompagnate dall'animazione del ballo comunitario.

Grazie a un valido insegnante come "Gipi", dai Malvisi di Morfasso (PC), presente con un gruppo di ballerini, si sono anche proposte e fatte ballare, per la prima volta a Bedonia, diverse danze popolari, che hanno riscosso la curiosità del pubblico. Ma ugualmente apprezzati sono stati i pezzi del vecchio liscio, che a più riprese hanno visto in pista un sufficiente numero di coppie.

Con queste premesse, crediamo che, alla prossima occasione, suonatori esperti che eseguano senza interruzione dell'ottimo liscio "all'antica" riuscirebbero a portare in pista una parte consistente di pubblico, con pieno divertimento e soddisfazione. Certo, in quel caso la spesa sarebbe maggiore, e sarebbe dunque importante un contributo anche dell'Amministrazione Pubblica o di qualche esercizio commerciale del centro...

Arrivederci dunque un altr'anno, e un caloroso grazie a quanti hanno in vario modo dato il loro aiuto e sostegno.

Foto: alcuni momenti della serata



15 Commenti
  1. Tiziano F

    Peccato essermi perso la serata, questo ballo va sostenuto e bravi ragazzi a diffondere la cultura delle nostre terre. Sapete che esiste anche il ballo delle 4 Provincie e quindi la Val di Taro e la Val di Ceno ne fanno parte? Se sarà riproposta ne faro’ parte e vi incontrero’.
    Un arrivederci e complimenti ancora. Tiziano

  2. Gigi Cavalli

    Per correttezza riporto la formazione dei "Musicanti d'la Bàsa" che ha rallegrato la serata bedoniese:

    Nicholas Marturini: Fisarmonica cromatica, Organetto diatonico e Chitarra ritmica;
    Luca Lodi: Cornamusa francese, Ocarine di Budrio e Whistle;
    Giovanni Varelli: Chitarra ritmica e Fisarmonica cromatica;
    Riccardo Gatti: Ghironda e Batteria;
    Diego Devincenzi: Contrabbasso.

    Arrivederci e alla prossima...

  3. Remo Ponzini

    Quando assisto ad iniziative che cercano di percorrere nuove strade, che cercano di offrire qualcosa di diverso, che si focalizzano su spettacoli che hanno radici con le tradizioni e con il territorio (in senso lato), resto attratto, la mia curiosità prende corpo e cerco di appagarla.

    Non ero seduto tra la folla numerosa che ha animato la serata e manco sono sceso in pista a volteggiare in quanto non sono mai stato un ballerino (è un problema mio), ma dalla strada sbirciavo il complesso che suonava ed i danzatori che si alternavano divertiti e felici sulla pedana. C’era partecipazione, trasporto, condivisione. Bastava osservare il pubblico per captarne l’entusiasmo, per percepirne l’intesa e la simpatia che si era creata con suonatori e ballerini. Gli applausi fioccarono fragorosi e continui a suggellare una piacevolissima serata.

    Mi è piaciuto questo connubio di culture tra la nostra montagna e la bassa padana che fa parte della stessa provincia e di quelle limitrofe. Ne ha colto perfettamente il significato il sign. Piero Rizzi Bianchi che ci ha fornito una ottima presentazione informativa e che si è attivato oltremodo per organizzarla e gestirla nel migliore dei modi. Grazie.

  4. Marco Bellini

    Saluti a tutti, complimentandomi con gli amici Musicanti d'la Bàsa, mi scuso per l'intromissione, ma mi preme fare una precisazione in riferimento a ciò che è stato scritto qui sopra.
    La musica (e il ballo) delle 4 province è molto diversa da quella che veniva suonata nella val Ceno e nella val Taro, differenza rimarcata non solo dai diversi strumenti utilizzati: anticamente, piffero e musa per la prime, piva per le seconde, ma anche dalle diverse tonalità utilizzate, così come dai diversissimi balli tradizionali.

    Esiste un confine fisico che divide la tradizione musicale delle quattro province da quella propriamente emiliana, questo confine può essere ritrovato negli antichi confini tra il Regno di Sardegna ed il Ducato di Parma e Piacenza. Quindi la val Nure, la val d'Arda e la parte bassa della val Trebbia, ma anche val Ceno e val Taro facevano parte di una tradizione completamente diversa da quella che si poteva ritrovare nelle alte valli piacentine e nella zona delle quattro province in genere.

