La battitura del grano
Da Diego a Fontanachiosa per celebrare la terra, il passare delle stagioni e l'amicizia
Il periodo della “battitura”, anche per le generazioni che ci hanno preceduto, si è sempre trasformato in una giornata di festa, un appuntamento famigliare con gli amici, con gli altri agricoltori dei dintorni, un incontro gioviale tra mani esperte.
È stato sufficiente arrivare in quel campo mietuto per iniziare un viaggio a ritroso nel tempo, in quella che fu la nostra cultura contadina e, perché no, di un cibo migliore. Li ho trovati tutti lì, a dare una mano a Diego: sopra, sotto o attorno alla sua trebbiatrice “Marinoni” degli anni ’70, avvolti da una nuvola profumata e dorata di polvere e pagliuzze (vedi video allegato). Un lavoro di olio di gomito, di braccia e di polso. Di ingranaggi, cinghie e pulegge. Tutti lì a parlare della semina e del raccolto, sudati e stanchi: "con le vite in mano e la vita sul viso”. Tutti lì, nella pausa di metà mattina, in piedi davanti ad una teglia di torta d’erbe sfornata da Marzia e a un fiasco di buon Gutturnio piacentino: bevono, scherzano e ridono sul loro lavoro.
Una scena arcaica, bucolica, quasi immaginaria, tanto da sembrare rubata al cinema: all’Albero degli zoccoli di Olmi o a Novecento di Bertolucci.
“Il grano di montagna è più sano e vigoroso rispetto a quello prodotto su vasta scala, ne semino assieme due qualità, una antica e una di oggi, e la farina che ne esce, una ventina di quintali, è perfetta e soddisfa i nostri impieghi… sfoglia per le torte, pane e focacce”, lo ribadisce Diego, mentre accarezza alcuni covoni di spighe, legati amorevolmente come si fa con i fiori di lavanda.
Adesso, terminata la mietitura e la battitura, arriverà l’autunno, il tempo per una nuova semina, poi la neve, il disgelo e la primavera, solo tra un anno vi saranno nuove spighe dorate a colorare quei campi e ad aggraziare il nostro palato.
Lo saluto con un arrivederci alla sua “Merenderia” e con la consapevolezza che se vogliamo salvare il salvabile c’è da confidare in persone come Diego, in questi eroi dei giorni nostri: per un futuro migliore dobbiamo tornare alle origini, quindi al passato.
Complimenti! Si dice "batte" perché un tempo, prima dell'avvento della trebbiatrice, si usavano le verghe per liberare i chicchi dalla paglia e "u vallû" (vaglio) per separabili dalla pula "u luccu". Durante l'ultima guerra, quando i giovani erano al fronte o alla macchia, Rossi "Bagassû di Bedonia e Curà Russettû di Bertorella, non avevano operai, così le donne battevano il grano con le verghe nell'aia, già preparata con lo sterco delle mucche "buassa" muscolato al fango e lasciati a seccare.
Speriamo che altri giovani delle nostre valli seguano il sentiero tracciato da Diego e Marzia... Non sarà una scelta facile... fare il contadino è un impegno quotidiano... le mucche non hanno giorni di riposo e non vanno in ferie... ma è l'unica speranza per salvare i nostri monti dell'abbandono e dalla desolazione.
Un applauso ai due ragazzi e alle loro famiglie che li sostengono ogni giorno!
Io acquisto da anni la farina integrale di Diego e Marzia. Per avere dei buoni prodotti bisogna sempre partire dalla materia prima. Infatti, grazie anche alla costanza e passione della Gabri (mia moglie), ne scaturiscono pagnotte di alta qualità pur con scarsissimo uso di sale. In questo modo si rispettano anche i suggerimenti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che afferma di limitarne l'uso.
Frequento anche il ristorante in Fontanachiosa dove viene servito del salume e del formaggio da leccarsi i baffi. Il tutto in una atmosfera di serenità appagante. Se poi consideriamo che anche la battitura del grano vine fatta con l'unica trebbiatrice esistente in zona il quadro delle eccellenze si completa.
