Enrico Serpagli, per i conoscenti semplicemente u Giüliu du Muréttu. Ci teneva e ne andava fiero, sia ad essere chiamato “Giulietto” sia ad appartenere alla famiglia del “Moretto”, e il motivo era semplice: si sentiva bedoniese fino all’osso. Poco importa che avesse lasciato la Pieve negli anni ’50 per trasferirsi con la famiglia a Sassuolo (e a Modena conseguirà la Laurea in Scienze Geologiche, per poi diventare docente universitario in Paleontologia): la mente e il cuore lo trasportavano sempre in quella piazzetta tra le due contrade, laddove i suoi genitori avevano gestito l’osteria con alloggio Moretto.
Per questioni anagrafiche ci siamo conosciuti non molti anni fa, era l’estate del 2009. Fu durante l’esposizione di suoi scatti che allestì a Borgotaro, intitolata Il senso dell'ordine. Da appassionato di fotografia ne rimasi subito colpito, perché quello che proponeva ai visitatori andava ben oltre la classica mostra. La sua percezione fotografica si dimostrava tanto astratta quanto geniale, e così sul registro dei visitatori appuntai: “In questa mezz’ora mi ha svelato, attraverso la sua visione inconscia, la realtà oggettiva delle cose”.
Da quel giorno non ci siamo più persi di vista. Ad ogni mese di luglio c’incontravamo per due chiacchiere al bar, in occasione di quello che era un suo appuntamento fisso e improrogabile: salire a piedi sulla cima del Pennino con la moglie Giovanna. Poi iniziarono i suoi graditi regali, e ogni volta riusciva a stupirmi, sia per l’incondizionata generosità che per la particolarità dei doni. E su questi: “So che saranno in buone mani”- mi ripeteva cordiale.
La sua prima gentilezza fu quella di donarmi una serie di negativi risalenti al 1957, che racchiudevano immagini scattate a Bedonia con la sua Zeiss Ikon Nettar "a soffietto", negativo "6x6". Immediatamente dopo le condivisi qui sul blog: la qualità e i soggetti meritavano infatti tutta l’attenzione possibile. Poi mi donò due fotografie mai viste prima, una scattata nel 1906 e l’altra nel 1931, che si trasformarono, anche in questo caso, in ottimi spunti per raccontare un lontano spaccato di vita bedoniese.
Lo sollecitai anche ad andare oltre, a raccontarmi la sua Bedonia, quella che io non avevo vissuto, ma a cui non pochi sono ancora affezionati, e scelse di farlo attraverso i ricordi legati alla balera “da Franchi”. Poi arrivò un’altra meritevole narrazione, ovvero la cronaca di un trekking di 70 anni fa compiuto da una comitiva di giovanissimi ragazzi, il tutto arricchito da sue rare fotografie.
Ci trovammo anche d’accordo, in occasione della scomparsa di Pier Carlo Ponzini, per depositare al Comune di Bedonia l’istanza per riconoscere a questa figura della cultura bedoniese un dignitoso riconoscimento pubblico. Infine l’ultimo omaggio, che mi consegnò nell’ultimo nostro incontro: “E’ la prima edizione del 1933 de Il mio paese, ed è autografato dall’autore Sen. Primo Lagasi. Anche questo è per te, non può che tornare a Bedonia!” Ora lo conserverò con ancor più affetto.
Tutti questi affettuosi gesti nei miei confronti li ho sempre ritenuti –e a maggior ragione premurosamente accolti– come un omaggio indiretto al suo paese natio, una sorta di dichiarazione d’amore a Bedonia.
Mi mancherà come amico e come prezioso collaboratore del blog Esvaso.it… tant’è che, solo qualche mese fa, promise che mi avrebbe spedito un altro suo racconto: “Quando si andava a pescare a mano nel Pelpirana”. Ieri, invece, è stata sua nipote Sara ad inviarmi un’email che mai avrei voluto leggere.
CLAUDIO M.
03/01/2024Ciao Gigi,
ieri ho letto il tuo bello e sentito ricordo di Giulio Serpagli.
Ho conosciuto Giulio in occasione della sua mostra fotografica a Bedonia, nell' Asilo infantile di Bedonia di via Cecchi e restai folgorato da tanta bellezza profonda nelle immagini fotografiche.
