58 - 06 Marzo 2016
Cibo Criminale
L'incontro con Luca Ponzi in occasione dell'uscita del suo ultimo libro-inchiesta dedicato alle frodi alimentari
Neanche a farlo apposta, proprio il giorno dopo che ho incontrato Luca Ponzi, i giornali inglesi e statunitensi lanciano l'avviso agli amanti del "Parmesan", il motivo è semplice: potrebbero mangiare legno anziché formaggio.
L'occasione è stata pranzare presso l'Enogastronomico di Bedonia ed è lì che mi ha parlato del suo ultimo libro, di contraffazione alimentare e dell'infiltrazione criminale/mafiosa nell'industria agroalimentare italiana. Occasione propizia per chiedere all’autore com'è possibile difendersi e come evitare di sbagliare gli acquisti.
Luca Ponzi, giornalista Rai, ha presentato agli studenti dell’Enogastronomico di Bedonia, ai ristoratori locali ed ai cittadini presenti, il suo libro inchiesta “Cibo Criminale”, scritto insieme a Mara Monti. Il libro è in pratica introvabile e l'autore ha dichiarato di comprendere le ragioni dell'editore nel voler evitare una ristampa, visto che sono arrivate ben 11 diffide legali, nonostante l'abbondante documentazione a supporto del racconto: difendersi in tribunale comporta dei costi elevati a fronte di ricavi tutto sommato modesti.
Ponzi ha spiegato come attraverso nuove analisi studiate all'Università di Piacenza si può determinare con abbastanza precisione il luogo di crescita di un pomodoro, per esempio, e così scoprire di passate e pelati coltivati in Cina ed elaborati e commercializzati come prodotti italiani da aziende della nostra Campania. Ha raccontato di forme di formaggio provenienti dalla Germania e fatte passare per Grana Padano, dopo averne scurito la crosta con una miscela a base di cacao.
Una sala di occhi attenti quando Ponzi racconta di un tale, nella nostra bassa, che comprava a poco prezzo formaggi scaduti di ogni tipo, anche andati a male, per poi mischiarli tutti insieme, pezzi di plastica delle confezioni compresi, e venderli trasformati in formaggio tipo “sottiletta”.
Le vicende narrate in “Cibo Criminale” comprendono anche cosce di maiale arrivate dall'estero e stagionate in Italia che vengono poi vendute in altri paesi con nomi di fantasia che suonano italiani così da far credere a compratori australiani, uruguaiani o canadesi di poter assaggiare il famoso prosciutto di Parma. Gli amanti del Made in Italy si troveranno così a pagare a caro prezzo un alimento di scarsa qualità, il che risulta poi dannoso per l'immagine di tutti i nostri prodotti.
C'è solo la variabile prezzi a dare qualche indicazione. Si può dubitare, con buone probabilità di trovarsi di fronte ad un prodotto contraffatto, quando costa troppo poco: un litro di olio extra vergine d'oliva venduto a meno di 6 euro, un chilo di vera mozzarella di “Bufala Dop” 9 euro, altrimenti non sono remunerativi per i produttori. Ma quando ci troviamo di fronte a imprenditori delinquenti che di notte fanno cancellare i timbri alla carne di maiale danese, più economica, per mettere un timbro che attesta l'origine tedesca o italiana, è difficile potersi difendere. Anche se alla fine, proprio per ammissione dell’autore: “Molte di queste truffe vengono scoperte perché il cibo italiano comunque è il più controllato e il più sicuro al mondo”.
Ragazzi attenti, preparati ed entusiasti quelli dell'Enogastronomico, che prima dell'incontro in bliblioteca hanno invitato a mangiare Luca Ponzi presso la scuola, un pranzo preparato da loro stessi. Il giornalista, sempre franco, ci spiega che non sempre è facile non cascarci. Persino le etichette non aiutano perché la legge permette di vendere come creati in Italia prodotti elaborati nel nostro paese anche se con ingredienti portati dall'estero e spesso scadenti. Le leggi europee non sono certo fatte per tutelare i prodotti di nicchia, ma spesso sono gli stessi italiani a volersi fare del male: l'esempio più classico è quello della mozzarella di bufala, apprezzata in tutto il mondo, ma falsificata con latte importato.
Un grosso e importante problema evidenziato da anni dalla Coldiretti e da tutte le associazioni agricole perchè in Italia c’è un vuoto normativo da colmare, come del resto pretende il 96% dei consumatori italiani che ritengono necessaria un'etichetta con indicata l’origine degli alimenti in maniera chiara e leggibile. Il recente EXPO poteva essere l’occasione buona per legiferare il comparto alimentare/agricolo, ma nulla è stato fatto. C'è tempo… ci penseremo poi, con la solita calma che contraddistingue nel mondo il "Bel Paese".
Fabio
06/03/2016Una via di uscita per mangiare cibo sano e non contraffatto esiste e porta benefici a tutti. Aiutiamo i nostri agricoltori a non sottomettersi alla criminalità mafiosa con prezzi strozzati oppure di non essere costretti a lasciare la frutta sugli alberi perché con 10 centesimi al kilo non c’è margine di guadagno. Ognuno di noi lo può fare aiutandoli, acquistando prodotti a chilometro 0, GAS o servirsi direttamente all’azienda agricola di nostra fiducia.
Con la conoscenza diretta dei produttori e dei prodotti bio molti problemi sarebbero risolti. Pensiamolo quando facciamo la spesa e non solo per motivi di salute.