Nino de Ninòn

Nino Serpagli, gioviale personaggio bedoniese, nonchè storico fabbro
Praticamente lo conoscevo da quando sono venuto al mondo: le nostre case erano separate solo da un paio di portoni. Anche per questo motivo lo incrociavo quasi quotidianamente, e non c’è stata volta che non ci fossimo fermati almeno 30 secondi, certamente neanche una volta per uno striminzito “ciao” e via, ognuno per la sua strada. Mai. Ogni volta c’era qualcosa da dire: un aneddoto legato alla nostra Contrada, una testimonianza del suo passato o un ragionamento legato alla politica, sia locale che nazionale, oppure una battuta su questo o quella, che identificava sempre con il soprannome e mai per il nome. Insomma un uomo che non ho mai notato con la "luna di traverso". Mai. Ecco, Ninón era tutto questo: un Bedoniese fino al midollo, una persona tradizionalista e al tempo stesso gioviale e, a mio giudizio, anche saggia.

Nino Serpagli, classe 1937, era nato a Bedonia. Nella sua vita ha sempre avuto per mano il ferro, prima come maniscalco, poi come fabbro. Di Serpagli in paese ce ne sono molti, ma il loro ramo famigliare è sempre stato, fin dall’Ottocento, caratterizzato dal mestiere du ferèe.
Il nonno Francesco era stato fabbro, così come il papà Luigi "Gigetto" e suo fratello Costantino erano fabbri, ma anche altri Serpagli lo erano, come u Pierinu du Lööu Giginu du Verègu e Giuseppe de Pinaja o Bacalóo, mentre in tempi più recenti seguirono Crispiniano du Verègu e Bruno de Palén.

L’estate scorsa era venuto a trovarmi in giardino assieme ad una bottiglia fresca di Malvasia piacentina. In quella occasione mi aveva consegnato dei fogli, scritti a penna, con annotate le famiglie che abitavano la "contrada" negli anni del dopoguerra, in particolar modo il nome e il numero dei loro figli: "Allora c’era più gioventù in questa via che adesso in tutta Bedonia!". Oltre a questo interessante documento, di cui seguirà articolo, mi parlò del suo lavoro: ci teneva infatti particolarmente ad essere sempre identificato come u Ferèe.

A ragione, poiché aveva sempre fatto il fabbro. Aveva cominciato quando aveva solo sei anni nel laboratorio di famiglia in via Vittorio Veneto, inizialmente accanto alla fucina a soffiare l'aria col mantice, poi a fare i buchi ai "ferri", dopodichè, con la pratica acquisita, passò direttamente alla forgia seguita da tenaglia, martello e incudine.
Negli anni del suo apprendistato prevaleva però il lavoro di maniscalco: "Per ferrare un animale bisognava essere prima di tutto un buon fabbro. I ferri di cavallo si facevano, non come adesso che li comprano già fatti … si teneva una barra sulla forgia finché il ferro diventava rosso, poi con le lunghe tenaglie lo si metteva sull'incudine e giù a batterlo e curvarlo fino a che non prendeva la sua forma".

In quel periodo il lavoro non mancava nonostante la concorrenza, poiché queste officine erano anche il punto di riferimento per gli agricoltori della zona: oltre a ferrare cavalli e muli, riparavano le attrezzature, forgiavano utensili, affilavano lame e quant’altro necessario per il lavoro nei campi. Spesso si recavano anche in trasferta in Alta Valceno per ferrare i muli: lì c’erano numerose imprese che adoperavano questi animali da soma per trasportare legname e carbone.

Poi, con il passare degli anni, il lavoro cambia: non c’era più da ferrar muli, ma da costruire elementi per le aziende industriali e la fiorente edilizia, tanto che decide di trasferirsi in via Ronconovo nel suo nuovo capannone, iniziando così la costruzione di ringhiere, cancelli, inferriate e serramenti.
A lavorare e ad imparare un mestiere da Ninón ci sono passati in tanti, e c’è stato un periodo, negli anni ’80, in cui si contavano una ventina di dipendenti. Negli anni ’90 entrerà in azienda anche il figlio Luigi, e con lui avvieranno la produzione di serramenti in alluminio.
Nino appoggerà gli attrezzi sul bancone dopo sessant'anni di lavoro, la meritata pensione arrivò nel 2000, anche se idealmente è sempre rimasto quel bravo artigiano del ferro quale era e per cui sarà ricordato.

Oggi ho parlato con la figlia Evelina e mi ha riferito una delle sue ultime battute: "Quando non mi vedranno più in giro, di soltanto che Ninón è andato in ferie insieme a Luigi e alla Maria".

P.s.

Ringrazio Maria Pina Agazzi per i soliti ragguagli storici

Ha collaborato a questo post:


FOTO: il manifesto di saluto



12 Commenti
  1. Trilussa

    Se il nostro Nino rientra nell'Olimpo di Esvaso significa che è cosa buona e giusta. Esempio di rettitudine, onestà e di integrità morale. Un caro saluto

  2. Gian Giuseppe

    Hai risvegliato ricordi d’infanzia indelebili ed ogni volta che ritorno nella contrada mi sembra un luogo surreale ...
    Eterno Riposo Ninön

  3. Peppino Serpagli

    Riposi in pace il caro cugino Nino. Lui sapeva tutta la storia dei vari rami Serpagli e diceva che tale cognome, tipicamente bedoniese, deriva da un antico Ser Paolo. Nel Perinu che tu indichi manca una "i" e cioé in effetti era Pierinu, marito della indimenticabile Angiulina du Fredu.
    Sentite condoglianze a Evelina e ai nipoti.

