Il dialetto, la lingua del cuore

Giannino Agazzi e Sara Raffi Lusardi hanno realizzato un dizionario del nostro dialetto
Siamo tutti consapevoli di vivere in una società globalizzata, tutti tranne due: Giannino Agazzi e Sara Raffi Lusardi. Oggi la comunicazione corre attraverso internet, quindi potrà sembrare anacronistico scervellarsi per un paio di decenni dietro ad un desiderio, invece è stato così, finalmente hanno realizzato il dizionario del nostro dialetto: "É parolle di nostri vecci", una traduzione dei modi di dire bedoniesi all’italiano.

Le persone che conoscono e parlano il nostro dialetto, almeno quello che si parlava fino a cinquant’anni fa, sono rimaste davvero poche, ecco quindi la necessità di mettere nero su bianco la grammatica, i verbi e i modi di dire del nostro passato.
Il dialetto, in questo caso il bedoniese, resta ed è la lingua del cuore. È il nostro bagaglio culturale, quello che ci distingue e ci identifica in un luogo ben preciso, bastano infatti un centinaio di metri o percorrere qualche chilometro per fare la differenza: centro storico, circondario e frazioni hanno accenti, pronuncia e significati a volte molto differenti.

Non credo sia un caso che entrambi gli autori siano ex insegnanti elementari, anzi "maestri", nel senso più bello e nobile del termine, ed è anche per questo motivo che sarebbe interessante se la scuola non si dimenticasse di loro e soprattutto del nostro passato, far acquistare questo dizionario agli alunni non significherebbe solo fare una lezione di storia, ma far conoscere la loro unicità e le loro radici. Al giorno d’oggi, essere "unici", vuol dire essere vincenti, anche perché senza memoria non c’è futuro.

Foto: la presentazione del libro...



20 Commenti
  1. Luciana Bertorelli

    Verissimo!
    Senza memoria non c'è futuro.
    Una splendida pubblicazione che bisogna far conoscere.

  2. Lina

    Che bella idea, bravi !!!
    In casa mia capita che mio padre discuta per una “ i “ o una “ u” finale, discussione che mi tiene aimè fuori da ogni interlocuzione vista la mia ignoranza in materia, ma sarebbe bello averlo anche a Borgotaro, ho visto dalle foto che era presente Giacomino Bernardi, visto mai

  3. Dolores

    Com'è vero quanto dici Gigi! Il dialetto è parte delle nostre radici ed è bene che i nostri figli conoscano il più possibile. Per questo nel mio testo 'personale' ho scritto TUTTO quello che ho sentito del mio paese Scopolo (e dintorni) e della sua gente: perchè sappiano chi era e come viveva la loro generazione materna (ora sto lavorando su quella paterna).
    Nel mio libro, come ho già scritto qua e là su ESVASO, i miei posteri, troveranno i detti, i modi di dire, i proverbi, ricordi e molto, molto altro...
    Sicuramente comprerò il testo di Sara e Giannino che ammiro moltissimo!!! L' ho fatto con tutti i testi, che trovavo in edicola a Bedonia, degli autori locali come Sara di cui allego il testo di una sua poesia che mi piace molto e per questo ho trascritto nel mio libro, insieme ad altro materiale loro, che serviva a completare 'la mia storia'.
    Si sa, il dialetto varia da paese a paese, da frazione a frazione e persino da casa a casa, ma è il NOSTRO passato-presente e futuro e abbiamo l'obbligo di ricordarlo e trasmetterlo.

    U DIALETTU di Sara Raffi Lusardi

    U dialettu cò-se l'è?
    L'è un curù, l'è un sèntimèntu
    cumme culli drènt'a Bandèra
    E tu sé se l'è luntan.
    L'è na manèra de piànze,
    l'è na manèra de rìde,
    l'è na sèira de Natale
    in'na strà
    in prà
    in'na campàn-na
    I tò passi, ètri passi
    ch'a memoria a vò truvà.
    E' vùse, è facce che te te porti drèntu au cò.

