La stanza del testo

In alcune località dell'Alta Valtaro, quelle poste a confine con la Toscana e la Liguria, viene ancora utilizzata un'antica tecnica di cottura, quella con il testo
Quando ho infilato la grossa chiave di ferro nella toppa e ho aperto la porta, pur sapendo che quello era un luogo abbandonato, ho cercato di immaginare la vita di chi l’aveva vissuto, favorito poi da un’inattività solo apparente: come se da quella sedia vuota davanti a me si fosse appena alzata un’anziana signora. A questa scena mancavano solo le braci roventi sotto al testo, poiché tutto era rimasto come allora. Non so a quale anno addietro...
Mi piace la percezione di quando all’immobilità si aggrappano le cose e il tempo, tanto da farle apparire reali, da sentirne i rumori e percepirne i profumi. Alcune frazioni del territorio di Albareto, Borgotaro e Berceto sono terra di confine con la Toscana, così come sono in "odor" di Liguria alcuni paesi del Comune di Tornolo e Bedonia, tra questi Casale, Tarsogno, Santa Maria del Taro e Bruschi di Sotto e di Sopra. Le tradizioni e i sapori –così come i dialetti– di questi territori, pur essendo oggi emiliani, nei secoli si sono mescolati insieme, motivo per cui diverse ricette tradizionali sono preparate solo in determinati luoghi e con tecniche arcaiche.

La più affascinante e celebre è indubbiamente la cottura nel testo, così si chiama questo antico strumento. A differenza della Lunigiana, dove il testo è impiegato per la preparazione dei testaroli, per la torta d’erbi o per l’agnello di Zeri, con questa pratica, da noi di qua dal crinale, vengono cotte le torte salate -patate, riso o erbette- oppure la baciocca nella zona di Santa Maria del Taro; anche se, oggi, molte donne di casa lo impiegano per le più svariate cotture. In entrambi i luoghi era, ed è, anche utilizzato per la cottura del pane. Tutte queste abituali preparazioni vengono spesso adagiate su foglie di castagno per aumentarne la fragranza.
 
La stanza dedicata alla cottura con il testo è posizionata all’interno di un locale staccato dall’abituale cucina, solitamente in una piccola costruzione in pietra, sul fianco dell’abitazione (come è d’uso fare con il forno a legna). Questo manufatto è spesso adoperato anche per l’essiccazione delle castagne, e in questi casi il soffitto è realizzato con listarelle di legno per far filtrare il fumo e il calore sottostante (ecco il motivo per cui i muri sono sempre anneriti).

Anche il piccolo rustico in cui mi sono imbattuto, posto a monte di Albareto, aveva questa doppia funzione, e tutto vi rispecchiava la più fedele tradizione: le fascine di stecchi per accendere il fuoco, due cassette (dell’uva) per contenere i pezzi di legno più grandi, una vecchia pentola per raccogliere la cenere e diversi bastoni e palette per controllare le braci, oltre, ovviamente, al testo, realizzato in ghisa, con relativo contrappeso per alzarlo da terra, poiché pesante e rovente. Appoggiata al banchée, una sorta di cassa per contenere le farine, c’era anche una lüvèra (tagliere in legno) per accogliere la torta una volta cotta ed essere poi trasportata in casa per il pasto di famiglia. In quella stanza, dai muri neri e ornata da grosse ragnatele, c’era anche una vecchia stufa “a quattro buchi”, sistemata lì per meglio accogliere il paiolo di rame.

Non mancava veramente nulla… ogni cosa era al suo posto, pronta per essere usata, tutto talmente reale che, oltre alla sensazione iniziale dell’anziana signora seduta accanto al focolare, per qualche secondo ho anche avvertito un sentore di una torta giunta a cottura, mescolato al tipico profumo della polenta quando borbotta intu ramée.

FOTO: la cottura di una baciocca nel testo



4 Commenti
  1. Francesca M.

    E sì caro Gigi , anche nella mia casa a Casale Valtaro, dove fino a pochi anni fa ha abitato mia nonna, esiste una stanza identica a quella che hai pubblicato. Lei l'ha sempre utilizzato per la cottura delle torte salate e del pane !

  2. Sandro Sbarbori

    Anche mia nonna materna a Bruschi di Sopra lo usava, era in una stanza simile in una casa non più abitata ed era a disposizione delle famigliedel paese.
    Alcune avevano il forno ma certe cose le facevano al testo.
    Ora è da qualche parte in cantina perché quella vecchia casa, diventata pericolante è poi crollata.
    I sapori delle coae cotte al testo, pane compreso, me li ricordo ancora bene...

  3. Stefano M.

    Ah, non lo sapevo dell'uso del testo nell'alta val Taro, sapevo di Corchia e immaginavo del pontremolese, perché legato anche alla cultura della castagna, nel senso di farina e relativo utilizzo, sarebbe interessante se ci fosse qualche pubblicazione che ne avesse seguito il percorso, in tutti i sensi, in quanto la val Taro era una via trafficata nei tempi, da uomini animali e cose.

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