"Una scena arcaica, bucolica, quasi immaginaria, tanto da sembrare rubata al cinema: allAlbero degli zoccoli di Olmi o a Novecento di Bertolucci."
immaginario è il mondo in cui si vive in molti, non questo, questo è reale, immaginario è l'altro.
perchè ragazzi, per vivere dobbiamo mangiare, prima di tutto, no?
e il cibo viene dalla terra, comunque, non nasce nei supermercati.
immaginario è, veramente, tutto il resto, quello sì che è un film, di fantascienza.
baci a tutti.
Ciao Gigi
mi fa tanto piacere rivedere ancora queste foto della macchina ''da bate'' .Mi ricorda tanto la mia giovinezza a fine estate ai Pilati dai miei nonni ,quando al mattino presto si sentiva gia' dalla camera da letto il rumore dei cingoli della trebbiatrice rossa e il profumo della polvere e del grano maturo..Mio nonno Baròn era l'incaricato che stava vicino al bocchettone da dove usciva il grano pulito e formava i sacchi di iuta di ogni famiglia del paese.Preciso e meticoloso si segnava su un foglio di carta (riciclata dai sacchi del cemento) e una matita rossa da muratore, i vari conteggi.. Noi ragazzi correvamo nelle cascine dove erano ammassati i covoni e un po' con le''carrette '' o in spalla , li portavamo in piazza.Nel frattempo si cantavano le canzoni contadine e degli alpini e si facevano delle gran risate ,allietati anche da qualche sorso di vino...Le mamme e le nonne mentre facevano il pane al forno a legna e la torta di erbe o di riso cantavano con noi.ed era un gran festa per tutti . Non era un film ma vita vera..
Alla sera si raccoglievano tutte le sterpaglie e arrivava Potacello con la sua fisarmonica e si ballava il valzer , la mazzurca e la polka ..altro che Casadei.... il ricordo e' cosi intenso che mi sembra di udirlo ancora e provo tanta malinconia...
Auguro a Diego e Marzia (che sono andata a trovare in Agosto ed abbiamo mangiato benissimo e cantato) di continuare il loro lavoro con l'entusiasmo, impegno e allegria che trasmettono a tutti i loro ospiti.
Ciao a tutti
Graziella.
Ehhhhhhh se me lo ricordo! Ricordo l'allegria... I balli... I canti... La rumorosa macchina coi cingoli du Bagasu, ma anche il Giulio di M. Che piaceva a tutte le ragazze... Ma io ero ancora troppo piccola mannaggia.... Era un avvenimento e tutti andavano da tutti ad aiutare... Ognuno col proprio compito:chi portava i covoni... Chi li accoglieva e gettava nel foro dell'alta cassa... Chi rastrellava la pula... Chi insaccava il grano e chi tagliava a misura il fil di ferro che terminava ad asola x legare la balla di paglia che Compattata cadeva a terra. Veniva poi così trasformata... riportata dov'era stata covone. La famiglia di turno offriva la merenda con pane e salame e un pranzo che 'rendeva' come torta di patate... Risotto coi funghi o 'pucciu Coe patate'... Ancora nelle orecchie il rumore assordante del motore e di quella 'testa di drago' che entrava e usciva x compattare la paglia fino a fermarsi piano piano a motore spento. Non mancava il buon vino, il sidro e i canti finali che toglievano la stanchezza e voci così belle... Non le ho mai più sentite!!! Con lo scritto e il video del nostro Gigi ho rivissuto un'epoca della vita dei miei paesani... Della mia gioventù... Del tempo passato quando lavoro faceva rima con sudore... Ed era bello anche se nn era bello...Buona fortuna Diego e Marzia che accogliete tutti facendo sentire 'a casa' in un ambiente 'caldo'e ricco di genuinità. Vi abbraccio