    La musica tradizionale (così come la danza) parmigiana (o parmense) ha legami abbastanza riconoscibili con quella che veniva suonata nel reggiano, nel modenense, nel bolognese, ma anche più là, nel ferrarese, nel rodigino, nel basso veneto, nella bassa lombardia e nel lunigianese... Quindi è una musica che potremmo definire più "diffusa", mentre la musica delle quattro province, anche per questioni geografiche/fisiche, è una musica peculiare e confinata.

    Colgo l'occasione per invitarvi domani dalle 18.00 circa in avanti, a San Polo di Torrile, presso la Villa del Fulcino, dove "La Compagnia del Lorno", insieme ad alcuni "musicanti d'la bàsa", riproporrà musiche da ballo della nostra tradizione e della tradizione francese e sarà presente con un proprio gazebo dove esporrà strumenti di liuteria, tradizionali e non...
    Marco Bellini - Ass. Cult. "La Compagnia del Lorno"

  5. Tiziano F.

    Signor Bellini ho letto con interesse le sue specifiche notizie sulle origini del ballo tradizionale e in particolare quello delle 4 Provincie. Mi duole ma da quel che risulta localmente il ballo è ben conosciuto in valle e praticato in occasione di feste paesane o altro, ed è per queste motivazioni che ne ritengo l'appartenenza, se pur di confine, anche alle nostre due valli di Taro e Ceno. Cordialmente la saluto. Tiziano

  6. Piero Rizzi Bianchi

    Devo in prima istanza ringraziare tutti coloro che hanno scritto, sia qui sia tramite Facebook: la presenza di un certo numero di commenti, con pareri anche contrastanti o comunque diversificati, è infatti la miglior prova che quanto si ricercava, ossia un'occasione non solo di divertimento ma con un certo retroterra culturale, è stato raggiunto.
    Per rispondere alle varie osservazioni, devo a mia volta riflettere su due ordini di fattori:

    1) Come si noterà, la manifestazione s'intitola "Festa da ballo liscio tradizionale", e ciò non a caso: è mia ferma convinzione che riattivare il vero "liscio" (o meglio il liscio "tout court", poiché quello degli ultimi 10-15 anni è qualcosa d'irriconoscibile) sia, allo stato attuale, la via maestra per recuperare il giusto SPIRITO della danza popolare, posto che il vecchio liscio si sovrappose alle varie tradizioni locali assorbendone la matrice contadina e/o alpigiana. E' evidente quanto questa matrice si sia oggi smarrita, ma ne resta una forte nostalgia, e su quella si deve far leva per attivare la voglia di un sano divertimento: esigenza, questa, oggi tanto più opportuna, in quanto vi sono da controbilanciare le tendenze di certa parte emergente (e modaiola) della musica popolare, che vanno invece sempre più verso una "contaminazione" del genere con sonorità di stampo jazzistico e/o rockettaro, con il risultato di un aumento quantitativo degli utenti (in particolare giovani), ma con il rischio fortissimo di una perdita dei connotati originali, di un vero e definitivo svigorimento di quanto del nostro spirito tradizionale viene espresso nel ballo. Quindi: non ho ovviamente nulla contro i balli popolari di gruppo, ma credo vadano proposti per gradi a un pubblico, qual è quello cui desideriamo rivolgerci, non di soli appassionati ma di gente comune: con un coinvolgimento, dunque, non troppo pressante ma conseguente alla stessa atmosfera festosa che si viene a creare.

    2) Lo scorso anno la suddetta nostra "Festa" è stata dedicata al "musette" parigino, mentre nelle prime tre edizioni (tenutesi nel 2004-2006) ha visto l'esibizione di un validissimo duo piffero-fisarmonica oggi scioltosi, ossia Stefanino Faravelli dalla Val Staffora (PV) e Franco Guglielmetti dalla Val Nure (PC). E la scelta ha le sue valide motivazioni, in quanto il territorio di Bedonia è, dal punto di vista storico e culturale, ben distinto dal Parmigiano, nella cui provincia è stato scriteriatamente annesso solo con l'unità d'Italia. Non è qui la sede per troppe disquisizioni, e mi dispiace in questo dover contraddire l'intervento qui sopra, anche perché non voglio negare l'esistenza di confini culturali: solo che questi correvano certamente più a Nord-Est, lasciando le alte valli Taro e Ceno come ultimo lembo di quella fascia di territori appenninici -in passato politicamente autonomi come feudi imperiali, e connessi per vie commerciali alla Liguria- che oggi esprime appunto la musica "Quattro Province". Certamente, rispetto a questo il discorso musicale ha una sua autonoma complessità: ma si deve osservare che da noi era usata appunto la musa, come ho personalmente rilevato su documenti del Sei-Settecento, e com'è anche testimoniato dalla presenza antica del cognome Musa nella Valceno bedoniese. Credo quindi che ciò basterà a motivare la presenza di musicisti "quattro province" per altre feste di futura organizzazione a Bedonia e vicinanze.

