Nella mattinata di sabato (26 ottobre), durante una battuta di caccia al cinghiale nei dintorni di Borgotaro, ha perso la vita per una disattenzione di un suo compagno il trentottenne borgotarese Ugo Ruggeri. Lavorava presso la carrozzeria “Bozzia e Borzoni”, ma da una decina d’anni viveva a Bedonia ed era sposato con due figlie. Parlare della caccia, specialmente dopo quello che è appena successo, mi sembra fuori luogo e tanto meno non di mia attinenza, mi limiterò quindi a descrivere un episodio accadutomi solo 24 ore dopo l’incidente.
Sono le 11 di una bella e calda domenica mattina e ne approfitto per fare una passeggiata nella “strada vecchia”, quella che collega Borgotaro a Bertorella. Tengo a chiarire che è una strada comunale, che vi sono almeno una ventina di case poste lungo di essa e dista solo un chilometro dal paese. Sul bordo della carreggiata sono parcheggiate alcune auto, poco lontano posso scorgere le sagome di alcuni cacciatori in appostamento, solo pochi passi e una doppia scarica mi fa voltare di scatto verso di loro. Stupore. Dalla mia posizione posso vedere intorno a me (e a loro) tre case, una decina di mucche al pascolo e un contadino che con il trattore ara i campi.
Avanzo e mi esprimo mentalmente su quanto avevo visto. Un chilometro più avanti altre due utilitarie parcheggiano, accompagnati dai loro cani scendono quattro cacciatori, dall’accento intuisco che arrivano dalla città. Esattamente due minuti dopo, dagli stessi che erano appena arrivati, tre colpi secchi echeggiavano nell’aria.
Incrocio due ragazze, anche loro passeggiano, data la prossimità di quel rimbombo forte e netto lo commentiamo senza fermarci: “roba da matti”.
Un quarto d’ora dopo un tipo in mimetica e fucile sulla spalla si ferma per chiedermi se avevo visto passare i suoi cani: “sono tutti e due bianchi e con il pelo rasato”. Dalla caserma dei Carabinieri, chiaramente visibile da qual punto, si alza in volo un elicottero, sorvola ancora basso le nostre teste, l’ombra corre tra i prati, io sollevo il naso all’insù incuriosito, loro innalzano le braccia imprecando contro quel fracasso che poteva mettere in fuga le loro prede.
Un’altra serie di spari si odono in lontananza. In quel tratto di cinque chilometri sono stati tredici.
Permettetemelo, tutto questo mi appare esagerato! Non voglio assolutamente scagliarmi contro l’attività venatoria, è ancora un diritto di cui avvalersi liberamente, voglio solo ripensare a qualche anno fa quando vedevo partire i cacciatori di buon ora: pantaloni di velluto marrone, camicia di flanella a quadri e con la loro jeep scassata per raggiungere i luoghi più lontani ed impervi, ovviamente senza ricetrasmittenti o cellulari al seguito, e in paese si vedevano solo a fine giornata fieri dei loro trofei.
Questo è tutto, la mia era solo un’esposizione di quanto mi è accaduto, lungo una strada comunale e non all’interno di una riserva di caccia.