Langhe - I

Novembre 2006 Neive.

Nelle Langhe. E' qui che mi soffermo. In una casa di campagna portata via da un quadro di Monet. Non è stata la prima volta. In quella vecchia distilleria di grappa c'ero già stato in più occasioni. Oggi però si respirava un'altra aria. Aleggiava un senso di trapasso: credo la fine di un'epoca.
L'ho visto per pochi minuti, era lì, sorretto da un paio di suoi devoti collaboratori, in quel cortile un po' naif, tra quei muri anneriti dai vapori e dal tempo. Sì, nonostante quegli ottant'anni gli pesassero come un macigno, era ancora lì, attorniato da vecchie fotografie che lo ritraggono con noti ammiratori, tra bozze di sue etichette, diplomi di benemerenza, articoli di giornali, quadri ad olio, tra infiniti sguardi di civette in terra cotta.
Ciò che resta di quel passato rimane all’aria aperta, riparato solo da una tettoia di lamiera, ad affermare che quelle sue nostalgie appartengono anche un po’ a tutti noi. In quell'antico opificio di Neive, Romano Levi ci vive da sempre e prima di lui il papà che gli tramandò l'arte della distillazione. Da lì non si è mai mosso, ha tutto il necessario per vivere: l'antiquata distilleria delle vinacce, lo studiolo per disegnare a mano le sue prestigiose etichette, la cucina e la camera da letto. Unica modifica nei tempi è l'etichetta che non è più disegnata a mano, era un pezzo unico, da qualche mese è stata sostituita con quella originaria, stampata, che ideò il padre Serafino.
Ricordo quando al cancello c'erano file di persone, in gran parte tedesche, svizzere e americane, che premevano per ottenere una sua bottiglia e poi scattare una fotografia con l'artefice di quella grappa così esclusiva. Anche oggi c'è un andirivieni di genti, anche se ad accoglierli c'è il “fattore”, il suo braccio destro, e non è più la stessa cosa, in quel quadro manca il soggetto, il volto, l’anima.
Mi è dispiaciuto davvero vedere quel luogo talmente intriso di passione e di storia in un così triste decadimento, ma non avrebbe nessun senso una continuità, l'originalità era racchiusa in quell'uomo un po' artista e un po' poeta. Mi dispiace anche immaginare che le ragnatele del suo studio, le “tende del tempo” come le chiama lui, verranno rimosse prima o poi da quelle finestre, trasparenze che per un'intera vita gli hanno mostrato l'ispirazione per disegni e dediche da riportare su migliaia di bottiglie, a questo punto sparse in tutto il mondo e ormai trasformate in ricercati oggetti di culto.