La Madonna di Megàn
Da circa un secolo si recita ogni 24 maggio un rosario davanti alla casa della famiglia Salini
Da circa un secolo, nella corte di Salini, si recita il rosario nella giornata dedicata alla Madonna Ausiliatrice, il 24 maggio: balcone adornato con maggiociondolo, “palle di neve” e gerani, drappo in velluto carminio e al centro della facciata, tra due candelabri, il quadro di san Giovanni Bosco. Una preparazione decorativa dal valore anche simbolico, che permane veramente immutata nel tempo. Si tratta di una consuetudine che si protrae dagli anni ’20 del Novecento, e a raccontarmi i presupposti di questa circostanza è proprio Paolo Salini, discendente della famiglia che ancor oggi ne cura l’allestimento.
Per conoscerne i motivi c’è bisogno di fare un salto indietro nel tempo, a quando i Bedoniesi, assai devoti, salivano ogni sera al colle per la recita del Santo Rosario (qualcuno lo faceva anche scalzo), al cospetto dell'amata Madre di Consolazione di San Marco. A questa tradizione dava il suo pieno contributo anche la famiglia Salini: questa, al pari di altri gruppi familiari, si presentava insieme a parenti e consanguinei, creando così delle vere e proprie comitive che gremivano il santuario di allora (oggi detto “santuario vecchio”), molto più piccolo di quello attuale. Tuttavia, a partire dagli anni ’20 del Novecento, vi fu una serata, quella del 24 maggio, in cui si prese a recitare il rosario non a San Marco, bensì nella piazzetta antistante casa Salini.
Era il periodo in cui Domenico, detto Megàn e padre di Giovita Salini (a sua volta poi padre dell’indimenticabile Lino), venne letteralmente conquistato dalle iniziative intraprese da Don Bosco, tanto da organizzare raccolte fondi tra i compaesani, e mantenere così una relazione epistolare con il sacerdote che divenne poi Santo (in allegato una lettera scritta di suo pugno). Una santità che Domenico intuì da subito, affidando la protezione della sua famiglia alla Madonna Ausiliatrice, tanto cara a Don Bosco. Quando poi Giovita si sposò e sorsero problemi nell'avere figli, si rivolse proprio alla Madonna di Don Bosco per ottenere aiuto. Dopo la nascita del primo figlio pensò bene di rendere grazie all'Ausiliatrice, creando una nicchia nel muro di casa per collocarvi una statua della "sua" Madonna.
Una ricorrenza, questa, che è sempre stata rispettata, anche in tempo di guerra. Resta nella memoria il racconto di Lisa Biasotti di quando, nel 1944, il paese era presidiato dalle truppe tedesche e dai loro ausiliari mongoli. "I Mongoli": bastava questo termine per far tremare uomini, donne e bambini. L'atmosfera era pesante, si minacciavano rappresaglie nei confronti del paese e dei suoi esponenti, a partire proprio dal parroco Don Checchi. In paese non c'erano che donne, bambini e anziani: gli uomini mancavano, partigiani o militari che fossero.
In una situazione simile, Giovita pensò che il “suo” rosario non fosse comunque da sottovalutare, ma da gestire al meglio delle possibilità: e fu così che lo organizzò ugualmente. Lisa raccontò poi, per molti anni, che quella scelta fu giusta, e che bastò quella figura patriarcale per infondere a tutti, in primis bambini e donne, quel minimo di coraggio e di speranza per il futuro.
Il rosario di quest’anno ha avuto anche una piacevole quanto significativa appendice. Terminata la funzione, i tanti Bedoniesi presenti hanno percorso la contrada per giungere davanti all’ex casa Medioli, oggetto di una recente ristrutturazione. Lì, per volontà di Giovanna Bresadola, è stata “salvata” dalla demolizione e succesivamente ristrutturata una storica nicchia dedicata alla Madonna, occasione per riporvi nuovamente la statua della Vergine Maria. PDF: la risposta di Don Bosco
Bella storia.... io non la conoscevo. Il cuore e la sensibilità della gente della montagna non ha limite!!! Mi ricordo benissimo di Lino du Giuvitu... il sacrestano della parrocchia nonché titolare del negozio di merceria, capelli ombrelli e quant'altro!!!
Grazie a evaso per ricordare il passato della nostra gente!!!
Da bambina ci si ritrovava tutte le sere di maggio nella cappellina vicino casa. I nonni lavorano nei campi e dopo cena, quando nellaria cera già lestate, si andava tutti assieme a recitare il Santo Rosario. Il piccolo altare improvvisato era abbellito con i fiori più belli che germogliavano a maggio. Grandi rami di maggio-ciondolo e petali di rosa ornavano la statua della Madonna. Dopo la recita del Rosario, tra quel profumo di "maggio", veniva attribuita la benedizione e nonna con le amiche coetanee si lasciavano andare a canti che inneggiavano la Vergine. Cari ricordi senza tempo e indimenticabili
Bellissime foto e toccante racconto di Paolo. Ho conosciuto Giovita e Lino. E pure Domenico non il nonno ma il nipote medico e fratello di Lino. Don bosco chiamava alcuni bedoniesi suoi amici "i pelpini" (notizia dal libro del Dallaglio) ai quali inviava le lettere con una specie di ciclostile... come già usavano i salesiani. Molto bello che Paolo abbia tenuto la lettera e le tradizioni.
Una lode anche alla Giovanna per avere preservato la maestà vicino a Soffientini in "a cuntre'". Vedere tanta gente nelle foto è confortante. Grazie Gigi.
Complimenti al Sig. Salini per una coreografia semplice, efficace e suggestiva, che di certo aiuta il fervore religioso, e naturalmente per tenere viva questa tradizione che è innanzitutto sua familiare e dei "viciniori".
Io non conoscevo la preziosa ricorrenza, ma di certo immagino la frequentassero i miei prozii Bianchi, e in particolare la devotissima Crispina...
Davvero simili manifestazioni fanno bene non solo alla fede -che comunque deve venire sempre al primo posto- ma altresì alla società: e vedere tanti Bedoniesi "del sasso" così riuniti mi ha dato un senso di vita locale autentica, che continua tenacemente in barba ai tempi grami.
E un vero grazie a Gigi perché, puntualmente, sa dare il giusto spazio e una bella documentazione fotografica anche a questo tipo di "notizie".