  4. Sabina Z.

    Anche se di origini valcenesi farà parte della mia biblioteca "del cuore".
    Molto bella la poesia della signora Sara

  5. E. Mazzadi

    Giannino e la Sara.. patrimonio della Comunità. Ogni volta che mi capita di pensare a loro o di incontrarli, penso di essere stato molto fortunato ad averli conosciuti. In loro si condensa un sapere antico, frutto di generazioni e generazioni che hanno abitato le nostre valli. Alla loro grande cultura si affianca un'umanità straordinaria. Che bello che siano Bedoniesi: questo nuovo libro è uno splendido dono per tutti!

  6. In'amiga

    Il nostro dialetto sta scomparendo come neve al sole e il motivo va ricercato nelle istituzioni. Ancora c’è di mezzo la globalizzazione. Che percentuale abbiamo nelle nostre classi bedoniesi di bambini pakistani, del sud, provenienti da altre province ? Il numero non è indifferente, ecco lo scarso interesse dell’istituzione a mostrare loro testi come il citato dizionario. Un esempio per tutti, in Veneto si parla solo in dialetto e per questo riescono a conservare integra e tramandare la loro cultura. Una lode è necessaria a queste due persone bedoniesi che non si fanno intimorire da nessuno e un abbraccio a te Gigi, sempre in prima linea a difesa della nostra di cultura.

  7. NDM

    È terribile pensare che un domani questa nostra lingua, identità culturale non vada preservata e utilizzata in casa tra nonni e nipoti, tra compaesani e amici. È quel valore aggiunto che fa da cornice ai nostri rapporti... quella complicità in più che troviamo solo "tra de nietri"!

  8. Giacomo

    Da tempo attendevamo l'uscita di questa pubblicazione, messa in cantiere qualche decennio fa. Rappresenta un contributo importante, messo a disposizione di quanti vorranno adoperarsi per la sopravvivenza del dialetto. Penso, innanzi tutto, agli insegnanti. Sara e Giannino, "maestri" in ogni senso, hanno speso una vita a studiare e divulgare il loro dialetto. Questa opera resterà come testimonianza del loro impegno. Si assumerà una grande responsabilità quella generazione che lascerà morire il dialetto!

  9. Giuseppe

    Nel mondo si parlano cinquemila lingue, alcuni studiosi sostengono settemila, escluso i dialetti.

    Questa grande ricchezza espressiva si traduce in differenti visioni del mondo.
    É nota la difficoltà, a volte l'impossibilità, di tradurre da una lingua a un'altra senza "forzare" la seconda.

    Ogni lingua ha un rapporto diverso tra intensione ed estensione, tra referente e noema; semplificando molto tra il concetto e i suoi "rappresentanti" nel mondo.

    Il segno grafico indica il referente nel mondo, questo rimanda al concetto e alla sua estensione. É da questa circolarità personale che nasce il significato sociale di una data lingua.

    Nei dialetti i referenti hanno maggiore importanza perché sono il nucleo dell'agire quotidiano con le cose, il lavoro, i luoghi e le fatiche.

    É per questo che il dialetto dice l'indicibile in quanto interfaccia, a volte solo fonetica, tra una piccola comunità e il 'suo' mondo.
    É così espressivo perché non è una sovrastruttura, ma la vita stessa.

    Il recupero e la cristallizzazione scritta del dialetto che va perdendosi é opera meritevole anche perché rende fruibile un tempo e una cultura altrimenti perse per sempre.

    Giuseppe Toffanin

  10. Monica

    Inizio con l’esprimere gratitudine per il lavoro che stai facendo con il blog e che mi da spesso la possibilità di sorridere leggendo aneddoti di questa terra a me cara.
    Io non abito a Bedonia ma ho modo tornare per le vacanze, i miei genitori sono invece più presenti, ragion per cui tra loro parlano sempre il dialetto, generalmente quando bisticciano e a me non resta che sorridere e ricordare i giorni dell’infanzia.
    Ci sono frasi nel nostro meraviglioso dialetto che sono veri capolavori, intraducibili all’italiano. Questo sarà senz’altro un prossimo e gradito regalo.

  11. Susan

    Mi piacerebbe trovare dove posso comprare questo libro ... potete aiutarmi?