    Infine, molto piacere, anche perché proveniente da un Bedoniese "doc", mi ha procurato il commento del Sig. Ponzini, che ha avuto la sensibilità giusta per cogliere l'essenziale, ossia che il ballo deve allietare, prima chi lo pratica e poi chi vi assiste.
    Lo ringrazio dei complimenti per l'organizzazione, di cui in effetti sono stato il motore, ma un motore che avrebbe girato a vuoto senza l'aiuto di vari amici, appartenenti o meno al Comitato organizzatore, ossia: nello scarico-montaggio-smontaggio-ricarico della bellissima pista (ancora una volta gentilmente messa a disposizione dall'Impresa F.lli Bertani), Lucio Serpagli, Marco Rulli, Claudio Agazzi, con l'apporto teutonico di mio cognato Matthias; nell'espletamento della pratica SIAE, il caro Gigi...

  7. Piero Rizzi Bianchi

    Come spesso accade, a dover dire molte cose se ne dimentica qualcuna. Volevo ringraziare anche il gruppo musicale, in particolare i più giovani, per l'impegno che hanno messo nell'ampliare il loro repertorio di vecchio liscio nei mesi precedenti il concerto: impegno che ha dato i suoi frutti, vista la bella qualità dell'esecuzione.

  8. Marco B.

    Non voglio scendere in polemiche, ma rispondo solo per chiarire ulteriormente. Il fatto che, in riferimento alle quattro province, "il ballo è ben conosciuto in valle e praticato in occasione di feste paesane o altro", non significa che quello sia di nostra appartenenza, anche se di zona confinante, infatti è un qualcosa di acquisito in tempi recenti, se non recentissimi... Scrivo di tradizione che poi è la nostra storia, sostenuta da caratteri sociali che ormai sono andati persi, e non lo faccio per spirito conservatore ma forse per abbattere un pò, questa omologazione strisciante. E con questo chiudo e tolgo il disturbo.

  9. Marco B.

    Solo ora leggo l'intervento del gentile Piero Rizzi Bianchi e, poichè Tiziano si riferiva genericamente alle valli del Taro e del Ceno, allo stesso modo il mio intervento era rivolto a quelle, senza, nello specifico, rivolgermi a Bedonia.
    Si sa per certo, dalle interessanti ricerche di Bruno Grulli, che nella val Taro e nella val Ceno (e in zona confinante) era diffusa la piva, pensiamo ai diversi esemplari raccolti a Specchio, Maneia, Roccaprebalza, Solignano, alla canna di canto addirittura acquistata in quel di Tarsogno (tra val ceno e val taro sono circa una decina gli strumenti fisicamente ritrovati).
    Tralasciamo poi i molti suonatori attivi, che gli anziani ricordavano, sia in val Taro che in val Ceno... Pensiamo a quel pezzo tradizionale dal titolo "La piva di Bedonia" (esiste una registrazione di Paolo Simonazzi), dal nome parrebbe raccolta a Bedonia! Per quanto riguarda la musa a Bedonia, che sì era terra di confine, quindi di passaggio e di scambio, io francamente non ne so nulla e la cosa mi incuriosisce parecchio, quindi chiedo riscontro di quanto scritto, del fatto che siano mai stati ritrovati in loco strumenti (muse per l'appunto, quindi cornamuse con un solo bordone) o parti di essi, così come è successo, anche a distanza di anni, per la piva. Se a Bedonia è esistita la musa, avrà pure lasciato tracce fisiche della sua presenza, no? Oppure di pifferi o parti di essi, strumenti che tradizionalmente accompagnavano le muse nella zona delle 4p. Oppure il ricordo di suonatori o delle danze...
    E con questo non voglio impedirvi "la presenza di musicisti quattro province per altre feste", ci mancherebbe altro, ben venga la musica davvero tradizionale in ogni forma (anche le pizziche e le tarantelle se è il caso) ma non si scriva genericamente che quella è la musica delle valli del Taro e del Ceno e lo dico, forse nel mio piccolo un poco campanilisticamente visto che, per metà, il sangue che mi scorre nelle vene viene dalla val Ceno.
    Cordialmente saluto

