Bellissima! Mi piace molto la nostra storia, peccato che sia poco ricordata, se non da te. Grazie Gigi! Grande Carlo, che con tanta cura custodisce tutto.
Anch' io sono discendente di Orsanti..! Il nonno di mio papa' era Corti Bartolomeo (l' uomo dai 7 strumenti) e non ho quasi piu nulla...
Anni fa avevo visto un servizio bellissimo su rai 3 che parlava del fenomeno degli Orsanti e delle ns valli... era di Alberto Angela, ma non sono piu riuscita a ritrovarlo... forse Gigi riesce.
Mio bisnonno, Davide Franchi, era un Orsante!
Billi to dò un consiglio da vecchio amico
i tuoi utensili e strumenti prova a venderli ai tedesci
ti daranno più soddisfazione di certi tuoi compaesani
non se li meritano
Senza Anonimato, penso che non sia cosa che deve/può interessare solo ai Bedoniesi, penso che se fanno Mostra/Museo a Berlino, altrettanto sia possibile farlo nei paesi in cui il fenomeno Orsanti-Migrazione si è così intensamente legato, diventando quella dell'orsante attività di tanti emigranti.
Certo necessitando di spazi ampi e anche dislocati in zona facilmente raggiungibile dal centro e magari in fabbricato altrettanto storico, e poi a seguire di un progettino per la fruizione e la gestine (soprattutto) del museo stesso, credo che l'ente locale da solo non riesca, senza un progetto pubblico di maggior respiro, realizzare in proprio, stante la disponibiltà di Carlo a offrire (poi sta a lui dire in che modo) la sua collezione.
Stante la vicinanza delle elezioni, sarebbe bello che questa cosa divenisse parte (se interessa ovviamente) del programma elettorale di qualcuno. Ovviamente con impegno formale a fare il possibile per realizzarlo.
Lo dico in quanto penso caro Carlo, che il tuo amico Renato si sarebbe speso per realizzarlo con tutte le sue forze. Poi il riuscirci è ancora cosa diversa... ma provarci davvero ci avrebbe provato (non dico che ora non ci abbiano provato, ma un cambio di passo per riuscirci mi sembra necessario).
Conosco Carlo e la sua raccolta da circa 35 anni, e posso dire che si tratta davvero di un 'unicum', paragonabile solo -ma con significative differenze- al deposito di un altro grande raccoglitore della provincia, Ettore Guatelli.
Basti notare che la documentazione sui girovaghi/circensi, pur preziosissima e molto evocativa, non è certo l'unico né forse il maggior pregio che si può trovare nella Raccolta Cavalli. La collezione, frutto di una ricerca febbrile e appassionata che dura da mezzo secolo, illustra di fatto tutti i principali aspetti della vita (in particolare, quella domestica) dei secoli scorsi in quest'area appenninica, vale a dire non solo quelli più noti del mondo rurale e silvo-pastorale, ma anche quelli –normalmente assai meno documentati nei vari musei– della vita civile dei centri di fondovalle, di cui Bedonia era appunto un classico esempio; ma la cosa più interessante è che il suo creatore non possiede solo materialmente quella miriade di oggetti antichi, ma di ciascuno di essi ha acquisito il senso e conosce l'origine e la funzione, essendo divenuto il depositario di un sapere ormai quasi inaccessibile.
Tutto questo, superfluo notarlo, non nasce per caso o per capriccio, ma da un interesse personale profondissimo e da una capacità di vera osservazione, portati avanti con quella suprema qualità che ha nome coerenza, oggi quasi sconosciuta ai più, ma invece basilare nella vita di un tempo, e quindi anche per chi, come Carlo Cavalli, al passato e ai suoi insegnamenti ha voluto sempre riferirsi senza alcuna esitazione: siamo, se ancora non lo si è capito, ai perfetti antipodi del rincretinimento schizofrenico che investe ogni giorno di più la società attuale, in particolare nelle sue ultime, sfortunate generazioni.
Ancor più ovvio e pleonastico è notare che, quindi, riuscire a dare a tutto questo valoroso impegno, ed ai suoi frutti, la dignità e la stabilità di un museo -nell'accezione più ampia e feconda della parola- non solo avrebbe un immenso valore documentario, non solo (in abbinata con il Seminario) farebbe di Bedonia una perla rara nel panorama turistico dell'Appennino Settentrionale, ma sarebbe una testimonianza luminosa e potente per chiunque voglia ancora credere nell'uomo in un'epoca che si è disumanizzata.
Fin dal 2009, appena insediato il sindaco Berni, proposi al Comune, come presidente di "Veterrima Plebs", alcuni possibili passi in questa direzione, senza essere affatto ascoltato; trascorso più di un decennio, abbiamo ripreso il filo con l'attuale Sindaco, ottenendo un interessamento che però risulta ancora allo stadio iniziale.
Chiaramente, l'auspicio è che l'Amministrazione che uscirà dalle elezioni della prossima primavera porti a maggior quota questo interessamento, così da porre le due premesse necessarie a questa meritoria impresa: arrivare a dotarsi di una sede adeguata in cui poter collocare la raccolta; e trovare i mezzi per avviare una corretta inventariazione, che possa fissare a futura memoria quella sapienza che ho cercato di descrivere qui sopra.