    Peppino Serpagli

  4. Andrea Serpagli

    Essendo stata, nel tempo, Via Vittorio Veneto un riferimento costante della mia vita (da lì arrivano entrambe le famiglie dei miei genitori, lì vivevano i miei nonni e lì ci sono nato pure io), di Nino ho gli stessi ricordi di Gigi. Un Bedoniese rimasto, nel tempo, molto legato ai ritmi, alle tradizioni ed alle consuetudini tipiche del piccolo paese dove è nato e dove ha finito per passare tutta la sua vita. Un Bedoniese fiero delle sue origini, che non si stancava di indagare. Una persona che, come acutamente faceva notare, da buon osservatore qual è, pure Gigi, non capitava mai di vedere alterata od imbronciata; uno “in pace con se stesso ed il mondo”, a prescindere.

    Una persona che ti faceva piacere incontrare in paese; sempre con una battuta, una barzelletta o un aneddoto per intrattenerti. E che immancabilmente accompagnava con un sorriso od una contenuta risata. Così come, in ogni occasione di cui io serbi memoria, ogni nostro occasionale incontro terminava immancabilmente con la sua identica domanda: “Ma ti’ te in Serpagli de culi bon?”. A cui, naturalmente, seguiva la mia risposta standard: “Bon, bon”, che lui accettava col suo solito sorriso bonario e la tipica scrollata di spalla. Ciao Nino, che la terra del Colle San Marco ti sia lieve. E tranquillo: continuerò ad essere, come sei stato tu, ……… "in Serpagli de culi bon".

  5. Franca

    Lo ricordo con affetto nella giornata del 1° Maggio a Anzola con il suo foulard rosso, il cappello di paglia, la camicia di flanella a quadri e intriso di tanta spontanea allegria e giovialità. Ci mancherai caro Nino

  6. Sandron

    Queste storie una volta si raccontavano nelle osterie come passatempo, quando non c'era la televisione. Ninon era uno di quei personaggi che fanno rimpiangere quei tempi nei quali l'umanità era espressa attraverso la parola data che era quella che contava. Grande maestro del ferro e lo ricordo quando da ragazzo lo guardavo meravigliato davanti alla forgia, ipnotizzato da quel ferro rovente che prendeva lentamente forma e lui che mi diceva... fatte in là Sandron !

  7. Archaeopteryx

    Da quell'angolo di cielo riservato ai giusti ed agli onesti, accompagnaci quotidianamente nel nostro peregrinare alla ricerca della giusta via.
    Ciò che ci hai insegnato sia esempio per tutti noi.
    Grazie.
    Archaeopteryx

  8. Silvana A.

    Adoro le persone di questa generazione, chissà perchè sono di altro stampo rispetto ai tanti furbetti che girano tra di noi oggi in cerca di farti fesso o del guadagno facile. Nino era per la nostra famiglia un galantuomo anche se mi è sembrato di capire che la stima era diffusa tra i suoi conoscenti.

  9. Luciano/il milanese

    Mi associo al commento dell'amico Peppino Serpagli; tante volte ci siamo fermati a piacevolmente chiaccherare insieme!!. Nonostante conoscesse benissimo il mio nome, mi chiamava sempre Serpagli quasi a cementare l'amicizia per la nostra comunione di cognome e di origine.

    E' proprio vero: conosceva la storia di tutti i rami dei Serpagli; del mio ramo mi ha mi ha raccontato particolari e aneddoti che nemmeno io conoscevo anche perchè io non sono nato a Bedonia ma ho frequentato il borgo solo d'estate.

    Una volta mi descrisse l'etimologia del nostro cognome: si parte da un bedoniese commerciante di fieno, paglia e affini, tale Messer Paglia, nome che, col passare del tempo - cadute le prime tre lettere e unite le due parole, divenne Serpaglia e in seguito, sempre per lo stesso motivo, Serpagli. Ipotesi molto suggestiva che ho sempre raccontato con successo a tutti quelli che si incuriosivano di questo cognome un po' strano che faceva subito pensare ai serpenti.

    Mi piace pensare che Nino si sia trovato anche lassù un incudine e un martello e continui a lasciare tutti a bocca aperta. Quando verrò a Bedonia sentirò la tua mancanza.
    Sincere condoglianze alla famiglia.

  10. Evelina

    Vi ringrazio di cuore per aver ricordato il mio caro papa'.
    "Una grande anima serve tutti sempre. Una grande anima non muore mai. Ci riporta insieme ancora ed ancora. Non lo so dove vanno le persone quando cessano di esistere. Ma so dove restano... ❤️"

  11. Albino Serpagli

    Sorry to hear the news he was my fathers cousin. Gigi how old was he and what did he have last time I saw him he gave me the history of the Serpagli family in Bedonia

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