  10. Piero Rizzi Bianchi

    Gentile Sig. Bellini,
    prendo atto della Sua specifica preparazione in argomento, ma poiché di tutto vorrei essere tacciato fuorché di promuovere una "omologazione strisciante", mi sento in obbligo di replicare alle osservazioni da Lei avanzate, forse in buona fede ma direi anche senza troppa generosità verso le nostre fatiche organizzative e le sottese motivazioni, che ho esaurientemente spiegato, credo, nell'intervento precedente.
    Le faccio quindi notare che:
    - fino al 1682 la zona comprendente gli odierni comuni di Bedonia, Compiano, Tornolo e Bardi era stata parte del Piacentino, ma progressivamente controllata dalla famigl Landi e quindi distaccata a far capo dal XIV secolo e poi definitivamente, dall'imperatore Carlo V, nel 1551, a formare un'entità praticamente indipendente, nell'ambito dell'Impero, nota come "Stato Landi" o "Stato di Bardi e Compiano", in tutto omologa ai liguri "Stato Doria" (altresì confinante) e "Stato Spinola" ;
    - il dialetto dell'alto Taro e Ceno è ancor oggi (e quindi molto più nel passato) classificabile come ligure, e questo non può essere per un puro accidente senza conseguenze in altri ambiti popolari, come appunto la musica; del resto, nel primo Seicento, il noto studioso di storia Giovan Pietro de' Crescenzi definiva la nostra zona come "parte LIGUSTICA (=di cultura ligure) del Piacentino": mi spieghi in tutto questo quanto può entrare Parma e la sua influenza, se non forse tangenzialmente...
    - solo nel 1682 questi territori furono letteralmente comperati dai Farnese ed aggregati al loro Ducato, in cui però mantennero la loro completa autonomia fino a Napoleone e, uniti a Borgotaro come "provincia di Valditaro", fino all'unità d'Italia;
    - tutte le località da Lei citate sono ubicate non nelle alte ma nelle medie valli Taro e Ceno, e quindi ben aldifuori dell'area da me indicata, con la sola eccezione di Tarsogno, che peraltro ne è posta ai margini.
    Mi sembra molto difficile prescindere da un simile quadro culturale di base, alquanto sfavorevole all'ipotesi di una vera prevalenza della piva emiliana: al massimo si potrebbe pensare ad un'influenza parziale, che sia andata crescendo di pari passo con una certa integrazione di questi territori nel nuovo Stato di riferimento (a conduzione appunto parmigiana) ed ancor più, dopo il 1861, con l'inclusione nella Provincia di Parma del neonato Regno d'Italia.
    Sono comunque argomenti complessi, oltreché affascinanti, e non certo esauribili sulle righe di questo "blog"... Né aiutano provocazioni come quella di mettere su uno stesso piano di legittimità culturale la musica di territori affini (4prov.) e quella di territori sideralmente distanti (pizzica e tarantella).
    Per i riscontri che mi chiede, potremo parlarne a voce, anche perché ora ho citato a memoria e senza la possibilità di una verifica puntuale: ma resta comunque da spiegare la presenza addirittura di un cognome che, nell'alto Ceno, fa diretto riferimento alla "musa" e a chi la suonava per mestiere.
    Cordialmente La saluto.

  11. Marco

    Grazie per le delucidazioni. Lungi da me accedere o alimentare polemiche di qualsiasi tipo. Quando scrivevo di "omologazione strisciante" di certo non mi riferivo alle vostre iniziative, davvero meritorie, ma al contesto della musica popolare (o presunta tale) in genere, dove spesso tutto si mischia senza un vero riscontro culturale. E ribadisco che il mio discorso era legato alla Val Ceno/Taro in genere. Quando ci sarà l'occasione certamente ne parleremo, o meglio ne riparleremo, visto che già, in altra occasione, avevamo interagito. Grazie ancora e cordiali saluti

  12. Marco Rulli

    Salve a tutti, normalmente peferisco interloquire de visu, ma, considerati i precedenti interventi mi permetto alcune precisazioni:

