Viaggio sentimentale nell'Italia dei vini

Le Langhe di Piero Busso: terra, viti e un profumo di vino autentico
Dire che ogni volta che ritorno in Piemonte, anzi nelle Langhe, mi si apre il cuore. È una terra che mi riporta al passato, alla prima passione, a quella per il vino. Sì nel 1976, all’età di undici anni, provai a mettere in pratica la tecnica della fermentazione dell’uva e trasformarla così in alcool. In quella precoce impresa, a dir la verità, non ero solo, avevo un assistente, l’amico Paolo. Lo chiamammo “Frambos 1976”, di quel “rosso” ne conservo ancora una bottiglia.

Erano i tempi che seguivo con passione i consigli, anzi gli ammonimenti, che decantava con estrema passione il più grande enologo, o storico del vino, del novecento: Luigi Veronelli. Ricordo che attraverso il programma RAI “Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini” e nella rivista mensile “Civiltà del bere”, persisteva a far capire all’Italia quali erano le potenzialità di questo settore e che non si trattava quindi di una semplice bevanda da pasto.

Era il 1979 e lì parlava direttamente ai piccoli vignaiuoli, andandoli a scovare nelle campagne nebbiose più remote, cercando di farli emergere puntando sulla qualità e non sulla quantità, di diradare quindi le uve, di battersi per ottenere la denominazione d’origine della loro zona, di abbandonare la damigiana o il fiasco e puntare alla bottiglia, si liberassero una volta per tutte da insensati complessi d’inferiorità nei confronti della Francia e facessero risaltare appieno tutte le loro enormi potenzialità.
Era un grande personaggio e soprattutto non era “addestrato” da nessuna “guida” di settore, era tutelato invece dalla sola passione, in quello che faceva e diceva ci metteva cuore e cervello.

Se oggi ci sono produttori noti in tutto il mondo credo sia anche merito suo, ma non solo, se oggi beviamo eccellenti vini italiani credo sia anche per merito suo. Un esempio su tutti, i Barbaresco di Piero Busso, piccolo produttore di Neive, motivato dalla sola passione per il buon vino e non dalle mode. Una persona schietta e saggia, con le scarpe sporche di fango, i pantaloni a coste di velluto e le mani callose.

Da quindici anni a questa parte l’ho sempre visto incondizionato da riconoscimenti, premi e “bicchieri” che nel frattempo aveva messo da parte. Piero continua per la sua strada, quella che lui ritiene giusta, sì, è proprio come l’avrebbe voluto il buon “Gino”.
Il Frambos 1976


4 Commenti
  1. valebd

    ti devo portare nella mia cantina allora...peccato che è rimasta solo l'attrezzatura poiche di bottiglie non ne sono piu rimaste, ma ho iniziato a fare il vino con mio papà a sei anni, pur non amandolo bere, ancora con i piedi nella botte gigante che era alta come me adesso, che ci salivi su con una scala, e portare le cassette tutte provenienti dalla toscana dove mio padre andava a prenderle e le distribuiva in tutta la valtaro, dove a volte andavo anche io e giravo tra le viti con il vignaiulo che ogni volta che tornavo ero una festa...quanti ricordi d'infanzia...

  2. GT

    Si, il vino le langhe e il tartufo tengono vivi anche in me ricordi familiari e di paese molto belli...Mio Nonno (u Peritu) che andava a Narzole a prendere il vino(e ci metteva sempre un pà di più di quanto sperava mia nonna...) per l'osteria, mio padre e Billy e altri amici che andavano da Aldo Conterno e dintorni già sul finire degli anni 60...e da Felicin già allora...e al Belvedere a La Morra e a comprare la carne di fassona...e tutte le settimane a guardare Veronelli in tv...si è stato bello...li per li strozzerei il fotografo per quelle 500 foto, ma poi quando le vedo capisco che almeno un ricordo anche visivo è importante...

  3. Chicchi

    Bel articolo Gg e grazie per avermi fatto rivivere cari ricordi. A casa mia, ancor oggi, i preparativi per la vendemmia ed i passaggi successivi sono dei veri e propri "riti sacri", vissuti con amore e passione che si tramandano di generazione in generazione ed ogni anno quando è arriva il grande momento dell'assaggio del vino novello, il ricordo di mio nonno è sempre vivo e presente.
    Grazie e complimenti anche per le foto, dimenticavo quando sei in zona una bottiglia del ns. vino è sempre pronta per esser stappata in tua compagnia.

  4. io

    ma vai a quel paese va...!!!! adesso mi spieghi come cavolo hai fatto a trovare la fontana di edera, fotografarla con lo scopettone di fianco e tirarci fuori ugualmente sto capolavoro.

    Ma soprattutto mi piacerebbe sapere quanto tempo ci dedichi durante i tuoi viaggi!!! perchè ne fai talmente tante e... di livello che sembra quasi che vai via per fotografare e stop.

    Ma conoscendoti lo so che non è così!!! In un racconto spiegaci come nasce uno dei tuoi scatti, cosa ti fa fermare e decidere che quello è il momento giusto con la luce giusta con l'inquadratura giusta.

    Anche il cane che abbaia alle bottiglie, come caiser hai fatto a vedercelo mentre passavi?

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