  12. Dolores

    Io che abito a Mestre, da quando sono sposata, mi sono abituata a sentire parlare veneto e lo parlo, ma tutti si accorgono che 'vengo da fuori' e con orgoglio ammetto: sono emiliana, dalla provincia di Parma.
    TUTTE le persone che mi conoscono, sanno dell'esistenza del mio paesello che decanto sempre con tanto amore. In casa parlo spesso in dialetto con le figlie e con mio marito, che lo capiscono benissimo. Anche i nostri emigrati, sono rimasti legati alle loro radici e hanno continuato a parlarlo 'in casa', tramandando anche le tradizioni, così che i loro figli, anche se non lo parlano, lo capiscono. Quando tornano in estate, 'noi', che nel frattempo lo abbiamo 'contaminato' ci accorgiamo con commozione, che il loro dialetto è rimasto puro come quando sono partiti tanto tempo fa per terre lontane...

  13. Remo Ponzini

    Come sempre accade quando viene proposto un argomento, ci viene spontaneo fare riflessioni che contribuiscono poi a formare i nostri pensieri e convincimenti.
    Questo sui dialetti mi ha in un certo senso amareggiato perchè l'unica conclusione a cui sono pervenuto è che sono destinati a scomparire.

    Quando ero un ragazzo tutti parlavamo in dialetto sia nell'ambito familiare che sociale. Ci si sposava quasi sempre fra compaesani e quindi entrambi i coniugi trovavano più agevole continuare ad usare lo stesso linguaggio che poi tramandavano ai figli.
    Complice anche la scarsa scolarizzazione di quei tempi non c'era neppure il tempo di imparare l'italiano nella stessa misura e quindi la lingua ufficiale era di fatto il dialetto.

    Ma dagli anni 60 in poi la possibilità di spostarsi con mezzi pubblici e privati produsse un forte cambiamento sociale in tutti i territori e questo portò a matrimoni con persone forestiere che, parlando lingue indigene diverse, erano "costrette" ad adottare la lingua italiana sia per meglio intendersi che come compromesso. Ora mi ritrovo ad avere un figlio ed una moglie che, pur comprendendolo, non lo parlano mai. Stessa cosa mi accade anche quando mi interfaccio con amici e conoscenti più giovani di me.

    Come porre rimedio a questa situazione che ci avrebbe condotto all'impoverimento culturale ?
    Ci hanno pensato due nostri illustri conterranei che hanno compilato un libro-vocabolario che ora è a disposizione di tutti. Un lavoro certosino ma anche soddisfacente per gente come loro che tra i valori della propria esistenza hanno saputo trovare uno spazio da dedicare all'amore per la propria terra.

    Ricordiamoci che il 17 Gennaio sarà festeggiata in tutta Italia la " Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali"
    Per chi volesse approfondire l'argomento vi incollo il link a piè di pagina.

  14. Luciano/il milanese

    Bellissima iniziativa!
    Anche se sono un bedoniese "solo per ius sanguinis" mi piace tantissimo sentire parlare il dialetto bedoniese che capisco bene anche se non so parlarlo.
    E' per me un ricordo tenace che mai mi abbandona di affetti familiari: padre zii nonni, di tempi di spensierata fanciullezza. Curiosamente ricordo mio padre che in famiglia si esprimeva in italiano e che quando veniva a bedonia immmediatamente si calava con perfetta proprietà nel lessico del paese natio.
    Ma del resto il discorso non è circoscritto. A Milano, dove vivo, del bel dialetto meneghino non c'è più nemmeno il ricordo. Anzi fra poco non ci sarà pure nemmeno il ricordo dell'italiano! Non è un battuta, provare per credere.

  15. Claudio M.

    Il nostro dialetto è una Bandiera, come nella poesia di Sara; la immagino, la bandiera, bicolore, blu e giallo oro. Blu, colore della nostalgia dei canti del Blues, ma anche dei racconti delle veglie "Firossi" dei nostri vecchi; giallo-oro con il fulgore della poesia dialettale di Musa ("Disolla e Tognu") o di Enrico Cavalli ("Au duttu Musa")...
    Grazie a Sara e Sergio, a Giannino e Adina, a Corrado e Giuliano, a Gigi, e in ultimo, ma non ultimi, a coloro che ancora tengono vivo il dialetto.

