“Stato Landi” è il nome con cui la cartografia del ’600 e ’700 indicò il settore dell’Appennino Nordoccidentale corrispondente alle alte valli del Taro e del Ceno, e occupato oggi dai Comuni di Bardi, Bedonia, Compiano e Tornolo, per un’estensione di ca. 450 kmq (paragonabile dunque sia per superficie che per paesaggio all’attuale Principato di Andorra): area che, fin dal Medioevo, fu appunto dominio dei Landi di Piacenza, e in seguito per 131 anni, dal 1551 al 1682, giunse ad una completa autonomia sotto la loro guida –nell’ambito però del Sacro Romano Impero, di cui era parte integrante. Tale situazione si nota molto bene dal nome che, ufficialmente, risulta dagli Statuti stampati nel 1599, e cioè: “Stato dei feudi imperiali Landi”.
Come accennato, fu proprio la secolare azione politica della famiglia Landi a formare il carattere autonomo di questi territori, favorita però dalla loro particolare condizione geografica di area montana non solo completamente circondata da altre montagne, ma, inoltre, alquanto distante da qualsiasi città medioevale (poiché Veleia, la città di riferimento in epoca romana, non era sopravvissuta).
Non è un caso che, nel pieno Medioevo, la nostra zona fosse sotto la signoria dei Malaspina, famiglia nemica delle città comunali e amica degli imperatori. Nelle famose lotte della seconda metà del XII secolo, com’è noto favorevoli alle città, è Piacenza a espandersi fino alla nostra zona, che già faceva parte della sua Diocesi.
Fu così che i nostri Landi, grande famiglia piacentina (ma filoimperiale), si interessarono sempre più all’alta Valtaro e Valceno, con molti acquisti di terre. E poi, cambiata la situazione, e vincente il partito ghibellino nella stessa Piacenza, ottennero nel 1258 –grazie all’azione del valoroso Ubertino Landi– il pieno controllo dell’area; controllo suggellato nel 1312 dall’investitura dell’imperatore Arrigo VII che designava le due circoscrizioni amministrative locali, facenti capo ai castelli di Bardi e Compiano, come feudi imperiali: il distacco da Piacenza era decisamente cominciato.
In questo breve riassunto è bene ora fare un salto di due secoli, in cui la nostra zona fece parte del Ducato di Milano, confermando la sua autonomia ma con alterne vicende, per arrivare alla fine dello stesso Ducato, ossia all’epoca di Carlo V d’Asburgo: nel periodo in cui l’Italia era contesa tra le potenze straniere, il capo della famiglia, Agostino Landi, fu un convinto fautore della politica del grande Imperatore e Re di Spagna, militanza culminata nell’organizzazione della congiura (1547) in cui fu ucciso Pier Luigi Farnese, da soli due anni insediato dal Papa a capo dei nuovissimi Ducati di Parma e Piacenza.
A seguito di queste circostanze fu appunto creato anche lo Stato Landi, in segno di riconoscenza e come baluardo filo-imperiale: con vari atti del 1551 e 52, Carlo V riconobbe ad Agostino Landi non solo Bardi e Compiano già suoi feudi, ma anche la vicina e più grande Borgo Valditaro, togliendola ai Fieschi, famiglia del campo avverso: il titolo principesco che questi ultimi avevano sul luogo fu trasferito ai Landi e ampliato in quello di Principi di Val di Taro (Borgotaro e Compiano) e Val di Ceno (Bardi); l’autorità del Principe Landi fu estesa al massimo grado (ossia alla possibilità di pena capitale) e soggetta al solo Imperatore; fu concesso anche il diritto di battere moneta.
