La storia del 'Cristo'

Il crocifisso bronzeo che domina il paese di Bedonia è presente dal 1938, tant'è che il luogo che lo ospita è ormai chiamato il 'Cristo'
Chi, se non lui, può sapere la storia del "nostro" Cristo? Non potevo quindi che rivolgermi a Giacomino per farmi raccontare di quella bella scultura, raffigurante Gesù sofferente sulla Croce, che domina l’abitato di Bedonia dal 1938.
Il suo ricordo parte proprio da quando era bambino, da quella foto che gli scattarono nel 1956, in occasione della sua Prima Comunione: in posa con pantaloni corti, gassa al braccio e mani giunte sui gradini del basamento in pietra arenaria.

I suoi genitori gli hanno sempre raccontato che la croce fu posizionata nel 1938, in occasione dell'Anno delle missioni. A testimonianza di questo avvenimento, c'è un bellissimo documento, rintracciato dallo storico e archivista Piero Rizzi Bianchi nell'archivio parrocchiale (e che qui riproduciamo in allegato per gentile concessione del parroco Mons. Lino Ferrari), riportante i nominativi dei ben 362 benefattori, tra singoli e famiglie del "Popolo di Bedonia", che contribuirono, con le proprie offerte, alla realizzazione dell’artistico monumento in bronzo.
Scorrendo queste dieci pagine si leggono cognomi quasi tutti prettamente bedoniesi, e sono quindi certo che emozioneranno anche voi, soprattutto quelli che avranno la pazienza di leggersele tutte, una dopo l’altra, magari in cerca di propri famigliari.

Al nostro Giacomino, di quel "Cristo", essendoci nato poco distante, non è mai sfuggito nulla: "Fin da bambino ci andavo spesso con mia nonna Maria Pinchiaroli (Mariétta du Puméttu) e, quando il tempo lo permetteva, ci fermavamo anche a recitare il Santo Rosario. Durante il mese di maggio, inoltre, si recitava ogni sera, e dopo la cena ci riunivamo sotto alla croce assieme alle famiglie vicine: i Rossi (Perón), i Serventi (Zuncarézzu) e i Del Grosso (u Péru). In quella sorta di panchine in pietra, disposte a U attorno al basamento che sosteneva la croce, a volte non c'era posto per tutti per sedersi, tant'è che noi ragazzi ci accomodavamo sui gradini o restavamo in piedi".

Il monumento venne realizzato rispettando tutti i crismi di bellezza, solidità e grandezza, come si può dedurre dall'importo raccolto tramite la sottoscrizione: ben 1.508 Lire dell’epoca. Le offerte corrispondono, in gran parte, ad una o due Lire, ma sono presenti anche quelle da 20 Centesimi, mentre quattro famiglie, probabilmente più abbienti, donarono anche 100 Lire e 200 Lire, così come si possono anche notare le sole "offerte spirituali", oppure "una Santa Comunione"… come si dice in questi casi: "A Dio basta il pensiero".

A quel tempo era ancora viva la tradizione delle rogazioni, e la scelta di posizionarlo al di sopra di una curva della strada provinciale per Chiavari, su un terreno della famiglia di Galli Clemente, era stata suggerita dal fatto che proprio in quel sito esso avrebbe completato una sorta di croce, idealmente tracciata sopra al paese: una linea tra l’oratorio di San Rocco in via Roma e quello di Santa Croce in località Sopra San Marco, e l’altra tra l’oratorio del Serpaglio e appunto questa sacra immagine. In quelle occasioni le processioni si avvicendavano, con devozione ed in preghiera, in direzione di quei quattro punti: una fra le tante tradizioni religiose andate perdute…

Nei primi anni '70, quando la famiglia Galli volle costruire la sua nuova casa e con lei una nuova via di accesso –quella esistente aveva lo sbocco in piena curva e non era transitabile con mezzi moderni– l’Amministrazione Provinciale decise così di modificare il tracciato e rendere la strada più sicura: intervento che includeva anche lo spostamento, di qualche metro più a monte, dell'intero monumento del "Cristo".  

Qualche anno dopo, nel 1983, con il cambiamento della toponomastica, il Comune di Bedonia diede il nome alla stradina che collegava quel luogo con piazza Senatore Micheli (o delle Corriere), correttamente assegnandole quello di "Salita al Cristo".
Come pure, sempre in quegli anni, molti ricorderanno che il luogo fu utilizzato per ambientare ben due riuscite edizioni della resa scenica della Passione ideata per il Venerdì Santo dal caro Arturo Curà.