Certo, la messe è molta ma gli operai sono pochi: per questo occorre avere fede.
Questo articolo ha indubbiamente attirato la mia attenzione, non soltanto perché conosco Carlo e la sua magnifica passione per l’antiquariato, quello legato al nostro territorio e non solo, ma anche per la zona di Berlino che ospita la mostra, a cui sono particolarmente affezionata.
Intanto, se nella vita avessi voluto fare un lavoro diverso da quello di designer di gioielli prima e gallerista d’ arte contemporanea poi, uno dei mestieri che avrei ritenuto a me più congeniali sarebbe stato proprio quello dell’antiquaria. Per questo motivo, le poche volte che ho visitato l'esposizione di Carlo, ne sono rimasta affascinata.
I tempi passati mi hanno sempre interessata e tenuta col fiato sospeso… e poi, la maestria con cui gli artigiani, i falegnami e i mastri ebanisti intagliavano questi mobili che hanno una così lunga storia, che sono stati amati e desiderati da così tante persone nel corso dei decenni e dei secoli -e che ne hanno visto di tutti i colori: beh, tutto questo aleggia di mistero!
Per fare un paragone, utilizzando l’unico social che frequento, e cioè Instagram, quando apro la pagina di "Urbexguide" e vedo tutte quelle ville e palazzi e castelli abbandonati di tutta Europa, dove il tempo è restato impassibile ed immobile a documentare la vita dei loro abitanti, ecco che sento una profonda emozione! Questa stessa sensazione l’ho avuta vedendo già solo la piccola parte che ho visto della preziosa collezione del Sig. Cavalli.
E poi, il profumo dei vari tipi di legno è inebriante! Per meglio dire: io amo anche il design e i mobili moderni, il Salone del Mobile di Milano, che ho visitato tante volte, insegna. E le eccellenze italiane come Giò Ponti o straniere come Le Corbusier mi sono congeniali. Ma oggi vorrei spezzare una lancia per l’antiquariato. Sapete, io non capisco i giovani e il loro grande amore per i mobili fatti oggi… Certo costano poco e sono nuovi ma, normalmente, sono di materiali scadenti e non hanno né la qualità né l’unicità dei mobili antichi. Mettiamo, ad esempio, l’Ikea: non voglio parlarne male né parlare della sua condotta morale; sono certamente mobili e mobiletti di un certo design, ma… puoi trovare esattamente lo stesso mobile in casa di un operaio della periferia di Torino, di uno studente a Praga o di una casalinga francese. Ecco, questo appiattimento mi annichilisce; mah, forse sarò troppo individualista!
Perché non c’ è cosa più vera anche se sembra retorica: il presente non esiste senza il passato e ognuno di noi è la propria storia. Non solo la propria storia personale con l’educazione e l’esperienza soggettiva ma anche quella che riguarda i propri avi e le generazioni che ci hanno preceduto.
Quantomeno, cari i miei giovani, per dare un tocco di classe al vostro bilocale, recuperate delle cose di famiglie, mischiate le carte e beccatevi un armadio dell’Ikea con un tavolino vittoriano della vecchia prozia e una lampada Jugendstil comprata sul mercatino delle pulci a Borgotaro… e avrete un mix con brio che avvolgerà le vostre case. Davvero le possibilità sono tante, e la mobilia antica anche sui mercatini è a poco prezzo, indecentemente a poco prezzo rispetto al fatto di essere unica e irripetibile!
A questo patrimonio, che è qualcosa di unico, bisogna certamente dare una collocazione adeguata a Bedonia, suggellando il grande impegno e la vera dedizione di Carlo; e certamente, questo darebbe prestigio a Bedonia. Forse il Comune potrebbe fare un bando europeo o regionale per poter avere i fondi. Ad ogni buon conto, la grande sapienza di questo collezionista dovrebbe essere messa per iscritto per ogni oggetto della sua raccolta; e io penso sarebbe davvero importante, per i giovani che vanno a scuola a Bedonia, poter vedere una parte di questa collezione o anche, per ora, invitare Carlo con alcuni oggetti nelle classi per spiegare ed incuriosire gli allievi.
Tornando a Berlino, sono davvero felice che questo museo di Pankow abbia dato l’opportunità, attraverso l’Università di Genova, di far esporre a quei lontani abitanti della Val Taro e della Val Ceno i loro attrezzi musicali e gli organetti di barberia, e che tanta parte della mostra provenga proprio da una delle contrade più antiche del nostro bel paese. Guardando le foto (che sono fantastiche) sembra che siano passati ben più che solo cent’anni!
Per una bella coincidenza, il quartiere di Pankow, così ricco di storia, è anche il luogo di origine del mio caro suocero Klaus e di sua madre Margarete (mio marito Matthias è, per l’appunto, tedesco). Per questo motivo lo conosco abbastanza bene e ci sono affezionata, essendoci stata diverse volte. Non vedo l’ora di ritornarci nel più breve tempo possibile per non perdermi una mostra così eccezionale che collega, in modo arcano, le mie origini, ed il paese dove viviamo benissimo ora, con le origini di Matthias. Il mondo, talvolta, è davvero piccolo!
Barbara Cavalli
27/11/2023Nemo propheta in patria