Già in conseguenza di queste decisioni, il baricentro dei nostri territori era nettamente distaccato dall’area piacentina e assimilato a quella della contigua montagna ligure, dove analoghi Stati feudali erano sorti a favore delle famiglie Doria e Spinola. Questo processo fu compiuto entro pochi anni: nel 1578, infatti, Borgotaro, per tradizioni politiche troppo diversa dal resto dei dominii Landi, e vessata dalla loro amministrazione, si rivoltò e decise di aggregarsi allo Stato farnesiano: così rafforzatisi, i Farnese giunsero a privare i Landi dei beni e diritti nella loro sede originaria di Piacenza. Da questo momento, quindi, lo Stato Landi, oltre che sulla lontana Milano (sede del potere imperiale in Italia), si orientò marcatamente verso la vicina Liguria, per motivi sia politici sia economici: un dato che, com’è logico pensare, ebbe ripercussioni sulla cultura locale, connotando in senso più decisamente ligure anche le parlate e le tradizioni della nostra zona. Al riguardo, è assai significativo che, in un volume del 1639, un erudito di Piacenza -dunque di orientamento opposto- pur ribadendo l’appartenenza al Piacentino di queste terre, le definisse come “parte ligustica” dello stesso.
Il nostro Stato visse un suo “periodo d’oro” sotto Federico Landi, principe dal 1589 al 1630, che non solo rafforzò le istituzioni e le magistrature (comunità, tribunali, ecc.), ma organizzò una milizia territoriale, introdusse ordini religiosi, creò un monte frumentario per il prestito di grani e sementi, attivò la zecca, istituì un collegio per la formazione dei notai, promosse un rinnovamento edilizio e persino una certa produzione culturale a sfondo celebrativo. In questo periodo, oltre ai due centri amministrativi di Bardi (marchesato) e Compiano (contea), fu riconosciuta l’importanza e l’autonomo percorso storico di Bedonia, qualificata come baronia e dotata di un proprio magistrato commerciale.
Dopo la morte prematura del suo primogenito, Federico decise di abdicare, lasciando in dote lo Stato alla figlia Polissena, andata sposa a un Doria: tuttavia la stessa, assai longeva, continuò a dirigerlo separatamente dal resto dello Stato Doria, al quale non fu dunque assimilato. Alla morte di Polissena (1679), essendo l’imperatore Asburgo, protettore dei due feudi, impegnato a contrastare il grande pericolo turco su Vienna, i Doria cedettero alle pressioni dei Farnese e, in cambio di sonanti ducatoni, vendettero loro Bardi e Compiano e relativi territori nel 1682. (Giova osservare che, se l’ultima principessa Landi fosse sopravvissuta pochi anni, dopo il 1683, con la netta vittoria sui Turchi, tutto ciò non sarebbe probabilmente avvenuto, e quest’area, entrando nello Stato Doria, oggi sarebbe molto più coerentemente parte della Liguria).
Dopo la sua vendita, lo Stato Landi però non scomparve, ma fu aggregato ai dominii farnesiani con il nome di “Stato di Bardi e Compiano”, mantenendo gran parte delle proprie autonomie sotto la guida di due commissarii ducali. Lo status giuridico dei nostri territori cambiò invece nel 1738, quando l’imperatore Carlo VI, entrato in possesso diretto dei Ducati ex-farnesiani, decretò la fine dei nostri feudi imperiali ed il loro ritorno, dopo secoli, al distretto piacentino.
Tuttavia, la loro amministrazione fu mantenuta separata, e molte delle istituzioni locali, rappresentative dell’ex-Stato Landi, continuarono ad esistere per tutto l’Antico Regime, abolite solo da Napoleone nel 1805. Infine, dopo l’Unità d’Italia, i territori ex-landiani furono assegnati alla Provincia di Parma, alla quale non erano giammai appartenuti...
Ringrazio lo storico bedoniese Piero Rizzi Bianchi per questo prezioso contributo.
Piero Rizzi Bianchi
08/05/2014Ringrazio a mia volta il "blogger" bedoniese Luigi Cavalli per questa bella opportunitā che ha voluto concedere di sua spontanea iniziativa: il pezzo č del resto stato preparato dal sottoscritto come contributo specifico per le conferenze sulla nostra zona che lo stesso Gigi si appresta a tenere, nei prossimi giorni, presso gli istituti culturali italiani nella pur sempre lontana Norvegia. Gli auguro un buono e fruttuoso viaggio.