Si deve inoltre notare che, da alcuni decenni, mancano dal manufatto due pezzi originari che lo abbellivano in modo significativo: la corona di rose in ferro battuto a forma di ∩ posta intorno al Gesù e la lanterna, sempre in ferro battuto, che lo illuminava nella notte.
Fortunatamente la lucerna era stata recuperata dal nostro Giacomino e, negli anni, da lui restaurata e custodita, ma non è ancora sopraggiunta la disponibilità di riappenderla; mentre il coronamento di fiori metallici era stato notato nel magazzino della canonica parecchi anni fa.
Sarebbe ormai fortemente auspicabile una dignitosa risistemazione che riporti questo monumento della fede e della storia locale nella sua giusta importanza.
Per l'occasione, il Comitato per la rivalorizzazione storica di Bedonia “Veterrima Plebs” offrirebbe la sua opera per il riposizionamento della lampada, e, augurandoci che venga ritrovata, anche della corona.

Sono ormai 84 anni che da quel punto il Crocefisso veglia sui Bedoniesi o su chi passa di lì, tant'è che ancora oggi, quando s'incrociano gli automezzi in quel punto, si notano autisti o passeggeri farsi il segno della croce. Che il paese ora torni a prendersene cura avrà non solo un significato civico e culturale, ma anche un valore di più luminosa speranza e protezione in questi tempi travagliati.
PDF: nomi/cognomi e donazioni

Il 'Cristo' ieri e oggi - Le donazioni



6 Commenti
  1. Paolo

    Bravo Gigi. Tempo fa noi alpini ci avevamo fatto un pensiero per dargli una rinfrescata, ma poi ci siamo arenati e non abbiamo più portato avanti il progetto... magari in futuro se qualcuno vuole prendersi a cuore questo restauro noi daremo una mano sicuramente.

  2. Virgy

    La salita del Cristo ci porta lontano nel tempo, ognuno di noi ha dei bellissimi ricordi, se decidete di ristrutturarlo, fammi sapere. Grazie Gigi

  3. Peppino Serpagli

    Quanti bei ricordi di quando da bambino andavo insieme ai miei coetanei a giocare ai cow-boys nel "magico" avvallamento di Terrrossa, passando prima per il Cristo. Salivamo prima per un ripido e breve viottolo vicino all'orto dei Carpani. Interessante la storia del Cristo e delle relative donazioni per costruirlo.
    Peppino Serpagli

  4. Antonio

    Mi è capitato più di una volta di passare di lì nei miei viaggi e mi sono sempre chiesto il perché di un’opera così in un luogo non pratico per visitarlo. Adesso finalmente ho una risposta al mio “perché”. I cittadini di Bedonia possono essere fieri dei loro antenati che hanno ricevuto in eredità un simile “protettore”. Quando avrò l’occasione di ripassare di lì mi riprometto di trovare un parcheggio e visitarlo da vicino.

  5. Giorgio

    Da piccolo, ma anche quando ero più giovane, coltivavo una evidente attrazione verso tutto ciò che era sacro, forse per la frequentazione scolastica del nostro seminario. Mamma mi portava sempre con lei a San Marco alla messa pomeridiana della domenica e una volta per l’intero mese di maggio presso questo luogo lecitamente soprannominato ‘Cristo’; calde e profumate serate che custodisco ancora nel profondo per la loro unicità adolescenziale. Ricordo ancora molto bene quando un giorno, immagino in prima Ginnasio, disegnai la figura di un Cristo dolente sulla croce e la scenografia circostante raffigurava esattamente il luogo di questa storia che non conoscevo. Se mai dovessi trovare quel foglio lo manderò.

  6. Piero Rizzi Bianchi

    Purtroppo, dal controllo effettuato nel magazzino della canonica, la corona metallica di rose non risulta. Ma c’è anche una notizia positiva: avendo ritrovato i relativi documenti in archivio parrocchiale, posso ora narrare in dettaglio la storia del nostro bel Crocefisso.

    La nota missione fu tenuta a Bedonia dal 16 al 27 febbraio 1938, dai preti dell’Istituto Imperiali: congregazione che, fondata a Roma nel 1764 dal nobile abate genovese Francesco Imperiali per incrementare le missioni popolari nello Stato Pontificio, operava in particolare appunto nel Centro Italia.
    Cosa dunque li portò a Bedonia? E’ presto detto: il piacentino Mario Nasalli Rocca (1903-1988), giovane monsignore di Curia a Roma, era un attivo membro e animatore appunto di quell’Istituto e insieme una conoscenza del nostro arciprete Checchi, che lo contattò nel dicembre 1937. Nasalli lo ringraziò per il “magnifico pacco di funghi e di salumi” ricevuto, organizzando la venuta dei predicatori per il febbraio successivo.