  16. Chi

    Mi piace da matti il nostro dialetto!!! Non lo so parlare, ma l'ho insegnato anche a mio marito che non è di Bedonia ed ora è costretto ad ammettere che è un piacere ascoltare mio padre, mia zia, i vicini di casa che lo parlano tra loro e che lo usano con lui come se fosse un vero bedoniese...

  17. Dolores

    Scoperu

    1-Arènte a Pèrpi gh'è un bèl pajesèn
    che in mè-zu au verde u pàra durmì
    inti sà bricchi gh'è un campanèn e na gra jèza
    che lù j'han tràtu a camèn.
    2-Dai Pilati au Murèn è cà jèn poche e un po' sparpajà,
    ma sempre i se sèrchena per tignì-se per màn
    jèn cumme un presepiu e l'ùga nèighera i gàn
    con tùtte è banche per reposà.
    3-Zò dàra Valle a Sèn a sìn và
    sùrve ai strigà de ciappe e de prà
    e gira a ròda ca masèn-na a farèn-na
    e lì datturnu l'è tùttu segà.
    4-A'ra sa gente ca fèiva i firòsi
    basteiva poco per jè-se contènta:
    quatru sàti in tunna casèn-na
    cou curdiòn e i baletti in pùgnatta.
    5-E àra sèira quandu va zò u su
    sutt'àre stelle se po' sentì grilli e cucù
    e coi lùmèn dè scurnisòre
    pàra da sentì l'odù dè viòre.
    6-Mentre se spera coe scie de lùze
    Scoperu u dròma da un vellu cuarcià
    u pàra un bastimentu cu và pru mà
    cumme cujj che jèn partii tantu tèmpu fa.
    7-Camèn-na, camèn-na, u tèmpu l'è nà
    e tanti de cujj jèn zamà nà...
    ma tùtti àra fèn i tùrnena a cà
    anca cujj che tantu lontan cou piantu jèn nà.


    (un mio piccolo omaggio al mio paese Scopolo)


  18. Gabriella Biolzi

    Vorrei acquistare questo bellissimo libro testimone dei miei ricordi lontani.
    Non so la casa editrice.. Grazie!

  19. Gigi Cavalli

    Salve Gabriella,
    il libro è edito dal Centro Studi Card. Casaroli e può contattare il signor Giuliano Mortali: g.mortali@tin.it

  20. Toni

    Dal ponente ligure. Che belle iniziative. pero', almeno nel contesto dei commenti presenti e delle recensioni, nessun chiaro accenno al tipo ligure a cui appartiene con evidenza questa parlata (io, da ligure abitante a piu' di 200 km di distanza lo capisco perfettamente, come quello dei paesi confinanti con il mio)......??

Commenta

Somma e invia : 3 + 11 =
Accetto Non accetto


Resta aggiornato

Post simili

A cena con Maggetti

Una circostanza che può anche raccontare la vita sociale di un paese, i suoi costumi e i suoi ritmi

Fioritura dell'artigianato, dell'industria e dell'arte in Alta Val Taro

Il borgotarese Romano Costa racconta l'avvento della "Pontremolese" e delle opere architettoniche lasciate da Aldo Tagliavini

Gianna "la Nuda"

Un ricordo di una delle tante turiste parmigiane che trascorrevano i mesi estivi a Bedonia

La Rosita di Setterone

L'incontro con l'ultima abitante stabile del paese per ascoltare la sua vita e quella degli altri suoi paesani

Un museo a cielo aperto

Luciana trasforma un sogno in realtà, quello di far rinascere il piccolo paese di Liveglia partendo dall'arte

Ida: la donna che parlava ai pesci

Ogni casa in vendita ha una storia da raccontare e questa è una delle tante

Matilda: la donna che salvò nostro padre

Ci sono storie che quando le scrivi riescono ancora a farsi sentire dopo 74 anni