Il canestrello della Domenica delle Palme

Antiche tradizioni bedoniesi che sopravvivono ancora oggi ma ormai in poche famiglie
L’usanza di preparare la ciambella, anzi U canestréllu cü levee, per la Domenica delle Palme è senz’altro antica e fa piacere sapere che ancora oggi ci sia qualche bedoniese che tramandi la tradizione. Farina, uova, zucchero, uvetta e ovviamente lievito madre, un dolce semplice, ma dal sapore gradevole e con un profumo speciale. Non so risalire alle origini di questa tradizione, quello che c’è di certo è solo l’età del lievito che Maria Pina utilizza per la preparazione del dolce: cent’anni.

Mi dice che la base del suo lievito, ottenuto dalla fermentazione dell’uva, è tramandata dai tempi di sua nonna, quando ancora non esisteva quello più efficace di birra, comparso in Valtaro dopo la seconda guerra mondiale e dove trovava comunque riluttanza all’impiego poiché bollato come: "Lavü muderni".
Maria Pina mi chiama dalla finestra e mi chiede di salire in casa. Ha già davanti il canestrello, ancora tiepido e profumato, ne taglia una fetta per donarmelo, nel mentre mi racconta una storia che non conoscevo e rimasta in uso fino agli anni 50/60.

La consuetudine voleva che il padrino regalasse al proprio “figlioccio” una ciambellina rotonda, la quale veniva infilata al collo del ragazzo/a a mo’ di medaglione, al termine della messa delle "Undici"… ma il dono non durava tanto a lungo, per l’ora di pranzo non rimaneva che un nastrino rosso, sguarnito e svolazzante.

Ora però mi sorge un dubbio, il prossimo anno dovrò regalare una ciambellina a Diletta e Sebastiano, ma poi se la metteranno al collo?

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6 Commenti
  1. Ricci E.

    Buon dì, qualche donna di casa sarebbe così gentile da offrire la ricetta a noi lettori (con acquolina in agguato) ? Grazie

  2. M. Giovanna Bassi

    Quando ero bambina i "canestrelli" piccoli, cotti nel forno a legna insieme a quello grande per tutta la famiglia, venivano dati ai bambini di casa che se lo infilavano nel braccio sinistro.
    Vicino a casa mia, abitavo in Via Garibaldi, c'era Giovanni, il fornaio dei Tedaldi che li confezionava per venderli a chi non aveva la pazienza di farli in casa e poteva permetterseli. Nel forno di Giovanni inoltre, le massaie che non possedevano un forno, portavano i loro "canestrelli" a cuocere, perciò il Sabato e la Domenica delle Palme erano caratterizzati dal loro profumo che invadeva tutto il paese.
    Ricordo che nella via era famoso "u canestrellu" di tua nonna Tina, mamma della Mina che certamente continua la tradizione di famiglia.
    Bravo Gigi, è bello ricordare e fare memoria degli usi della Pieve, sono la nostra storia, le nostre radici.
    Buona Pasqua a te, alla tua famiglia e a tutti quelli che ti leggono. Giovanna

    A proposito, AGURISSIMI DI BUON COMPLEANNO!!!, con qualche giorno di ritardo.

  3. Stefano

    Il più buon canestrello a Bedonia lo faceva la Pizzi in via Trieste ma non ha mai svelato la ricetta a nessuno !

  4. Remo Ponzini

    Sono rimasto sorpreso dalla novità del "canestrellu cù levee" tipico della domenica della Palme. Può darsi che il ricordo di questa ciambella particolare si sia dissolto con il trascorrere del tempo ma mia madre faceva abitualmente quella classica che tutti conoscono e che è diversa da quella della foto. Eppure sono bedoniese, quantomeno, da diverse generazioni. Ricordo però di averne gustate di similari ma provenivano da casa altrui o da qualche forno pubblico della zona.

    Comunque la testimonianza della Maria Pina Agazzi è senz'altro veritiera perchè i suoi genitori, oltre a conoscere ogni usanza locale, gestivano una locanda molto nota anche al di fuori dei nostri confini. Ricordo che il dott.Evaristo Gioia (medico di Groppovisdomo (PC), paese di mia moglie) tutte le volte che transitava in Bedonia faceva tappa da "U Peritu" per gustarsi la trippa e le nostre specialità. Me ne parlava sempre tutte le volte che l'incontravo e mi descriveva le tipicità culinarie nostrane come sa avesse sempre vissuto qui da noi.

    Un altro tassello delle nostre tradizioni che va ad aggiungersi a quelli che abbiamo accumulato facendo leva sui ricordi di tante persone. Da rimarcare il ruolo anfitrionico del nostro Esvasante che permette la divulgazione di queste notizie ad una larga fascia di visitatori.
    Grazie a Maria Pina.

  5. Dolores

    Io non sono bedoniese e quindi non posso aggiungere altri ricordi sulla ciambella, ma siccome mi piacciono e sono sempre alla ricerca di tradizioni dei 'nostri posti', posso aggiungere un piccolo tassello. Il giorno di Pasqua, dopo la solenne messa, ci si trovava tutti nel sagrato di Scopolo 'a zùgà con j'òve' sode e colorate con le bucce delle cipolle rosse. Mio padre era bravissimo a scegliere le uova più resistenti, battendole da fresche, sui denti ed evitare quelle con la camera d'aria nel fondo. Le stringeva poi nella mano lasciando appena intravvedere 'l'estremità e con un altro giocatore, batteva ad arte con un piccolo colpo secco:punta con punta, sedere con sedere e se gliele rompeva , li vinceva. Arrivava sempre a casa con le tasche piene e per noi (il mio gemello ed io) era un eroe.
    Questa abitudine, sa per certo che i nostri emigrati l'hanno insegnati ai loro figlie e nipoti e loro ai loro. Io stessa è da un po' di tempo che tengo da parte le bucce per giocare con la mia nipotina. Scusate se sono andata fuori tema, ma siamo vicini a Pasqua e così approfitto per fare gli auguri a tutti.

  6. Samanta

    Ricordo che Maria Pina ci racconto' di questa tradizione alle elementari, portando "u canestrellu" in classe. Sono passati almeno 25 anni (e forse qualcuno in più) ma ricordo perfettamente il profumo e il sapore di quella delizia! Senza quel lievito madre così speciale qualsiasi tentativo di realizzarlo a casa è stato vano.

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