Il vino, che passione
Lo sgombero è terminato, anche la soffitta può tirare un respiro di sollievo. Era da almeno trent'anni che aspettava quel fatidico giorno. Il raggio di sole che penetra dall’abbaino, evidenziato da una spessa nuvola di polvere, sembra essere alla ricerca delle care e vecchie cianfrusaglie. Hanno preso il volo in un solo botto bauli pieni di vestiti, sacchi stracolmi di scampoli e scatoloni gonfi d’Araldi, Gazzette, L'Alpino e Famiglie Cristiane. Il solaio è ormai pronto a cedere la sua funzione originaria per ospitare di lì a poco un nuovo opificio. I muri si fanno carico dei ripiani per sorreggere i vasi d’erbe medicinali e il pavimento di legno per sostenere gli scaffali traboccanti di curiose confetture, bottiglie di vino e soprattutto libri e manoscritti dedicati a questi nuovi interessi. Così dopo aver passato un intero anno su prestigiosi testi a carpire i segreti del vino, i due “neo cantinieri” decidono di passare dalla teoria alla pratica.
Carichi della passione che li accomuna, iniziano a perlustrare i vigneti della zona, primo tassello di molti altri. Nulla deve essere lasciato al caso per un esordio così rilevante. L'unico rivelatosi in grado di soddisfare le caratteristiche organolettiche delle uve che si stanno cercando è risultato il vigneto “La Peschiera”. Da lì, borse alla mano, si dà inizio alla festosa raccolta in un tardo giorno di Settembre. - E com'è bella l'uva fogarina e com'è bello saperla vendemmiar... – si canta tutti allegri. Ma la “Vendemmia iniziale” è brutalmente definita disastrosa da alcuni scienziati vinicoli. Maurino è il primo a decretarne un sicuro insuccesso.
I due neo cantinieri armati della quantità necessaria del raccolto, decisi come non mai, passano sopra a tutte le inutili chiacchiere e con la stessa determinazione anche sui bellissimi grappoli. A piedi scalzi. Nei giorni successivi la soffitta annega nell’acre odore del mosto che ribolle rigoglioso nelle vaschette: 'Ma per le vie del Borgo al ribollir dei tini Va l’aspro odor dei vini L’anime a rallegrar…'.
Tra poche settimane, per stabilire se tutto procede per il meglio, si potrà passare all'esame del primo vino definito chiaretto. Il colore che traspare tra il bicchiere e la luce della candela li rafforza sempre più nella loro impresa: - Ma non doveva essere una vendemmia inopportuna? - Mai affermazione si rivelò tanto inadatta. Ancora un paio di giorni e potranno travasarlo in damigiana, passaggio forzato per smorzarne i suoi toni ancora vivaci. Finalmente, dopo il temporaneo riposo il vinello potrà prendere posto in bottiglia e, complice il tempo, ammorbidirà la restante ruvidezza che lo caratterizza. Nella trepidante attesa passano all'assaggio del vino preparato dai colleghi piemontesi nelle vendemmie passate.
Gli spunti acquisiti serviranno per applicare con più sicurezza gli eventuali tagli da apportare al loro prodotto al fine di migliorarlo in ogni sua parte. La prova del fuoco avverrà nel mese d’Aprile, periodo finale della lavorazione e tempo d’imbottigliamento. La luna piena e splendente è alta nel cielo. Ora tutto è pronto per suggellare le trenta bottiglie bordolesi con i sugheri di prima qualità, l'imbottigliamento a «martello» e le etichette scritte a pennino che mettono il punto finale a quel «rosso porpora» che tra qualche tempo dovrà diventare il «Frambos 1976».
Giugno si apre con l'invito in soffitta di grandi degustatori e solo ora sarà possibile stabilire se tutto è andato per il verso giusto. Maurino e Bancalari ne escono più che entusiasti. Sugo a loro differenza, vuole complimentarsi a modo suo, scrivendo di proprio pugno sul «Ricettario del Cantiniere» i seguenti tre criteri di valutazione:
- Un esperimento perfettamente riuscito questo Frambos 76 fatto da Cavalli & Sghia. Ha colore rubino con riflessi purpurei di media concentrazione. Al naso si avvertono una nota di vaniglia, non coprente, e sentori franchi di ciliegia. In bocca entra caldo, ricco di buon nervo, che dura per tutta la beva. Il finale è ardente, con alcune sensazioni tanniche che accompagnano piacevolmente il lungo retrogusto. Ma voglio così concludere: per Bacco… sarebbe meglio chiamarlo Nettare degli Dei! -
Senza dubbio le svenevolezze poetiche del Sugo/Bagnetta hanno uno scopo: essere gradito ospite alle libagioni che prossimamente dovrebbero contraddistinguere l’ormai celebre “sottotetto dei due cantinieri”. Dopo il successo ottenuto, i due esauriscono in un batter d’occhio le scorte. Solo una bottiglia, accuratamente ceralaccata, è sopravissuta per via di una solenne promessa.
Per non restare ulteriormente tutti a bocca asciutta si ripeterà l'identica operazione due anni dopo, riconfermando la stessa qualità dell’esordio trionfale.
- Anche se a dire il vero è risultato un po' meno armonico e di non grande struttura! – annota un Sugo molto attento ed altrettanto puntiglioso.