    Mons. Nasalli Rocca non poté poi partecipare di persona alla missione bedoniese, in quanto impegnato nell’assistere una zia morente; ma tutto si svolse, per ben 12 giorni e con tre missionari, con la dovuta solennità e un’organizzazione esemplare. Ogni giorno, i fedeli avevano la possibilità di partecipare a vari momenti di vita e formazione spirituale: la Messa delle 5.30, la istruzione a dialogo delle 6, la Messa parrocchiale delle 9, la conferenza spirituale delle 9.30, il Rosario delle 17, la predica di riforma delle 17.15, la predica di meditazione delle 18 e, infine, la benedizione delle 18.45. Nei vari giorni, furono inoltre proposte prediche destinate alle varie categorie: fanciulli e fanciulle; giovanetti; giovani donne (dai 14 ai 30 anni); uomini e giovanotti; madri e spose. Il tutto, accompagnato anche da cerimonie e momenti particolari, ossia: benedizione dei bambini, Comunione degli infermi, giornata eucaristica, pellegrinaggio al cimitero, Comunione della gioventù, ritiro spirituale per il clero. Chiuse la missione una solenne veglia eucaristica nella notte tra sabato 26 e domenica 27 febbraio: e varrà la pena di notare che si era proprio nel fine settimana di Carnevale…

    Nonostante il programma impegnativo, la risposta popolare fu adeguata, tant’è che il missionario don Scavizzi, un mese dopo, scrisse entusiasta a mons. Checchi che “il rapido e incessante succedersi delle missioni non può e non potrà affievolire il ricordo di Bedonia!” Con le offerte raccolte dai Bedoniesi nel fervore di quei giorni (vedi elenchi qui riprodotti) era stato contattato, per forgiare la statua del Crocefisso, un artista operante a Roma e ben conosciuto dai missionari dell’Istituto Imperiali: il siciliano Giuseppe Pirrone (1898-1978), allora quarantenne e in piena formazione di un proprio stile artistico.

    E’ significativo dello zelo instancabile di questi missionari che, per Bedonia, essi ordinassero al Pirrone un crocefisso simile ad un suo altro, che era stato appena inaugurato nella missione di Anagni (Frosinone); e che, dopo che lo scultore comunicò al nostro Arciprete di aver ultimato il corpo (vedi foto -era il 24 aprile), gli stessi predicatori “dirottassero” a metà maggio l’opera appena finita verso Spoleto (Perugia), dove avrebbe potuto giungere in tempo per inaugurarsi alla fine della missione colà predicata.
    Nel frattempo, comunque, il bravo artista si era già rimesso al lavoro per preparare un nuovo Cristo per Bedonia: nella lettera del missionario, si parla dell’inizio di luglio come eventuale data d’inaugurazione: è quindi ben possibile che questo sia avvenuto nelle festività per la Madonna di San Marco, anche se (almeno per ora) non si sono trovati altri documenti che lo confermino.

    Quanto al dato artistico, si deve notare la bellezza espressiva che l’autore riuscì a trasmettere nel volto e nelle forme del Crocefisso. La cosa è tanto più notevole, in quanto nell’opera bedoniese già si colgono quelle capacità che, di lì a poco, resero Pirrone un artista affermato.
    A partire dallo stesso 1938 e per tutti gli anni Quaranta si ebbe, infatti, una sua fortunata produzione di ritratti scultorei di vari personaggi. Questo il giudizio che si legge nell’Enciclopedia Treccani: “Fedele al rigore stilistico di ascendenza rinascimentale, in queste opere coniugò compostezza formale e vigore plastico, riuscendo a conferire una certa vitalità ai soggetti, che ritrasse con particolare acutezza d’indagine e una marcata quanto precisa registrazione delle fisionomie.”
    E lo stesso tipo di classicismo e di abilità osservativa si ritrovano, poi, nel bellissimo Crocefisso fatto per la collegiata di S. Giovanni a Macerata (1950: vedi foto), come pure nella particolare forma artistica che Pirrone praticò dagli anni Cinquanta, e che lo rese celebre: quella di scultore di medaglie.

    Proprio per quest’ultima attività, esercitata in buona parte al servizio del Vaticano, l’artista siciliano fu premiato da Paolo VI, nel 1976, con un’alta onorificenza papale, l’ordine di San Gregorio Magno. Ed è bello sapere che lo stesso papa Montini onorò anche l’altro personaggio importante nella storia del nostro Cristo, creando cardinale, nel 1969, il benemerito mons. Nasalli Rocca.

    Non posso terminare questa narrazione che augurando a tutti una lieta e santa Pasqua del Risorto!

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