    - in zona era presente la piva e non la musa, si conosceva il piffero, ma non veniva utilizzato; ciò si può desumere dai reperti conservatisi sino a noi (ad es. Museo Guatelli) e dai colloqui che ebbi al riguardo con ultraottentenni negli anni '80;

    - alla fine degli anni '80 e per alcuni organizzai una rassegna estiva di musica tradizionale a Compiano; in quelle occasioni intervistavo gli anziani di cui sopra, tutta gente nata negli anni '90 del XIX sec. e tutti ricordavano le monferrine, le piane, le alessandrine, le piane, le gighe; non ricordavano il perigordino, ma la filastrocca del perigordino rimasto nelle 4 Province sì; non ricordavano (ovviamente direi) la poveradonna;

    - gli anziani fornirono anche altre informazioni: ogni pezzo durava a lungo, anche 40 min. creando uno stato di ebbrezza; i balli avvenivano spesso nelle sale sopra le stalle, in quanto più ampie ed un poco riscaldate dalle bestie, ciò comportava l'occorrenza di incidenti anche gravi a causa dello sfondamento dei solai in ragione dell'affollamento e dell'andamento ritmico e saltato delle danze;

    - secondo costoro il termine di questo genere di danze era da fissarsi negli anni'30, sicuramente entro la 2a guerra mondiale;

    - in quelle occasioni, prima della festa da ballo, conducevo i suonatori per il paese e sino alla casa di riposo; gli anziani cominciavano subito a ballare (suore incluse), anche nei letti e volevano alzarsi (tolle grabattum tuum et ambula);

    - la famosa xilografia di Romeo Musa della Bella Disolla rappresenta chiaramente una ragazza che danza al passo che oggi diremmo "4 Province".

    Mi scuso per le ultime 3 precisazioni, sono un poco pedanti:

    - il cognome Musa presente da Bore sono a Drusco non è da riferirsi allo strumento bensì al cognome semitico Mussa (Mosè); infatti nella zona si sono verificate nel tempo 2 migrazioni ebraiche, una nel VI sec. per la fuga da Pavia (persecuzione longobarda) ed una nel XVI sec. per la fuga da Fiorenzuola (persecuzione farnese); la Val d'Arda è ricca di toponimi ebraici: Levi, Rabbini, Monte Moria, Settesorelle, Monte Davide;

    - nella ns. zona non vi è traccia né della musa né del piffero, cosa logica dato che la musa è una cornamusa elaborata per accompagnare il piffero;

    - la piva presente da noi è ben nota e viene chiamata "piva valtarese" anche se ha un'areale di estensione che parte dalla Val Nure (vedi piva di Mareto e non musa di Mareto) e giunge al Reggiano;

    - il modo tradizionale (novecentesco) di suonare la fisa qui da noi presenta 2 modalità che traggono ispirazione l'una dall'altra, il musette parigino e il liscio (inteso quello di Fiscettu e Putacellu); esso corrisponde pienamente a quello delle attigue valli piacentine e liguri;

    - non mi dilungo sulla genesi del musette parigino, che in realtà è frutto dell'incontro fra i suonatori di fisa appenninici (specie borghesani) con i suonatori di cabrette (cornamusa simile alla musa) auvergnat;

    - e consentitemi una nota sul mio modesto ruolo: quando Piero si scoraggiò e sospese la sua iniziativa continuai io (2007-2009) proprio perché ritengo che il valore comunitario del senso della festa e del ballo vanno ben al di là del divertimento, come bene hanno già motivato gli interventi precedenti.

    Concludendo, non è necessario voler ricondurre una tradizione musicale, di ballo e canto al fenomeno "4 Province" per affermarne il valore e la vitalità.
    Qui da noi vi sono affinità con le 4P e pure differenze, ne più ne meno come a Bobbio rispetto ai villaggi della Val Boreca.

    Pertanto, non aspettate la festa della prossima estate per danzare al suono della balla musica!

    Saluti a tutti.