E leggendoti nel blog, penso di avere provato un sentimento di stupore simile al tuo alla mostra in Borgo Taro.
Una rivelazione del mistero del creato e della profonda bellezza della realtà' nascosta tramite la sensibilità artistica di Giulio unita alla sua conoscenza scientifica della geologia e degli elementi primoriali della terra.
Sensibilità offerta a Bedonia, a BorgoTaro e alle nostre alte vallate da Giulio che fece le sue mostre anche in grandi città.
Poi sono diventato amico di Giulio e andai a Sassuolo a vedere con mia moglie una nuova mostra fotografica e Lui mi diede i cataloghi da portare alla sua Pieve in omaggio, tramite biblioteca.
In tale occasione, fummo invitati a casa da Giulio e Giovanna, sita in una bella strada contornata di alberi e siepi che davano armonia. Abbiamo conosciuto i loro figli e nipoti, grandi e piccoli.
E poi Giulio e Giovanna ci fecero ammirare la loro "Acetaia" dove l'aceto, il famoso "di Modena", riposava in botti speciali e l'aroma della fermentazione del prezioso liquido si diffondeva nei locali visitati.
Giulio era un uomo generoso, di grande Umanità e Fede. Dotato di un grande "Humor", con affabilità e accoglienza, come la moglie Giovanna. Amava molto "la Pieve" di Bedonia e la sua "Contrada" del "Moretto" e il colle di San Marco. Sapeva unire in sè la scienza e la fede, cosa non facile. E d'estate, la Domenica, con Giovanna andava a messa a San Marco e sotto Ferragosto, ascendevano sulla cima del Monte Penna fino alla statua della Madonna di San Marco.
Giulio ha insegnato in varie Università tra cui quella di Torino, vincendo il concorso a cattedra di Geologia negli anni '70, come da notizia pubblicata in Gazzetta di Parma che parlava di Giulio e di Emiliano Mutti, professore pure lui di Geologia e di origini bedoniesi (da Nociveglia, dove i Mutti abitavano da molto tempo, per non dire da secoli, come appurarono i Mormoni con le loro ricerche).
Giulio che ho conosciuto, tramite Sergio Raffi, altro geologo di fama e di Bedonia (di origine di Montarsiccio, paese di sua madre Sara Lusardi), scrisse insieme a Sergio il manuale di Geologia edito dalla UTET, che fu adottato per molti anni dalla Università di Parma e che lo propose nei piani di studio nella Facoltà, fino a poco tempo fa.
Penso all'onore che Bedonia ebbe, fin dagli anni '70, dal potere avere tre illustri Geologi di fama internazionale, tra i suoi "Figli": Professori Mutti, Raffi e Serpagli.
E tu, caro Gigi, hai dedicato tanti servizi di Esvaso a Emiliano (2016), Sergio (2015, se non erro, sul dialetto Bedoniese, presentazione del libro di Giannino Agazzi e Sara Lusardi Raffi), impreziositi dagli inteventi e fotografie inviate sul meritorio Blog, di Giulio.
Sergio Raffi insegnò anche alle universita' di Catania e di Parma.
Emiliano Mutti che vive a Bedonia, con la moglie, insegno' alla universita' di Torino e poi a Parma.
Ho saputo dai racconti, che negli anni 1950, venne per molto tempo a Bedonia e nelle nostre vallate un famoso geologo tedesco per studiare i nostri sedimenti geologici e lasciò profonda traccia con le sue ricerche sui ragazzi bedoniesi dell'epoca (Giulio, se non ricordo male, studiò al liceo "Fermi" a Borgotaro). Ho poi saputo da un altro Geologo, Manuel Cimmino, ex allievo di Sergio Raffi, che tra il 1970 e 1980 vi furono nelle nostre zone molte trivellazioni per la ricerca del petrolio e nuove fonti di energia e il dott. Cimmino, mio caro amico, scrisse su quelle ricerche, a cui partecipò, nella sua tesi di laurea in Geologia alla Universita' di Parma, tramite il Prof. Zanzucchi.
Caro Giulio, riposa in pace e le tue opere rimarranno a Tuo ricordo perenne.
Claudio M.
P.s.
PDF - L'articolo e i testi citati:
https://www.esvaso.it/dati/digital/allegato_202401031740_giulioenricoserpagli.pdf