Chi erano gli Orsanti?

La Val Taro è considerata la sola e la vera patria di questi girovaghi
Chi erano gli Orsanti? La domanda non posso che rivolgerla a lui, all'amico Arturo Curà, autore dell'omonimo romanzo dedicato a questo popolo di girovaghi.
 
"Vanno dappertutto a far ballare orsi e scimmie", rispondeva la gente della Valtaro a chi chiedeva notizie sugli “Orsanti” i cui parenti mostravano con umile ritrosia le rare lettere e le cartoline arrivate da Parigi, Odessa, Istanbul, Amburgo, Stoccolma e da altri luoghi sperduti in capo al mondo. Si dice che la curiosa attività di questo popolo migrante fosse sorta agli inizi del 1700 sull’Appennino Parmense e che col tempo si fosse allargata a macchia d’olio interessando una particolare zona montana incuneata tra le province di Genova e Piacenza: Bedonia.

La frazione di Cavignaga, piccolo paese dell’Alta Valtaro, venne considerata sempre la vera patria degli Orsanti. Negli anni che interessano questo racconto vantava infatti ben dodici “compagnie di giro”. Se pensiamo che ogni compagnia era composta in media da quattro persone e che l’intera comunità di Cavignaga contava circa quattrocento anime, possiamo dedurre l’importanza del fenomeno. Sta di fatto che per i maschi di queste frazioni montane "far ballare l’orso" era diventato poco alla volta un mestiere, quasi una necessità, comunque una delle poche alternative al vivere stentato di contadini ridotti all’indigenza.

Testardi e rocciosi come le montagne su cui erano nati, univano la loro indole selvatica, aspra e ribelle alla ferma decisione di scappare altrove, via dagli stenti e da quei maledetti campi scoscesi avari persino d’erba.
Se ne andavano alla ventura lasciando mogli, figli, fidanzate, genitori, stalle e campi per diventare saltimbanchi, ammaestratori di animali, venditori d'inchiostro e musicanti senza meta con la speranza di tornare un giorno se non ricchi, almeno non più miserabili.

Col tempo questo mestiere girovago si radicò in molte famiglie fino a diventare pressoché ereditario. Girovagando per tutto il Continente avevano finito per somigliare agli zingari di cui avevano assunto l’aspetto pittoresco, il comportamento sfrontato, il linguaggio buono per ogni contrada, loro, analfabeti nella quasi totalità.

Ogni due o tre anni facevano ritorno alle loro case e vi rimanevano per un paio di mesi o poco più, giusto il tempo di impegnare i guadagni, aggiustare un pezzo di casa, conoscere l’ultimo figlioletto venuto al mondo in loro assenza e farne fare subito un altro alle loro mogli. Poi, presi da una febbre randagia, via di nuovo con il vento...

Ha collaborato a questo post: Arturo Curà



0 Commenti

Commenta

Somma e invia : 5 + 10 =
Accetto Non accetto


Resta aggiornato

Post simili

La storia del 'Cristo'

Il crocifisso bronzeo che domina il paese di Bedonia è presente dal 1938, tant'è che il luogo che lo ospita è ormai chiamato il 'Cristo'

Nel cuore del film Novecento

Una visita a le "Piacentine" di Roncole di Busseto, set del famoso film di Bernardo Bertolucci

Il Cinema al Museo

La storia del cinema attraverso le locandine di grandi film

"La passione di Cristo" secondo Arturo

Nella cripta della Basilica di San Marco di Bedonia è presente un dipinto murale realizzato da Arturo Curà... e non senza sorprese

Ma chi è quel Remo Ponzini?

Persona molto attiva su questo blog e sui social, ma non tutti lo conoscono

Lavori in corso

A Bedonia stanno eseguendo dei lavori nel letto del Pelpirana e una vecchia canzone di Arturo Curà ritorna così alla mente (in allegato)