
A leggere il titolo sembra un paradosso, ma la realtà non è poi così assurda.
Nel 2002 diverse Comunità Montane dell'Emilia Romagna erano state contattate da una casa editrice al fine di pubblicare una guida turistica finanziata con le inserzioni degli esercenti delle zone interessate. Anche la nostra Comunità Montana patrocinò l’iniziativa con l’obiettivo di far conoscere le bellezze del nostro Appennino attraverso l’opuscolo: "Guida Turistica delle Valli del Taro e del Ceno".
Gennaio 2005, sul portale Valtaro.it pubblicavo un articolo a tutela di un centinaio di inserzionisti, ovvero li mettevo in guardia dopo che avevano firmato un contratto pubblicitario per la guida turistica, in quanto la sottoscrizione includeva una clausola capestro che li costringeva a rinnovare l'abbonamento anche per la guida successiva con un pagamento tramite RID, quindi già autorizzato. Del caso specifico se ne occupò anche la stampa regionale e la trasmissione "Mi manda Rai 3".
Dopo qualche mese venivo però querelato e dopo due anni condannato penalmente per il reato di “Diffamazione a mezzo stampa”, ovvero: "Per aver offeso la reputazione della Società editrice". Oltre il danno la beffa, ma non solo, nel frattempo la casa editrice dichiara fallimento e il suo amministratore si rende irreperibile.
Presentai ovviamente opposizione al decreto, giocarmi la fedina penale per un fatto simile mi sarebbe davvero dispiaciuto. Il 27 Febbraio 2013 l’ultima udienza e venerdì scorso ricevo la sentenza: "Il Tribunale dichiara di non dover procedere nei suoi confronti essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione".
E così sono passati otto anni, alla fine della fiera ho corrisposto due volte la quota pubblicitaria della guida, mi sono pagato le spese legali, ma ho anche "salvato" molti inserzionisti a non pagare due volte, eppure un dubbio ce l'ho ancora: sono colpevole o innocente?