Cara Marika ti scrivo

Quante facce tirate che c'erano stasera alla “chiesa grande” di Tarsogno, non riusciva a contenerle. Aveva ancora troppa vita davanti. Gli piaceva viverla. Basta scorrere a ritroso le fotografie su Facebook per trovarci dentro tutta la sua voglia di viaggiare, il piacere di ascoltare una chitarra, di gustarsi l'ora dell'aperitivo con una sigaretta, i pomeriggi e le serate al Groppo, il bel rapporto con la sorella.

Allora ripenso alle sere del 24 dicembre per scambiarci un pensiero, ai concorsi di Cioccoclick o a quelle idee che timorosamente mi inviava per farne prima o poi un post dei viaggi… ecco, se considero tutto questo, allora è veramente difficile accettare la realtà.
Quando se ne va chi non ti aspetti e in questo modo, di punto in bianco, c'è un dolore ancor più profondo. Domenica mattina, quando la notizia si è fatta spazio tra la gente, c’era persino scetticismo ad accettarla, l’incapacità di realizzarla. In quel momento tutto e tutti ti vengono in mente, tralasciando proprio quel primo presentimento perché troppo improbabile.

Se n’è andata via, avvolta dentro alla sua dignità, con attorno la famiglia. 36 anni, una vita appena vissuta. Sono esattamente questi i momenti dove senti tirare quel filo sottile e indissolubile a cui siamo attaccati. È lì che senti ancor più forte il presagio che il nostro è solo un passaggio, ed è lì che pensi che resteremo solo nel cuore di chi ci ha voluto bene, alla famiglia e a qualche amico/a. Cara Marika, siamo come la scia di una nave in mare aperto.