  13. Piero Rizzi Bianchi

    Mi restavano da ricontrollare "de visu" i documenti a me noti, in precedenza qui citati a memoria, e il riscontro ha confermato quanto già detto: a fine '600-inizio '700, a Bedonia e dintorni si ballava o al suono delle muse (sempre più di una) o, più modestamente, a quello del tamburo accompagnato da uno strumento a fiato (più spesso zufolo, talvolta piffero); nessuna traccia di pive né di altri strumenti.
    Do la mia parola di studioso che quanto sopra corrisponde del tutto alle fonti da me consultate, che mi riservo naturalmente di pubblicare in futuro con gli approfondimenti richiesti dalla loro importanza e antichità.
    Mi sembra quindi di poter affermare con fondatezza che la più autentica tradizione musicale del Bedoniese fosse incentrata sulla musa, e quindi fortemente affine a quella "4 province" di matrice ligure-appenninica, tradizionalmente rappresentata dalla coppia musa-piffero (e a maggior ragione anche qui, in fase arcaica, si potrebbe ipotizzare la sola musa).
    La presenza da noi della piva emiliana, tra secondo '800 e primo '900 (come spiegato nell'intervento precedente), potrà invece essere vista come una forma di sostituzione rispetto a qualcosa di ben più antico: quasi certamente, per effetto dell'annessione della nostra zona alla Provincia di Parma con tanto di collegamento ferroviario e della relativa influenza culturale.
    Colgo l'occasione per ringraziare tutti quanti hanno contribuito ad arricchire questo dibattito, in particolare Marco Bellini e Marco Rulli.

    P.S.: alla luce di quanto detto, credo che non sia più necessario far scendere Mosè dal Monte Sinai...

  14. Piero Rizzi Bianchi

    A tutti coloro che hanno partecipato e apprezzato lo scorso anno (e le volte precedenti), a nome del Comitato per la rivalorizzazione storica di Bedonia "Veterrima Plebs", comunico che

    MERCOLEDI' 13 agosto 2014, dalle ore 21, a BEDONIA, sempre nella suggestiva piazzetta davanti alla chiesa -con pista da ballo- si svolgerà la 6° edizione della nostra FESTA DA BALLO LISCIO TRADIZIONALE, con "Compagnia Violinistica La Mila".

    Validi e preparati strumentisti proporranno un tipo di esecuzione musicalmente molto ricco, con ben tre violini e un violoncello a dar voce al tema musicale e chitarra e contrabbasso a segnare il ritmo: con un risultato piacevole per l'ascolto, e assolutamente congeniale per la danza... proprio com'era ai bei tempi (e oggi quasi introvabile).
    Protagonista della serata sarà il violino popolare, che tornerà ad essere al centro del divertimento, come avveniva all'epoca dei nostri nonni, fino agli inizi del '900. Saranno eseguiti pezzi del liscio antico, molti dei quali recuperati con passione dai tradizionali “concerti” dei campanari bergamaschi; inoltre, due brani (da me forniti) trascritti a fine '800 dal bedoniese Don Emilio Bellentani, oggi ricordato soprattutto per la fondazione dell'Asilo, che fu insegnante e compositore di musica.
    Ulteriore motivo d'interesse è poi costituito dal direttore e primo violino, Vittorio Grisolìa, personalità di spiccato senso artistico, autore anche di brani propri, sorprendentemente belli, nelle cui vene scorre sangue bedoniesissimo, posto che il suo nonno materno era un Serpagli, del ramo detto du Sartù.
    Tutta la popolazione è invitata, ma in particolar modo chi ama la bella musica e il ballo di coppia!

  15. Piero Rizzi Bianchi

    Per amore di completezza, rispetto a quanto avevo qui comunicato, devo dare notizia di un ulteriore ritrovamento che può essere molto chiarificatore. Nella rilettura di vecchi appunti, sempre da documenti di fine '600, ho infatti rinvenuto più di una testimonianza, per Bedonia e Compiano, di balli organizzati in piazza "al suono de' musetti" -e in un caso si specifica anche: "secondo il lor solito".
    Ora, è ben noto (cfr. la stessa "Wikipedia") che "i müsetta" era appunto il nome collettivo con cui, nell'area "Quattro Province", si chiamavano i due suonatori di musa e piffero, accoppiati per il ballo. Va anche notato che questi documenti, per ambito spaziale e temporale, sono perfettamente sovrapponibili a quelli già qui precedentemente citati, in cui si parlava di balli con "le muse".

    Da ciò si può quindi dedurre, con una fortissima probabilità, come tutto questo "corpus" documentario attesti, per il Bedoniese di fine sec. XVII, una situazione del tutto omogenea a quella delle altre aree di tradizione musicale "panligure" (o meglio, estesamente ligure) oggi ricadenti sotto altri e diversi confini provinciali (Genova, Alessandria, Pavia e Piacenza), e per questo etichettate e note come "Quattro Province".

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